La Diocesi di Cremona era l’unica delle dieci diocesi lombarde a non aver ancora realizzato un proprio Museo. La necessità di una ricerca sull’identità religiosa e culturale della Diocesi era però fortemente sentita. Il Museo nasce quindi per rispondere a questo bisogno e per creare, come espresso dalla committenza, uno strumento educativo di crescita alla fede.
La sede prescelta è stata il Palazzo Vescovile. L’edificio si trova infatti nelle vicinanze della Cattedrale e del Battistero, sede del Museo delle Pietre Romaniche. Inoltre il Palazzo si colloca in una posizione centrale in città, nei pressi del prestigioso Museo del Violino e del Palazzo Comunale.

Foto: Roland Halbe.

Il progetto è stato affidato all’architetto Giorgio Palù e i lavori sono stati svolti dal 2016 al 2022.
Gli spazi che ospitano il Museo sono le sale al primo piano, i seminterrati e gli ipogei, connotati da grande solidità e da temperatura e umidità costanti, caratteristiche ideali per ospitare opere d’arte. Queste aree del Palazzo, a lungo trascurate e usate come deposito, sono state, attraverso questa trasformazione, valorizzate e recuperate. Data l’idoneità degli ambienti alla nuova funzione museale ed espositiva, l’intervento dei progettisti è stato finalizzato a preservare l’unitarietà dell’edificio, arricchendolo con un linguaggio architettonico contemporaneo e riconoscibile.

Foto: Roland Halbe.

Il progetto
Per valorizzare la biografia dell’edificio, in accordo con le volontà della Curia Vescovile, il Museo Diocesano è stato concepito non solo come luogo espositivo, ma anche come spazio per la conservazione delle numerose opere a rischio di degrado disperse nelle varie sedi della Diocesi cremonese.
Per ottenere la giusta visibilità l’ingresso al museo, previsto originariamente su via Platina, è stato spostato nella parte nord-est della facciata principale del Palazzo Vescovile. È caratterizzato da una nuova porta in bronzo che si inserisce nella partizione dell’edificio, denunciandosi come intervento unico e riconoscibile, in grado di segnalare al visitatore la presenza di un importante luogo aperto al pubblico.

Foto: Roland Halbe.

Le imponenti sale voltate in ingresso al piano terra, ospitano la direzione del Museo, la biglietteria ed il bookshop caratterizzato da un bancone di forma curvilinea che denuncia l’inserimento del nuovo oggetto all’interno dell’edificio. La separazione necessaria tra lo spazio privato dell’ufficio del direttore e la parte pubblica è costituita da una parete in cartongesso perimetrata da una vetrata, in modo da non inficiare la percezione complessiva dell’ambiente. La chiusura è garantita infatti da un vetro fisso superiore e da due porte in vetro laterali.

Foto: Roland Halbe.

Da questa zona di accoglienza, hall del museo, ci si immette nell’ex cortile interno del Palazzo che è stato ricoperto da una leggera struttura in acciaio e vetro e trasformato così in un pozzo di luce naturale.
Al centro di questo ambiente si alza la grande scala d’acciaio e vetro, “colonna vertebrale” del Museo. Questa scala permette infatti di accedere al primo piano (riservato alle mostre temporanee) e al piano inferiore dove si snoda l’allestimento.

Foto: Roland Halbe.

Il piano interrato è stato restaurato e rifunzionalizzato. La sua superficie complessiva è di oltre 1.700 mq, ed è stata organizzata in 12 sale, suddivise tra le 7 sezioni: Le origini della Diocesi, L’incarnazione e il mistero mariano, La redenzione della croce, I santi intercessori, Le opere della collezione Giovanni e Luciana Arvedi Buschini, La Tavola di Sant’Agata, L’età visconteo-sforzesca con il Tesoro di Pizzighettone.
In questi spazi si conservano tracce delle antiche cucine del Palazzo, con i camini e la ghiacciaia in mattoni, oggi integrate all’interno del percorso.

Piante.

L’allestimento
I criteri di compatibilità, riconoscibilità, reversibilità, nonché la scelta di materiali coerenti con le preesistenze, informano tutto il programma funzionale ed il sistema espositivo e sono il punto di partenza che ha guidato la concezione stessa dell’intero progetto e dell’allestimento.
L’allestimento è ricercatamente minimale, concepito per non sovrapporsi all’importanza delle opere, ma esserne complementare e di supporto, valorizzando i tesori esposti. Essenzialità, semplicità e linearità sono i concetti su cui è improntato il progetto. A partire dall’utilizzo dei colori, ridotto al minimo. Gli elementi di supporto alle opere in MDF e polvere di corten, conferiscono al tutto un aspetto sobrio, monomaterico che riduce l’invasività degli elementi all’interno delle sale.

Foto: Roland Halbe.

Il lavoro di organizzazione degli spazi si fonda sui principi dell’autonomia strutturale degli oggetti, disegnati seguendo le murature esistenti. Questi non interferiscono con le strutture ed entrano con discrezione nelle sale, senza mai prevalere sulle opere. I diversi ambienti sono caratterizzati di volta in volta da materiali e colori differenti che rafforzano e intensificano il messaggio del Museo. Le opere pittoriche trovano alloggiamento su pannellature espositive indipendenti giustapposte alle murature storiche, sorrette da tubolari metallici e costituite da pannellature in MDF. Le opere scultoree sono inserite su basamenti o teche.

Foto: Roland Halbe.

Per quanto riguarda l’illuminazione, lo studio impiantistico è stato affrontato in modo puntuale sala per sala. L’impatto visivo degli impianti è ridotto al minimo e studiato per vestire armoniosamente il progetto architettonico e il progetto di allestimento. È stato adottato un sistema a led di ultima generazione, installati su binari elettrificati (230V) con 3 accensioni separate, controllate da un sistema Dali con cui è stato cablato l’intero sistema per offrire la possibilità di dimmerare i corpi, permettendo così di avere la corretta intensità di luce su ogni opera.

Foto: Roland Halbe.

Nel progetto illuminotecnico è stata prestata molta attenzione a mantenere un angolo di incidenza della luce compreso tra i 30° ed i 35° per permettere di avere un ottimo illuminamento delle opere senza che il visitatore sia soggetto ad abbagliamenti o riverberi creati dall’effetto della luce sull’opera stessa. È stata inoltre adottata una temperatura della luce di 3000° k ottimale per rendere al meglio tutti i materiali ed enfatizzare il calore delle finiture interne (pietra stucchi mattoni).

Foto: Roland Halbe.