La Certosa di Garegnano o meglio di Milano, fu fondata il 19 settembre 1349 da Giovanni Visconti, Arcivescovo e Signore di Milano che ne fece dono all’Ordine dei Certosini, insieme ad altri suoi beni personali, case, terreni, diritti d’acqua, posti nel territorio di Garegnano. La donazione definitiva e l’inizio dei lavori avvenne il 12 novembre 1354.
Di questa prima fase costruttiva restano sole alcune testimonianze come quella del Petrarca, il quale ne parla in una lettera del 1357 all’amico Guido Sette, Arcivescovo di Genova e la definisce “nuova e nobile”. E l’ala sinistra della chiesa dove si nota l’antica muratura risalente alla costruzione trecentesca della chiesa, con archi a tutto sesto e a sesto acuto, formati da conci di mattone e letti di malta di piccolo spessore, tipico modo di costruire del trecento.
Certosa di Milano. Foto: ©Marco Stucchi.
Nel corso dei secoli, grazie a numerosi lasciti, il più cospicuo fu quello di Luchino Novello Visconti, nipote dell’Arcivescovo Giovanni, che nel 1388 alla sua morte, donò parte dei suoi beni ai certosini, tanto da venire considerato il secondo fondatore.
Tra il 1400 e il 1700, numerosi furono i lasciti e le donazioni, e proprio grazie a questo, l’aspetto della Certosa venne completamente trasformato. Si costruirono il presbiterio a pianta quadrata, dal quale prende forma il tiburio a pianta ottagonale, il piccolo chiostro ovvero il “cluastro parvo”, la facciata ultimata probabilmente nel 1608, come si legge dalla data posta sotto l’architrave della porta d’ingresso e tra il 1570 e il 1580 Vincenzo Seregni mette mano alla pianta della chiesa, al chiostro della foresteria, al cortile d’onore e al grande chiostro.
Nel 1782 i monaci dovettero abbandonare la Certosa in seguito alla soppressione del monastero decretata da Giuseppe II, Imperatore d’Austria, il quale aboliva tutti gli ordini monastici.
I beni e i terreni del monastero furono messi in vendita con aste pubbliche, il chiostro grande fu destinato a deposito militare e distrutto nel 1895.
Ricostruzione della Certosa di Garegnano – Milano da una pianta del sec. XVII, ricavata da fotografie conservate presso l’Archivio storico fotografico del Comune di Milano. Disegno di arch. Maddalena Colli, ottobre 1980.
La chiesa venne adeguata al culto pubblico e nella notte di Natale del 1783 divenne a tutti gli effetti Parrocchia del paese di Garegnano, borgo tipicamente rurale che solo dopo l’Unità d’Italia, si aggregò al Comune di Musocco e nel 1923 a quello di Milano.
Il monumento che oggi possiamo ammirare è solo una piccola parte del grande complesso monastico, infatti rimangono il cortile delle elemosine, il cortile d’onore, la chiesa, il chiostro della foresteria o dei conversi.
La facciata imponente, presenta delle analogie con quella di san Celso. Sopra il portale d’ingresso possiamo ammirare un pregevole bassorilievo in marmo di Candoglia raffigurante il “Riposo della Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto”. Un grande finestrone centrale, le statue dei santi Bruno, Ugo di Lincon, Ambrogio e Carlo Borromeo, tutte in marmo di Candoglia.
Termina la facciata un altro altorilievo, in pietra rossa d’Angera, raffigurante la Maddalena portata in cielo dagli angeli.
Ricostruzione planimetrica a blocchi degli ambienti certosini secondo la funzione e la disclocazione ricavata dalle fotografie conservate presso l’Archivio storico fotografico del Comune di Milano e dalla lettura sulla muratura. Disegno di arch. Maddalena Colli, settembre 1982.
Legenda: 1. Ingresso monastero, 2. Vestibolo delle elemosine, 3. Portineria, 4. Cortile d’onore, 5. Foresteria, 6. Chiostro e giardino della foresteria, 7. Chiesa, 8. Cappella del rosario, 9. Cappella di S. Bruno, 10. Cappelle private, 11. Segreteria, 12. Cappella delle reliquie, 13. Stanza del sacrista, 14. Capitolo dei padri, 15. Chiostro piccolo, 16. Refettorio, 17. Cucina e dispensa, 18. Cella del priore, 19. Capitolo dei conversi e cappella, 20. Biblioteca, 21. Noviziato, 22. Cella, 23. Chiostro grande, 24. Locali del forno, 25. Corte delle obbedienze, 26. Speziaria – legnaia – lavanderia – falegnameria – calzoleria – locale del maniscalco, 27. Stanze per servitù, 28. Stalle per cavalli e buoi, 29. Corte rustica, 30. Atrio d’ingresso alla Corte rustica, 31. Locali del molino, 32. Molino, 33. Foresteria delle donne, 34. Ingresso alla Corte rustica, 35. Roggia Molina.
La maggiore ricchezza artistica della Certosa è senza dubbio i cicli pittorici in essa contenuti. In particolare quelli della navata e della volta che vennero affrescati da Daniele Crespi (1591-1630), parente del Cerano (Battista Crespi). A Garegnano creò il suo capolavoro. I suoi affreschi sono eseguiti con molta naturalezza, con spontaneità. Ha saputo unire il disegno, la prospettiva, il colore, la composizione con vivo sentimento religioso. I lavori furono terminati il 5 aprile 1629.
Nelle pareti, in sette lunette, viene narrata la storia dell’Ordine Certosino, mentre nella volta episodi tratta dalla Sacra Scrittura, nei riquadri monaci, santi e martiri dell’Ordine.
Gli affreschi del presbiterio sono opera di Simone Peterzano (1535-1599), il quale dopo aver trascorso un periodo di tempo a Venezia alla scuola del Tiziano, giunge a Milano nel 1573.
Il 3 ottobre 1578, stipula un contratto con i monaci della Certosa di Garegnano per un ciclo di affreschi che verranno stimati il 3 settembre 1582. Nel 1584 il Peterzano s’impegna per quattro anni con Michelangelo Merisi, Caravaggio, per insegnargli l’arte del dipingere.
La sua opera in Certosa vede i grandi affreschi delle pareti del presbiterio, la Natività e l’Adorazione dei Magi; nel catino la Crocifissione, nel tamburo le Sibille, gli Evangelisti, i Profeti. Nella cupola in otto spicchi, gli angeli con i simboli della passione di Cristo e Dio Padre; nel coro, dietro all’altare, tre tele che raffigurano: la Resurrezione di Gesù. La Madonna in trono tra Giovanni Battista e i santi Bruno, Ambrogio e Gerolamo; l’Ascensione di Gesù al cielo.
Nella sua composizione il Peterzano fa trionfare una pittura paesaggistica, dove prevale il gusto del particolare, dell’isolare i personaggi in gruppi, nell’accentuare i profili, i gesti. Notevole rilevanza viene dato al colore. L’ambiente naturale e il paesaggio, tendono a rappresentare un luogo preciso, il bosco della Merlata, con i suoi alberi, come la quercia e il morone (gelso).
Certosa di Milano. Foto: ©Marco Stucchi.
A destra del presbiterio troviamo la sala Capitolare, utilizzata dai monaci per le loro adunanze. Qui si conservano gli stalli e un armadio in noce eseguiti da Giuseppe Bosso nel 1755.
Sulle pareti, affreschi, opera di Biagio Bellotti (1714-1789), eseguiti attorno al 1755, raffigurano l’eccidio dei certosini inglesi. Nella volta, di recente scoperta, un affresco raffigurante san Michele Arcangelo, attribuito a Bernardo Zenale (1463/1468-1526).
Sempre del Bellotti è la cappella del Rosario o dell’Annunciazione, posta a destra dell’ingresso. Venne affrescata, tra il 1765-66.
Sono rappresentati i 15 misteri del Rosario. I suoi dipinti mostrano un’influenza con il pittore Giambattista Tiepolo, sono evidenti soprattutto nel rapporto figure-cieli, nella predilezione del colore, nei panneggi scenici.
La pala è antecedente, venne eseguita da Enea Salmeggia (1565/1570-1626), nel 1598.
A sinistra dell’ingresso la cappella dedicata a san Bruno. Priva di decorazione. La pala opera di Bartolomeo Roverio detto Genovesino (1577-1635) venne dipinta nel 1626. Rappresenta san Bruno, in atto di supplica a Dio, con accanto i santi Ugo e Carlo Borromeo.