Quest’anno Mantova celebra il talento di Giulio Romano con due mostre prestigiose, una ospitata a Palazzo Ducale, “Con nuova e stravagante maniera”. Giulio Romano a Mantova, e l’altra allestita nelle sale di Palazzo Te, Giulio Romano: Arte e Desiderio, entrambe visitabili fino al 6 gennaio 2020, facenti parte di un ricco programma culturale promosso dal Comune di Mantova, Palazzo Ducale, Fondazione Palazzo Te, con la collaborazione di moltissimi enti e istituzioni mantovane, nazionali e internazionali, pubbliche e private, in partenariato con la casa editrice Electa, con il riconoscimento del Capo dello Stato, Sergio Mattarella.
Giulio Pippi de’ Jannuzzi (Roma, 1492 o 1499 – Mantova, 1546) in arte Giulio Romano, fu allievo di Raffaello Sanzio. Alla morte del grande maestro (1520), Pippi ne ereditò la bottega, divenendo un artista molto apprezzato a Roma. Tra il 1524 e il 1525 venne chiamato a Mantova da Federico II Gonzaga. Nella città gonzaghesca, Giulio Romano realizzò uno dei suoi massimi capolavori, il Palazzo Te, esempio straordinario di villa rinascimentale suburbana, ideata come luogo di delizie, per il duca Federico II Gonzaga (1500 – 1540), pensata per l’ozio e i piaceri del principe. A Mantova Giulio Romano fu nominato Prefetto generale delle fabbriche e in virtù di questo incarico partecipò alla costruzione e al rifacimento di alcuni dei più importanti monumenti mantovani: la decorazione delle sale nel Palazzo Ducale (1538-39), la costruzione delle Pescherie nel centro città (1536) e la risistemazione del Duomo di Mantova (1545). La sua genialità si estrinsecò in ogni campo delle arti, dall’architettura all’urbanistica, dalla pittura alla scultura, dagli arazzi all’oreficeria, e soprattutto nel disegno, esercizio fondamentale alla base di ogni sua espressione artistica.
Complesso Museale Palazzo Ducale – Castello di San Giorgio; ©Ministero per i Beni e le Attività culturali, Complesso Museale Palazzo Ducale di Mantova.
L’allestimento ospitato a Palazzo Ducale, “Con nuova e stravagante maniera”. Giulio Romano a Mantova, curato da un comitato scientifico di altissimo livello (Peter Assmann, Laura Angelucci, Paolo Bertelli, Renato Berzaghi, Paolo Carpeggiani, Sylvia Ferino-Padgen, Augusto Morari, Roberta Serra e Luisa Onesta Tamassia), presenta una ricca selezione di opere che permettono di apprezzare la maestria di Giulio Romano nell’arte della raffigurazione grafica. I disegni esposti provengono dalle più importanti collezioni italiane e internazionali, in particolare, un nucleo di settantadue disegni è stato concesso in prestito, per la prima volta, dal Louvre di Parigi. Altre opere giungono dall’Albertina di Vienna, dal Victoria & Albert Museum di Londra, dalla Royal Collection a Windsor Castle.
Complesso Museale Palazzo Ducale – Sala di Troia; ©Ministero per i Beni e le Attività culturali, Complesso Museale Palazzo Ducale di Mantova.
Al piano terreno del Castello di San Giorgio, poi nelle sale della Corte Nuova, nell’appartamento di Troia e in quello della Rustica, è possibile ammirare la produzione grafica di Giulio Romano dal progetto di architettura al disegno di oggetti. La selezione dei lavori esposti, di mirabile bellezza, permette di comprendere la relazione che il maestro instaurava tra la fase di progetto e la sua realizzazione, demandando spesso quest’ultima ai valenti artisti della sua bottega. Ne è esempio l’eccezionale esecuzione di Diomede combatte Fegeo e Ideo (disegno a penna e inchiostro bruno, acquerellature a inchiostro bruno e grigio, matita nera, lumeggiature bianche, su carta), proveniente dal Museo del Louvre, appartenente alla serie di opere preparatorie per le decorazioni della sala di Troia, a Palazzo Ducale.
Il disegno eseguito da Giulio Romano è comparabile con la sua realizzazione ad affresco, concretizzata nella stessa Sala di Troia, ad opera del maestro e della sua bottega.
Giulio Romano, Diomede combatte Fegeo e Ideo, 1536-38, Parigi, Museo del Louvre.
Giulio Romano e bottega, Diomede combatte Fegeo e Ideo, affresco, Mantova, Palazzo Ducale, Sala di Troia.
I disegni esposti nelle sale della residenza dei Gonzaga narrano della creatività e competenza di Giulio Romano nel trattare tematiche progettuali diverse, dal disegno di argenteria a quello degli arazzi, dal vasellame ai trionfi da tavola, dal disegno di architettura alle pale d’altare. In ogni sezione della mostra è possibile misurare il rapporto diretto tra i disegni dell’artista e la successiva realizzazione di opere, presenti nell’esposizione, a opera degli allievi o di artisti della sua cerchia.
Si veda anche il disegno del maestro, Orfeo straziato dalle baccanti (penna e inchiostro bruno, acquerellature a inchiostro bruno) e la sua trasposizione nel dipinto dallo stesso titolo.
Giulio Romano, Orfeo straziato dalle baccanti, 1530 circa, disegno, Parigi, Museo del Louvre.
Giulio Romano e bottega, Orfeo ucciso dalle baccanti, 1530 circa, olio su tavola, Collezione privata.
Nella Sala dei cavalli è possibile raffrontare, tramite uno specchio, la decorazione a fresco del soffitto dal tema la Caduta di Icaro, con il meraviglioso disegno preparatorio realizzato dal maestro. Tale preziosa figurazione fu tanto amata da Giorgio Vasari che Giulio Romano gliene fece dono e oggi il disegno (apprezzabile nella mostra mantovana) viene conservato al Louvre, inserito in un carnet di opere che furono raccolte dallo stesso artista-scrittore Giorgio Vasari.
La genialità di Giulio Romano e la sua capacità innovativa furono riconosciute da Giorgio Vasari, il quale gli dedicò un capitolo all’interno de Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architettori, attribuendo una “nuova e stravagante maniera” al modo creativo di operare del Romano.
Giulio Romano, Sala di Amore e Psiche, Palazzo Te, affresco 1526-28.
Certamente l’artista fu uno degli interpreti più originali del tardo Rinascimento, definito Manierismo, quel periodo di incertezza seguito alla scomparsa dei massimi artefici, come Leonardo, Michelangelo e Raffaello, stagione che lasciò gli artisti contemporanei sgomenti, in bilico tra regola e licenza, cioè indecisi tra il seguire pedissequamente gli insegnamenti dei grandi o licenziosamente virare verso nuove mete. Sicuramente Giulio Romano, che già era stato allievo di uno dei sommi esponenti dell’Arte, captò questa inquietudine ed ebbe la capacità di trasmetterla anche nelle sue opere. A Palazzo Te il genio di Giulio Romano sperimentò creazioni architettoniche e decorative audaci, come quella di porre un triglifo che scivola dalla trabeazione dorica, nel Cortile d’onore, o nello spezzare un timpano sopra le nicchie delle grandi finestre, come se un evento tellurico avesse sconvolto l’ordine delle cose. L’estrosità delle soluzioni appare anche nella decorazione pittorica delle sale, fra cui la più esemplare è quella dei Giganti. Nello stesso palazzo, Giulio Romano eseguì la decorazione della Camera di Amore e Psiche (1526-28), dando una rappresentazione dei personaggi estremamente sensuale, modalità che influenzò molto gli artisti delle maggiori corti italiane ed europee cinquecentesche.
Giulio Romano, Sala dei Giganti, Palazzo Te, affresco, 1532-35.
La mostra presentata a Palazzo Te, Giulio Romano: Arte e Desiderio, curata da Barbara Furlotti, Guido Rebecchini e Inda Wolk-Simon, presenta strupendi oggetti provenienti da istituzioni italiane e straniere, tra cui il Metropolitan Museum of Art di New York, l’Ermitage di San Pietroburgo, il Musée du Louvre di Parigi, il British Museum di Londra, il Rijksmuseum di Amsterdam, la Galleria Borghese di Roma, e la Galleria degli Uffizi e il Museo del Bargello di Firenze.
Le opere esposte spaziano dai disegni ai dipinti, dalle sculture alle incisioni, dalle maioliche agli arazzi e invitano ad avvicinare un particolare settore tematico, poco conosciuto, della pittura e della scultura, fiorito nella prima metà del Cinquecento in Italia, periodo in cui l’erotismo arrivò ad avere dignità artistica. L’ideazione figurativa a carattere erotico traeva origine dal forte legame esistente, in tutto il Quattrocento e poi nel Cinquecento, con l’Antico. Attraverso il recupero della classicità, l’Arte del Rinascimento era entrata in contatto, rimanendone affascinata, con un mondo popolato di sculture di veneri e raffigurazioni di divinità seminude, la cui grazia è intrisa di grande sensualità. Nell’allestimento di Palazzo Te il tema dell’erotismo nell’arte di Giulio Romano viene indagato proponendo diverse sue creazioni e di altri grandi artisti.
Giulio Romano, Venere e Adone, 1516, disegno a sanguigna, mm 224 × 181, Vienna, Albertina.
Nelle prime sale sono esposte alcune opere giovanili e una serie di 16 immagini disegnate da Giulio Romano, a soggetto pornografico, probabilmente ispirate alle antiche tessere romane, chiamate “spintriae” (dischi di bronzo con temi erotici).
Queste raffigurazioni, rappresentanti le varie posizioni amorose, furono riprese nelle incisioni di Marcantonio Raimondi, stampate e raccolte in un volume, denominato I Modi, con il corredo di sonetti osceni, composti da Pietro Aretino. La diffusione a stampa dell’opera fu seguita dall’intervento della censura da parte dell’autorità papale. La circolazione del libro fu vietata e gli originali andarono perduti.
Giulio Romano, Due amanti, c. 1524, olio su tavola trasferito su tela, 1630 × 3370 mm, San Pietroburgo, Museo statale Ermitage.
Il cuore della mostra è dedicato a un’opera straordinaria di Giulio Romano, di grandi dimensioni, proveniente dall’Ermitage di San Pietroburgo, intitolata i Due Amanti, che raffigura due giovani, un uomo e una donna, seminudi, distesi su di un letto, all’inizio dei loro giochi amorosi, spiati da una donna che si affaccia da una porta. Il dipinto fu realizzato probabilmente prima dell’arrivo dell’artista a Mantova, nel 1524.
Completano l’esposizione altre due opere di grande pregio: un arazzo, grandioso per dimensioni e preziosità dei materiali, Mercurio ed Erse, prestato dal Metropolitan Museum of Art di New York (riproducente un soggetto ideato da Raffaello per la Villa Farnesina) e un cartone di grandi dimensioni, proveniente dal Louvre, raffigurante Giove e Danae, di Perino del Vaga (collaboratore di Raffaello).
Nell’ultima stanza dell’esposizione, dedicata al tema degli amori clandestini di Giove, trovano posto altre due opere, un grande cartone ritraente gli amori di Giove e Leda (che ricorda un’opera di Michelangelo) e l’incantevole Danae di Correggio, commissionata da Federico Gonzaga nel 1530-32.