Orientandomi tra la quantità di eventi della Milano Design Week 2023 mi sono direzionata, senza alcun indugio, verso quelle location dove ritengo siano sempre presenti le nuove ricerche nel mondo del design.
Primo è sicuramente lo spazio espositivo in via Matteo Bandello di Rossana Orlandi: lì, da sempre, mi attirano moltissimo i designer giapponesi e coreani che, con tenacia e irriducibile testardaggine, sondano il legame tra materia e spazio; inoltre, la ricerca di Jan Ankiersztajn, il giovane designer polacco, laureato alla Design Academy Eindhoven (presente in un angolo dello spazio espositivo dalle molte stanze della Orlandi), in cui ritrovo le origini del movimento moderno, i prototipi di elementi base di arredo – tavolo, seduta e tavolino basso in alluminio – mi riporta a Jean Prouvé e quel Le Corbusier che con Charlotte Perriand forniva di prototipi l’arredo delle sue fantastiche case puriste della fine degli anni ’20… tutto è prodotto, mi spiega, in una casa-laboratorio, questo giovane designer.
Jan Ankiersztajn. Spazio espositivo di Rossana Orlandi. Foto: Paola Froncillo.
Sempre presso lo spazio espositivo di via Matteo Bandello ritrovo anche alcune ricerche sul linoleum – la collezione Furniture Linoleum di Forbo Flooring Systems, realizzata in collaborazione con lo Studio Stefan Scholten –, materiale tanto impiegato nei ventenni passati ed ora utilizzato in quanto ecocompatibile: sostanzialmente, un materiale naturale con ricerche sul colore e le possibilità di sovrapporlo ad elementi di design già esistenti.
Altra ricerca interessante, potremmo dire ai margini di quello che consideriamo come design, è quella dell’artista Lyle XOX che costruisce maschere con i residui e i frammenti di oggetti della sua memoria e del suo vissuto, con una scelta di colore molto interessante e che poi fotografa indossandole a creazione di autoritratti.
Lyle XOX. Spazio espositivo di Rossana Orlandi. Foto: Paola Froncillo.
Sicuramente la location di Rossano Orlandi con il verde, la vegetazione, la ricca presenza di designer d’innovazione, è sicuramente uno degli eventi da tenere in considerazione come fosse un “classico” che non ti delude mai per la Milano Design Week, anche quest’anno.
Spazi verdi, Rossana Orlandi. Foto: Paola Froncillo.
Un altro elemento fondamentale, divenuto un po’ il leitmotiv della Design Week milanese, si trova sicuramente all’Università degli Studi di Milano: la ricerca dei designer brasiliani. Direi che i brasiliani riescono, pur essendo a tanta distanza dal Giappone e dall’Oriente, tutti a costruire, soprattutto, con la “loro” materia, il legno, e con l’utilizzo anche di altre finiture, elementi d’arredo di un’organicità e di un “calore” straordinari, lavorando molto sulla sinuosità e sull’elemento curvo; questo, nonostante l’eredità del grandissimo Oscar Niemeyer, comunque, permea e sostanzia i loro oggetti d’arredo, si dilegua anche nell’utilizzo di nuovi materiali e spesso anche nel riciclo di scarti prodotti nella nostra società.
Spazio espositivo presso l’Università Statale. Foto: Paola Froncillo.
Inoltre, ho trovato interessanti anche alcune installazioni temporanee poste nel cortile dell’Università, che hanno attratto una quantità incommensurabile di persone, infatti, le strade erano invase da visitatori, che testimoniavano l’esigenza di socializzare e di ritrovarsi in spazi di cultura. Tra le installazioni presenti spiccava quella di Amazon di Stefano Boeri: la sua altalena circolare Swing, che in qualche modo ribadiva il playground, comunque, l’interesse per le attrezzature dello spazio aperto, anche attraverso un elemento ludico e tradizionale, presente nella nostra memoria collettiva e d’infanzia, oggetto molto attrattivo, di una semplicità e purezza quasi ingenua.
Così come anche i “dischi luminosi” – l’installazione di Mario Cucinella, omaggio a Ernesto Gismondi, il fondatore di Artemide – collocati all’ultimo livello tra gli archi dell’edificio storico milanese, che, con l’arrivo del tramonto acquistavano una luminosità da stella presente a metà tra la poesia di una lampada e l’accenno di una poesia quasi cosmica.
Stefano Boeri Interiors, Swing, Milano, 2023. Foto: Guoyin Jiang.
Un altro luogo per me molto importante è sicuramente quella di Antonio Marras, che unisce chiaramente la ricerca sulla moda con il suo essere sempre attento alla scultura e all’artigianato: riprende le forme quasi primitive e in ogni caso con l’allestimento – attraverso la sospensione di un branco di Orsi giganteschi appesi al soffitto del Loft, sede del fashion designer e, naturalmente, artista – si definisci e si percepisce un’impronta primitiva e contemporanea nello stesso tempo. E, quindi, trasmette proprio il sapore di uno spazio laboratorio in continua evoluzione, con poca luce naturale, ma con tantissima ricerca, soprattutto nelle ceramiche, piatti e sculture di forme assolutamente improbabili, che ci richiamano ad una artigianalità tutta italiana, potremmo dire, tutta a risonanze mediterranee.
Spazio espositivo di Antonio Marras. Foto: Paola Froncillo.
Sicuramente questi tre spazi espositivi che ho rivisitato non fanno che ribadire quello che ho già approfondito lo scorso anno (sempre su weArch: qui), naturalmente con delle declinazioni differenti, quasi a creare dei punti sicuri di riferimento per chi ama il design.
Concludendo, direi che troppi eventi hanno sicuramente, come sempre, caratterizzato questa Milano Design Week, ma all’interno di questi ho ri-trovato alcune solide certezze: i designer di alcuni paesi oramai vicini a noi; il ribadire di un minimalismo crescente, ovviamente, sostanziato dalla sostenibilità e dall’ecocompatibilità dell’utilizzo di materiali di riciclo; l’uso preponderante del colore; l’interattività di molti degli eventi, come per esempio quello di un noto produttore di rubinetteria che inaugura l’installazione con uno specchio d’acqua.
Dunque, ecco, questo è il mio report, a voi la lettura.