Gli ultimi preparativi per l’edizione 2019 della rassegna MantovArchitettura, promossa dal Politecnico di Milano – Polo di Mantova, sono in dirittura d’arrivo.
Si tratta di una manifestazione unica in Italia – seconda, forse, solo alla Biennale Architettura di Venezia, la quale ha, tuttavia, cadenza biennale – che ogni anno rinnova il suo ricco programma, offrendo a tutti – architetti e professionisti del settore della progettazione, ma anche ai numerosi studenti e altri visitatori –, gratuitamente, molteplici e interessanti eventi dedicati all’architettura e ai suoi protagonisti.
MantovArchitettura significa mostre, workshop, dibattiti pubblici, convegni, incontri con progettisti internazionali, quali Eduardo Souto de Moura, Tony Fretton, João Luís Carrilho da Graça e tanti altri, ma anche con giovani architetti agli inizi della loro carriera professionale e, poi, le Conversazioni una nuova formula che permetterà agli studenti di architettura di avvicinare ancora di più i loro maestri in un colloquio alla pari.
Anche quest’anno la città di Mantova, con le sue prestigiosi sedi storiche, come il Palazzo Ducale, il Teatro Bibiena, la Casa del Mantegna e altre, aprirà le sue porte per quasi un mese intero, dal 9 maggio al 7 giugno, ai numerosi visitatori della rassegna.
Noi di weArch non abbiamo resistito alla tentazione di poter porre in anteprima alcune domande a Federico Bucci, Prorettore del Polo di Mantova e responsabile della Cattedra UNESCO, oltre agli altri prestigiosi incarichi, sulla imminente edizione di MantovArchitettura.
La rassegna MantovArchitettura, con questa denominazione e con la stessa impostazione, nasce nel 2014, ma sembra che già prima, negli anni precedenti, vi siano stati incontri organizzati dall’Ateneo con alcuni protagonisti dell’architettura contemporanea. Come nasce esattamente MantovArchitettura e con quali propositi?
FB: Tutto è nato nel 2012 con le lezioni organizzate all’interno del programma della Cattedra Unesco. Abbiamo invitato alcuni architetti internazionali (da Tadao Ando a Grafton Architects), che hanno tenuto conferenze all’interno del Tempio di San Sebastiano, capolavoro dell’Alberti.
Grazie alla collaborazione del Comune di Mantova, abbiamo allestito quel meraviglioso spazio e lo abbiamo fatto rivivere, suscitando l’ammirazione dei conferenzieri e del pubblico, composto da studenti, architetti, ma anche da tanti non addetti ai lavori.
Questa è ormai la sesta edizione di MantovArchitettura. Quali sono le differenze più significative rispetto alle edizioni precedenti? L’impressione che si ha è che ogni anno riusciate a realizzare qualcosa in più rispetto al passato.
MantovArchitettura è un programma organizzato dal Polo di Mantova del Politecnico di Milano, reso possibile dal finanziamento dell’Ateneo e dalla collaborazione con il Comune e la Provincia di Mantova per la concessione degli spazi.
L’obiettivo è doppio: da una parte vogliamo offrire agli studenti di architettura e agli architetti una serie di incontri con esperienze nazionali e internazionali legate al tema del progetto per i centri storici e i siti Unesco; dall’altra riteniamo che gli straordinari monumenti della città di Mantova (e del nostro Paese) possano essere valorizzati con eventi culturali aperti a tutti i cittadini.
Negli anni abbiamo perfezionato il rapporto con gli architetti che invitiamo, puntando sempre più sulla loro permanenza come “visiting professor”, nel senso che oltre alle conferenze dedicate al proprio lavoro, gli chiediamo la disponibilità per una serie di attività da svolgere con gli studenti, in un confronto che ha arricchito molto il nostro modo di intendere la Scuola di architettura e la formazione degli architetti.
Siete radicati all’interno di una realtà “provinciale” come quella mantovana, che, magari, per certi aspetti può risultare vantaggiosa (distanze brevi, vita più slow, ecc.), ma per altri (posizione geografica, collegamenti ferroviari, logistica) sicuramente non facilita il compito organizzativo e gestionale di un evento come MantovArchitettura. Come sopperite a tale mancanza? Non temete che un giorno un centro economico e politico forte come quello milanese non possa organizzare una manifestazione alternativa alla vostra?
Noi siamo a Mantova, orgogliosi di vivere e lavorare in una piccola e bellissima provincia, che conserva gelosamente un pezzo importante della storia artistica e culturale d’Italia. Dal punto di vista della qualità della vita, per gli studenti la città è un campus universitario ideale. Tuttavia è innegabile che, parlando di collegamenti ferroviari, ci sia ancora molto da fare per offrire un’accessibilità al passo con i tempi e le esigenze. Ma anche in questo caso, il compito dell’Università è quello di spingere in avanti con progetti sostenibili per migliorare i servizi sul territorio.
Quali sono le principali novità dell’edizione 2019 della rassegna, oltre alle due esposizioni in programma in omaggio a Giulio Romano?
Oltre alle iniziative su Giulio Romano, che preparano la grande mostra di ottobre a Palazzo Ducale e Palazzo Te, quest’anno abbiamo preparato alcuni eventi dedicati alla nuova architettura in Messico, grazie alla collaborazione con la rivista “Casabella” e con l’Ordine degli Architetti PPC di Mantova, preziosi sostenitori di MantovArchitettura fin dalla prima edizione.
Organizzeremo una mostra nello spazio dell’ex-Chiesa di San Cristoforo e quattro conferenze con giovani architetti messicani all’interni del Tempio di San Sebastiano. Poi ci saranno le “Conversazioni con gli studenti” di Souto de Moura e Carrilho da Graça, il workshop a Casa del Mantegna con architetti americani e cinesi, le conferenze di Vázquez Consuegra, Fretton, Faloci e stiamo lavorando ancora per portare a Mantova qualche altra sorpresa.
Tutto ciò, per affermare che la cultura architettonica italiana è al centro del dibattito internazionale.