Con la sentenza n. 925 del 26 novembre 2018 il T.A.R. Liguria è tornato ad occuparsi della cosiddetta “sanatoria paesaggistica”, ovverosia di quello speciale procedimento che consente, a determinate condizioni, di accertare la compatibilità delle opere eseguite in assenza o in difformità dalla prescritta autorizzazione paesaggistica (che di norma deve essere ottenuta prima dell’esecuzione dei lavori in progetto).
Ai sensi dell’articolo 167 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42:
– l’autorità amministrativa competente (la Regione o il diverso ente da quest’ultima delegato, nella specie si trattava del Comune) può accertare ex post la compatibilità paesaggistica di “lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati” (comma 4);
– a tal fine “il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi”; tale autorità “si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza” (comma 5).
La disposizione sopra richiamata ripartisce i poteri inerenti la tutela del paesaggio fra diversi livelli di governo, secondo il seguente criterio di “cogestione”: l’autorità amministrativa preposta alla gestione del vincolo paesaggistico, ricevuta la richiesta dell’interessato, deve curare l’istruttoria e, all’esito di questa, deve trasmettere alla Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio (che è un’articolazione del Ministero dei Beni Culturali) la documentazione presentata dall’istante, una relazione tecnica illustrativa e la proposta di provvedimento; la Soprintendenza, ricevuti gli atti, entro novanta giorni deve esprimere un parere in merito alla compatibilità paesaggistica dell’intervento oggetto di valutazione; da tale parere (vincolante) l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo e competente ad adottare il provvedimento finale (di rigetto o di accoglimento che sia) non può discostarsi.
Nonostante l’apparente limpidezza della disposizione, l’interpretazione della norma ha condotto, anche recentemente, a conclusioni non univoche che, in alcuni casi, hanno finanche messo in discussione la necessità, nell’ambito del procedimento in esame, del coinvolgimento della stessa Soprintendenza.
Nella pratica, infatti, non di rado accade che l’amministrazione competente al rilascio della “sanatoria paesaggistica” respinga le istanze reputate non in linea con i presupposti di cui al suddetto articolo 167, senza curarsi di domandare il predetto parere alla Soprintendenza.
Tale condotta è stata avallata da alcune pronunce, le quali hanno ritenuto che la manifesta “inammissibilità della domanda di accertamento paesaggistico postumo”, ad esempio derivante dall’accertamento di un aumento della superficie utile o del volume del manufatto considerato, può legittimare un respingimento tout court dell’istanza, “senza acquisire il parere della Soprintendenza” (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 2 dicembre 2016, n.5574; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 19 aprile 2017, n. 2152).
La sentenza in commento dimostra però di non condividere la suddetta interpretazione.
Nel caso in oggetto, invero, nonostante fosse stato contestato un incremento della volumetria del manufatto oggetto di sanatoria, i Giudici hanno comunque ritenuto viziato il procedimento proprio per via del mancato coinvolgimento dell’Ente ministeriale, annullando, per l’effetto, il diniego di compatibilità paesaggistica e l’ingiunzione di demolizione emessi dall’Amministrazione comunale.
Così disponendo il T.A.R. Liguria ha riconosciuto la necessità della partecipazione della Soprintendenza al procedimento di accertamento di compatibilità paesaggistica, in ossequio all’assetto di gestione condivisa (tra Regione e Stato) del vincolo, espressamente delineato dalla normativa di riferimento.
Soluzione – quest’ultima – che, in modo condivisibile, (ri)afferma la centralità della Soprintendenza nell’ambito del menzionato procedimento, a tutto discapito dell’opposta e censurabile tesi che relega detto Ente ad una funzione meramente ausiliaria ed eventuale.