Appena inaugurata, è in corso, presso il Museo del Novecento di Milano, una interessante ed esaustiva esposizione che esplora l’attività di designer svolta da Aldo Rossi (1931-1997), il noto progettista milanese, vincitore, tra l’altro, del Pritzker Architecture Prize nel 1990, e uno dei grandi protagonisti dell’architettura internazionale del XX secolo.
Aldo Rossi, Interno milanese con persona che osserva il Duomo con nebbia, 1989. Collezione privata. ©Eredi Aldo Rossi, courtesy Fondazione Aldo Rossi.
La rassegna, intitolata Aldo Rossi. Design 1960-1997 e curata da Chiara Spangaro, in collaborazione con la Fondazione Aldo Rossi e Silvana Editoriale, raccoglie, per la prima volta, in un percorso espositivo suddiviso in nove sale tematiche dai titoli evocativi (Poetica, oggetti e architetture; Il laboratorio dell’industria; Un teatro domestico; Progetti d’affezione; Artigianato e design; Varianti d’arredo; Biografia domestica; Il design nell’architettura; Il Teatro del Mondo), oltre 350 “pezzi” originali, tra cui oggetti di design realizzati, ma anche arredi, prototipi, modelli, disegni e studi progettati e disegnati da Rossi nel corso dell’attività professionale.
Aldo Rossi, Servizio Tea & Coffee Piazza, 1983 Servizio da tè e caffè, Alessi. ©Eredi Aldo Rossi, courtesy Fondazione Aldo Rossi.
Aldo Rossi raggiunge l’apice della sua carriera da progettista, e la successiva fama internazionale, grazie soprattutto alle prime opere costruite tra gli anni Sessanta e Settanta in Italia – la fontana monumentale di Segrate, l’unità residenziale al quartiere Gallaratese di Milano, l’ampliamento della scuola di Broni, l’ossario e il cimitero di San Cataldo di Modena, la scuola elementare di Fagnano Olona, le case unifamiliari a Mozzo, il Teatro del Mondo per la Biennale di Venezia e altre ancora – e al lavoro teorico e accademico focalizzato principalmente sulla struttura della città, riassunto nel suo libro L’architettura della città (1966), che ebbe un grandissimo successo editoriale internazionale e costituì una delle prime importanti critiche al funzionalismo in architettura.
Aldo Rossi, Interno-esterno, 1994. © Eredi Aldo Rossi, courtesy Fondazione Aldo Rossi.
In seguito a ciò, che, tra l’altro, ben presto produsse anche il fenomeno della cosiddetta “scuola rossiana”, formata da architetti che realizzarono (poco) e progettarono (molto) “alla maniera di…”, la figura architettonica e sociale di Rossi si convertì in quella che oggi chiameremmo di un’autentica “archistar” mondiale: infatti, da lì a poco iniziò a costruire in Germania (l’isolato tra Kochstrasse e Wilhelmstrasse e il complesso Quartier Schützenstraße a Berlino), in Giappone (l’hotel Il Palazzo a Fukuoka, il Mojiko Hotel a Kitkyushu, il centro commerciale Uny Tochi a Nagoya), nei Paesi Bassi (il Bonnefantenmuseum a Maastricht, il complesso De Lamel Appartments all’Aja), negli Stati Uniti (il complesso per gli uffici Disney Development Company a Orlando, lo Scholastic Building a New York, la sede di American Broadcasting Company in Burbank, le case unifamiliari di Mount Pocono in Pennsylvania, l’ampliamento dell’università di Miami), in Francia (il Centre International d’Art et du Paysage de l’île de Vassivière, il blocco residenziale con ufficio postale a Parigi), in Canada (il Lighthouse Theatre a Toronto); inoltre, vinse due importanti concorsi internazionali, quelli per l’ampliamento del Deutsches Historisches Museum di Berlino e l’edificazione di un’unità abitativa nel quartiere Villette sud a Parigi, mentre le sue architetture, realizzate o solo disegnate, diventano oggetto di numerose mostre e pubblicazioni internazionali.
Aldo Rossi e Luca Meda, libreria modulare Piroscafo, 1992. Molteni&C, Giussano. Molteni Museum. ©Eredi Aldo Rossi, courtesy Molteni&C.
In questo contesto culturale altamente positivo e favorevole verso l’opera architettonica creata dallo studio Aldo Rossi, essenzialmente nel periodo a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta si inseriscono alcune lungimiranti storiche aziende italiane, già produttrici di oggetti e mobili di comprovata qualità, con cui l’architetto milanese inizia, nella maggior parte dei casi, una lunga e proficua collaborazione continuativa, contraddistinta, da parte di Rossi, da numerosi schizzi, disegni di studio e “idee” da comprovare e, da parte dei produttori, da successive altrettante prove e verifiche eseguite presso i propri laboratori aziendali.
Aldo Rossi, The Forkas Man, 1980, Collezione privata. ©Eredi Aldo Rossi, courtesy Fondazione Aldo Rossi.
Gli oggetti disegnati da Rossi, ma anche alcuni suoi specifici arredamenti e allestimenti realizzati, assomigliano fortemente alle sue architetture: sono fantasiosi, non prettamente funzionali e portatori di una loro “storia personale”, rossiana o storica non importa, anzi, spesso di entrambe contemporaneamente. Ciò li rende molto credibili e desiderabili. Le principali riviste italiane, che grazie al loro bilinguismo comunicano ormai con un vasto pubblico internazionale, e gli uffici marketing delle principali aziende coinvolte hanno gioco facile e, così, le caffettiere, gli orologi da polso, le pentole, le sedie, le poltrone, le scrivanie e le librerie disegnate da Rossi hanno, quasi sempre, molto successo commerciale e di pubblico (anche qui, come per le sue architetture, non solo in Italia, ma in tutto il mondo); anzi, spesso diventano piccoli oggetti di desiderio, che sogniamo di comprare e a volte riceviamo davvero, come le sue caffettiere, che, poi, non abbiamo il coraggio di usare, per paura che si “rovinino”, ma anche gli orologi e le sedie, come la mitica Milano, così piccola e leggera.
Aldo Rossi, Armadio Cabina dell’Elba, 1982 Bruno Longoni Atelier d’arredamento, Cantù. ©Eredi Aldo Rossi, courtesy Fondazione Aldo Rossi.
La mostra al Museo del Novecento ha il grande pregio di unire per la prima volta tutta la produzione del designer Aldo Rossi, spesso passata in secondo piano, visto il grande interesse e successo architettonico delle opere che stava realizzando contemporaneamente. Quello che si evince dall’esposizione è come l’approccio adoperato da Rossi verso il design sia lo stesso praticato nella progettazione: e, allora, ecco che molti oggetti disegnati si convertono in piccole e graziose “architetture” rossiane.
Aldo Rossi e la poltrona Parigi per UniFor, 1989. ©Federico Brunetti. Courtesy Federico Brunetti.