Johan Celsing, nato nel 1955 a Stoccolma, viene considerato come uno dei più importanti architetti svedesi contemporanei, il quale, nel corso della propria proficua carriera professionale (tutt’ora attiva), realizza diverse opere e progetti di grande qualità, tra cui il Nuovo crematorio al Cimitero del Bosco e la chiesa ad Årsta a Stoccolma, la sede dell’Ente nazionale per il patrimonio e agenzia espositiva svedese a Visby, la Brick Tower a Malmö e altre. Inoltre, alla pratica professionale Celsing abbina il lavoro teorico e di studioso, palesato attraverso la pubblicazione di diversi saggi e scritti, tra cui un posto di rilievo occupa sicuramente The Robust, the Sincer, e d’insegnamento come professore di progettazione (dal 2008 al 2018) presso l’Istituto Reale di Tecnologia (KTH Kungliga Tekniska högskolan) a Stoccolma e come visiting professor all’Escuela Técnica Superior de Arquitectura, Università di Navarra, Spagna.
Johan Celsing, Summer House 1, Norrtälje, 1994 ©Johan Celsing.
Il volume Johan Celsing. Buildings Texts è un libro monografico – pubblicato con particolare cura editoriale e grafica dalla casa editrice Park Books di Zurigo – che raccoglie in 440 pagine, appunto, l’attività progettuale e teorica dell’architetto svedese, illustrata attraverso un ricchissimo apparato iconografico, costituito da oltre 650 immagini, tra cui fotografie (la maggior parte realizzate da Ioana Marinescu, la fotografa “ufficiale” delle opere di Celsing), disegni, schizzi, acquerelli, tavole esecutive, foto dei modelli e del cantiere, e la riproduzione di alcuni suoi saggi.
Johan Celsing, Millesgården Art Gallery, Lidingö. Main gallery with inaugural Malevich exhibition, 1999 ©Ǻke Eson Lindman.
Dopo avere letto ed esaminato il libro, lasciando per un po’ sedimentare la quantità di nozioni e stimoli visivi e scritti ricevuti, la sensazione che ci rimane è quella di avere consultato, letto e osservato un vasto diario intimo, dedicato ai temi pratici della professione e dell’architettura in generale, che d’improvviso è diventato pubblico.
Celsing, un bravissimo progettista, che nel corso del suo operare si è confrontato con architetture di Lewerentz e Asplund, ha deciso di rendere pubblici –immaginiamo anche dovendo “mettere ordine”, come succede a ciascuno di noi quando riguardiamo dopo un po’ di tempo certi nostri vecchi lavori – i suoi pensieri (i saggi teorici) e le sue opere preferite (selezionandone 29, rappresentate in maniera esauriente e impeccabile) e, inoltre, di farsi “analizzare”, giudicare e presentare al pubblico dei lettori attraverso l’ausilio di saggi e altri testi ancora.
Johan Celsing, Ǻrsta Church. North façade facing Ǻrsta Torg (square) ©Ioana Marinescu.
Il volume è strutturato in una parte introduttiva – testi scritti da Wilfried Wang e Claes Caldenby, insigni professori e critici d’architettura, e dall’intervista alla fotografa Ioana Marinescu, a cura di Pamela Johnston, la editor del libro – alla quale si susseguono corpose sezioni dedicate all’opera progettuale, intervallate da quattro saggi teorici scritti da Celsing, e si conclude con alcuni apparati (biografie, elenco delle opere, riassunto dei mobili progettati).
Le 29 opere, tra cui si trovano anche alcuni progetti non realizzati, sono presentate con grande dovizia di particolari in ordine cronologico. Ciò ci permette di osservare anche una loro evoluzione architettonica, che passa dai primi approcci assimilabili al classicismo nordico, attraverso successivi lavori di estrazione più “moderna”, fino ai progetti della chiesa ad Årsta (2006-11) e del, poetico ed essenziale, nuovo crematorio al Cimitero del Bosco (2009-13), che possono essere definiti come opere che meglio di tutte rappresentano la summa progettuale dell’architetto svedese.
Johan Celsing, Ǻrsta Church. Interior view looking north ©Ioana Marinescu.
Si tratta di due architetture per molti versi simili, entrambe realizzate in mattoni a vista, monumentali ma non troppo, attente verso la comunità e sostenibili; inoltre, rispettose verso l’intorno architettonico-paesaggistico: la chiesa verso l’edificio parrocchiale adiacente, il crematorio, addirittura, nei confronti del Cimitero del Bosco; la collinetta scelta per posizionare l’edificio religioso, l’area boschiva in cui, “come una pietra nel bosco”, è stato inserito il crematorio.
Johan Celsing, New Crematorium. Façade with public entrance, view from northwest ©Ioana Marinescu.
La chiesa di Årsta offre ai fedeli uno spazio unico e molto suggestivo. Il cuore del progetto è l’aula liturgica di forma quadrata (13 x 13 m), alta 10 m, racchiusa dentro le spesse pareti dell’involucro edilizio. I suoi fronti esterni sono caratterizzati da linee eleganti e un po’ severe e, soprattutto, dalla presenza di grandi finestre-vetrate, impostate subito sotto il coronamento in cemento armato. Le loro misure oversize (circa 5 m di altezza) rendono l’immagine complessiva un po’ astratta, quasi drammatica. Qui è interessante notare come Celsing, proponendo l’utilizzo fuori scala di un elemento architettonico semplice e familiare quale la finestra, scardina alcuni valori acquisiti come certi, riuscendo nell’obiettivo di creare una situazione di interrogativi e riflessioni e, nello stesso tempo, offrendo agli ambienti interni della chiesa un’illuminazione piacevole e adeguata.
Lo “spazio” dell’aula esalta la verticalità simbolica del luogo, nel pieno spirito della tradizione ortodossa, come se fosse stato concepito per far stare in piedi, nonostante la presenza di numerose panchine in legno dal design essenziale. Una lunga striscia di mattoni smaltati di bianco, corre lungo le quattro pareti interne fornendo, di fatto, un basamento all’aula principale; gli elementi di laterizio sono perforati creando così un effetto “quasi tessuto” di scuola semperiana.
Il disegno compositivo dell’aula è impostato sulla simmetria classica, ma basta alzare lo sguardo verso l’alto per trovare l’eccezione che conferma la regola: le travi in cemento non corrono parallele tra loro, come vorrebbe la logica costruttiva, ma seguono il disegno dell’architetto che fa viaggiare alcune di esse in diagonale.
Johan Celsing, New Crematorium, plan, as built ©Johan Celsing.
Non deve essere stato facile per Celsing doversi confrontare con una delle più celebri realizzazioni di architettura moderna, lo Skogskyrkogården (il Cimitero del Bosco), progettata tra il 1917 e il 1940 da Gunnar Asplund e Sigurd Lewerentz e, per di più, dal 1994 iscritta nell’elenco del Patrimonio Culturale dell’Umanità dell’Unesco.
Il nuovo crematorio, anche se situato a circa 150 metri dal volume storico non gli fa alcun riferimento, ma, anzi, visto dall’alto, dà come l’impressione di voler racchiudere in un unico blocco autonomo (la “pietra” del motto) tutte le funzioni richieste dal bando.
Il volume costruito è un organismo architettonico compatto, di forma quadrata (circa 43 metri per lato), che segue e interpreta la topografia del terreno, realizzato quasi esclusivamente in mattoni faccia a vista (le quattro facciate esterne, la copertura e alcune pareti interne). Il mattone è stato scelto per le sue caratteristiche materiche e anche per il colore, prediligendo la tonalità più simile a quella dei tronchi degli alberi adiacenti. Invece, per la malta dei giunti è stato utilizzato un cemento danese all-white, affinché le pareti e la copertura manifestino “un sottile segno palpabile del processo di costruzione”.
L’edificio, nonostante una forma esteriore compatta, mantiene al suo interno tre funzioni con i relativi spazi coabitanti insieme: quella pubblica, quella produttiva e quella dedicata al personale. È quest’ultima che custodisce uno spazio privato, sorprendente e poetico: un piccolo cortile interno, a cielo aperto, riservato ai soli dipendenti del crematorio.
Ed è cosi che, in questo edificio-organismo particolare in cui convivono, arrivando a sfiorarsi, la vita quotidiana e la morte, il progettista ha voluto omaggiare quelli che vi lavorano, creando un luogo di relax e di riposo, una specie di oasi dedicata soltanto ai vivi.
Johan Celsing, New Crematorium. Ceremony room with granite plinth and brass console for candle holders ©Ioana Marinescu.
Nel suo saggio The Robust, the Sincere, a proposito del concetto del Robusto, Cesling afferma: “Il robusto è un’alternativa all’architettura basata principalmente su caratteristiche visive. Le qualità veramente significative di un edificio sono complesse e non sempre visivamente accessibili. Richiedono semplicemente un impegno diverso, o addirittura una presenza, se devono essere giudicate. Il robusto non deve essere interpretato come qualcosa di rozzamente tagliato e quindi robusto per la sua forza bruta. Piuttosto è da intendere come generatore di un’architettura durevole e sfaccettata”. Poi, in una successiva intervista a Hugh Strange (presente nel libro), precisa: “è importante affermare che la mia idea di robusto non riguarda necessariamente la solidità fisica. È più l’idea che un’opera architettonica possa avere una certa integrità intellettuale, una resilienza concettuale”.
Invece, il concetto del Sincero in architettura viene descritto con queste parole: “Il sincero può sembrare un aspetto non architettonico del costruire. Tuttavia esso è indispensabile se si considera che gli edifici dovrebbero essere principalmente al servizio di coloro che li utilizzano. Se la robustezza è una qualità essenziale perché gli edifici sopravvivano e diventino parte importante di una comunità, allo stesso modo la sincerità concerne altri aspetti di ciò che viene costruito. Quando il robusto non è lontano da concetti come l’organizzazione e la logica, ritengo che ciò che caratterizza la sincerità negli edifici riguarda l’ostinazione, l’audacia, la giocosità o persino qualcosa di insolito in architettura come l’ingenuità”.
Johan Celsing, Yellow House. West facade with kitchen window ©JCA.
Un volume decisamente piacevole e utile alla professione, che illustra in modo ineccepibile la produzione architettonica e teorica di un architetto svedese contemporaneo. Le architetture presentate sono, o almeno tendono a esserlo, “robuste e sincere”, espressione di una grande integrità intellettuale.