In questo suo ultimo scritto Vittorio Gregotti riflette su alcuni significati che il tempo, come passato, presente e futuro, assume in quanto materiale strutturale del progetto di architettura, come lo spazio, il luogo e l’uso.
L’impostazione totalmente filosofica delle considerazioni proposte costringe prima di tutto il lettore – e l’autore lo ammette più volte – a impegnare le proprie convinzioni teoriche alla cattura del nesso tra l’argomento trattato e la personale pratica del progetto di architettura.
L’autore spiega che la parola “tempo” suggerisce un’ampia serie di significati nelle diverse culture visive, letterarie, cinematografiche: definizioni di condizioni atmosferiche; espressioni discorsive; riferite alle parti di un’opera musicale, di un incontro sportivo. Il tempo è comunque insieme qualitativo (il tempo della storia); quantitativo (quello degli orologi). Importanti pensieri sul tema sono stati elaborati da uomini di scienza quali Galileo, Maxwell, Einstein, Boltzmann, Platone e Husserl.
Quartiere per 20.000 abitanti, Zona Esterna Nord, Palermo, 1969-73. Veduta prospettica dal Monte Pellegrino (dal catalogo dalla mostra Il territorio dell’architettura. Gregotti e Associati 1953_2017, PAC, Milano, 19.12.2017 – 11.2.2018, editore Skira).
Riguardo alla pratica dell’architettura, Gregotti vuole discutere della sua irreversibilità; del tempo come unico fondamento del presente; dei mutamenti che avvengono nel costume sociale; della nostalgia del passato, del futuro… di quanto sia complessa in architettura l’interpretazione della mutevole relazione del tempo con la nozione di spazio e forma; del tempo, che insieme al luogo e allo spazio è il tema offerto all’architetto come opportunità del presente, nel confronto con un passato poetico…
Definisce la rappresentazione del passato come una connessione a un tempo selezionato nella nostra memoria, attraverso particolari momenti collettivi.
Nel “post scriptum”, ultimo degli undici capitoli del libro, l’autore giudica con rassegnazione la situazione dell’architettura contemporanea, che sembra aver abbandonato ogni ricerca di fondamento ideologico.