Airport Signs, Suburban Streets, Light on Rails sono i tre segmenti di ricerca che compongono Transport, l’indagine sul paesaggio metropolitano sviluppata a partire dal 2010 da Marco Dapino. Il termine segmenti non è casuale: Dapino individua alcuni nodi cruciali – le stazioni ferroviarie, le piste aeroportuali, i grandi raccordi stradali –, li taglia (segmentum deriva dal verbo latino seco, tagliare), li isola dal grande, complesso tessuto del paesaggio contemporaneo elevandoli a emblemi di una civiltà basata sul trasporto,lo scambio, lo spostamento, la comunicazione.
A rafforzare questo senso di taglio, di prelievo, l’artista organizza queste porzioni di paesaggio in schemi compositivi programmaticamente rigidi (il termine è qui usato in senso positivo) e le presenta con estrema chiarezza e precisione, con eleganza e metodo quasi scientifico, come sempre ama fare. Dapino ricerca un design del paesaggio al quale fare riferimento per affrontare la complessità di un mondo che diventa sempre più grande, e quindi utilizza il colore, la luce, i segni grafici come elementi per riordinare, descrivere ma al tempo stesso trasfigurare il paesaggio.
Siamo infatti di fronte a una fotografia “reale”, di ceppo documentario, ma in un certo senso stilizzata, che punta a individuare dei forti pattern visivi da opporre al caos dei luoghi della contemporaneità. La totale assenza della figura umana aumenta il senso di artificialità di queste immagini e insieme dei luoghi che esse raffigurano, che risultano strappati alla quotidianità e investiti di una strana, quasi metafisica assolutezza e perfezione: le fotografie di Marco Dapino assomigliano, in fondo, a rendering, cioè a immagini non derivate dalla ripresa fotografica diretta ma generate da un programma, i luoghi hanno l’aspetto di vuote location, silenziosi scenari sospesi nel tempo, in attesa di accadimenti.
L’assonanza con il rendering ci dice che ciò che abbiamo davanti agli occhi sono immagini di luoghi serializzati, standardizzati, programmati, non creati dalle lente stratificazioni della storia dell’uomo ma improvvisamente inventati e messi in scena dalla tecnologia. Aeroplani come modellini che si stagliano contro cieli perfettamente azzurri su piste segnate da una segnaletica di grande impatto grafico, stanno tra la notte della ferrovia e quella delle grandi strade che circondano la città.
Le stelle sono le luci dei lampioni, le stelle artificiali della metropoli, e colorate traiettorie di luce lasciate dal passaggio delle auto e dei treni partecipano insieme al rigore della prospettiva alla costruzione grafica delle immagini, unico segno del passaggio dell’uomo che non vediamo, unico elemento che indichi movimento in un mondo composto di figure ferme, nette, chiuse.
Roberta Valtorta