La biblioteca non è più il luogo del riconoscimento delle proprie radici, anzi. In questi ultimi anni – e le cause sono meno semplici di quanto reciti la leggenda metropolitana – l’accesso ai libri e la lettura appaiono quasi un aspetto residuale della formazione, per studenti e docenti. Forse è davvero un passaggio… del Rubicone. Forse si incrociano, proprio sui libri e sulla lettura, le ipocrisie che in questi tempi sono così diffuse. Come sembrano inattuali le parole di Roger Chartier e del suo libro Pratiques de la lecture uscito nel 1985, e appare una reminiscenza quasi patetica la targhetta che ricorda il tavolo della British Library su cui Karl Marx ha trascorso tanto tempo. E lo stesso devoir de mèmoire da collezionisti, lo restituiscono le architetture che racchiudono quelle preziose memorie. Così accade per la Bibliothèque di Saint Génèvieve la cui prima collezione risale all’abbé Suger e al XII secolo e il cui edificio diventerà nel XIX secolo uno dei più famosi di Henri Labrouste, cui la progettazione viene affidata nel 1838. Ma sarebbero quasi infiniti i casi di biblioteche che hanno contribuito a costruire identità accademiche, nazionali, spesso internazionali, per i lettori che le frequentavano e le architetture che li ospitavano.
Biblioteche che conservano le collezioni e i miti del silenzio e della meditazione, ma che sono anche il simbolo che la cultura occidentale si porta dietro sin almeno dalle Meditazioni di Marco Aurelio. Ed è proprio l’intreccio tra conservazione – non occorre certo ricordare le vicende della biblioteca di Monte Cassino per misurare l’importanza della costruzione dei cataloghi di una biblioteca – e formazione delle élites politiche, imprenditoriali, e ovviamente culturali, che trova la sua acme nella biblioteca del Collegio Romano lungo il sei e settecento.
Oggi i costumi, direbbe Vitruvio, hanno cambiato i luoghi, perché un’architettura esiste se consente di esercitare funzioni che il confronto con la storia del presente pone. Non c’è architettura più sensibile ai regimes d’historicitè di una biblioteca. E oggi la biblioteca risponde all’assenza di una scuola, di un’università come località, cioè come luogo deputato anche alla socialità di e tra studenti e docenti. La biblioteca era un modello etico-sociale, in cui gli studenti vedevano i docenti leggere, studiare, spesso scrivere. Oggi il suo ruolo è di essere uno spazio pubblico in una città in cui quegli spazi sono quasi tutti luoghi di spettacolarizzazione, persino di sé stessi.
Foto: Fabio Oggero.
Il progetto della nuova Biblioteca Centrale di Ingegneria del Politecnico di Torino, inaugurato nel novembre del 2023 a fronte di un investimento di 1,4 milioni di euro, segue una tradizione avviata da Roberto Gabetti con la concezione a scaffale aperto della Biblioteca Centrale di Architettura dello stesso ateneo che consente agli studenti di incontrare, nella ricerca del libro vicino a quello che cercavano, una doppia alterità: il compagno o professore e il libro inatteso. La Biblioteca Centrale di Ingegneria propone un’interpretazione aggiornata e innovativa di quell’idea. Il centro del grande spazio rettangolare di 1000 metri quadri non è più il libro, ma l’essere luogo pubblico, un invaso in negativo, come lo definiscono i progettisti: Antonio De Rossi, Carlo Deregibus e il Masterplan Team del Politecnico di Torino. Un invaso sofisticato nel nascondere e al contempo usare come forme nello spazio le complesse tecnologie di illuminazione e di climatizzazione che i libri impongono.
Ma è una scelta distributiva a caratterizzare uno spazio reso quasi politico. I libri, ormai quasi assenti nella didattica, ancor più ad Ingegneria, tornano a essere i protagonisti della discussione che a partire da una cerimonia ormai usuale – la loro presentazione – si sviluppa in uno spazio centrale della Biblioteca in cui ogni particolare ha una sua forma inattesa: dal guscio concavo dello spazio che comunque rimane attraversabile alle sedute che uniscono la gradinata, alle sedute individuali, progettate ad hoc, come oggetti che devono sembrare posti a caso. E ritorna anche il silenzio di chi passa e di chi negli ambienti circostanti, aperti ma protetti, non solo legge o cerca sul computer le informazioni che la memoria lunga non aiuta più a ricordare, ma contemporaneamente attraversa una stoà e compie un esercizio spirituale laico, come insegna Pierre Hadot.
Il progetto della nuova biblioteca centrale di Ingegneria è una scommessa sulla civiltà degli utenti di quella stoà e per questo propone un’esperienza oggi rara: di cosa sia spazio pubblico, anche quando non si parli di una piazza, ma di uno scrigno per libri. E per questo che forse andrebbero posti al suo ingresso piccole statue, per non rendere retorico uno spazio che non lo è, dei maestri che ne segnano l’essere davvero una Théke Biblion, come Diderot, Lagrange, Quatremère de Quincy, Newton, Hume. Ma sarebbe ancor più bello che fosse una contesa, quasi democratica, a sceglierli attraverso una votazione di docenti e studenti.
Carlo Olmo
gennaio 2025
Spaccato assonometrico.
Biblioteca Centrale di Ingegneria, Politecnico di Torino
Il rinnovamento della Biblioteca Centrale di Ingegneria non ha solamente la funzione di abbellire spazi ormai invecchiati, ma soprattutto di ripensarne l’uso: migliorandone la flessibilità, garantendo più postazioni agli studenti, dando migliori condizioni lavorative al personale. Un rinnovamento che, nel definire uno spazio dalla grande qualità ambientale, renda la Biblioteca, di nuovo, un luogo centrale del Politecnico, dal punto di vista rappresentativo e di uso.
Foto: Fabio Oggero.
Da un lato, l’intervento inventa un’unità spaziale tra spazi ora frammentati, attraverso un grande invaso prospettico che accoglie sala lettura e insieme diventa spazio per eventi. Una rampa abitabile muove il livello del pavimento in legno, generando sedute più informali che formano una platea ideale per piccole presentazioni ed eventi. Una serie di portali cadenza lo spazio, accogliendo e nascondendo tutte le dotazioni impiantistiche: dall’impianto di illuminazione a quello di ventilazione, dai sistemi audio ai teli a scomparsa per la proiezione. Sullo stesso ritmo sono disposti i tavoli, cablati e divisibili con sistemi fonoassorbenti, mentre una serie di librerie sulle pareti opposte alle finestre offrono la possibilità di variare i libri esposti, valorizzando la serendipity della lettura.
Foto: Fabio Oggero.
L’invaso, in negativo, definisce anche il riorganizzato spazio dedicato agli uffici, in cui si eliminano gli open space esistenti definendo, attraverso grandi librerie bifacciali a fare da divisori, spazi più raccolti. Un’articolazione progettuale che permette flessibilità e chiara riconoscibilità per tutti i soggetti coinvolti.
dalla Relazione di progetto
Pianta e sezione longitudinale. Dettaglio.
Central Library of Engineering, Polytechnic University of Turin
The renovation of the Central Library of Engineering is not merely an effort to beautify outdated spaces but, above all, to rethink their use: enhancing flexibility, providing more workstations for students, and improving working conditions for staff. This renewal, by defining a space of high environmental quality, aims to reestablish the Library as a central hub of the Polytechnic, both representationally and functionally.
Foto: Fabio Oggero.
On one hand, the intervention creates spatial unity among previously fragmented areas through a large perspectival space that houses the reading room and also serves as an event venue. A habitable ramp alters the wooden floor level, generating informal seating that forms an ideal tiered space for small presentations and events. A series of portals punctuate the space, integrating and concealing all technical systems: lighting, ventilation, audio systems, and retractable projection screens. Along the same rhythm, tables are arranged, wired, and separable with sound-absorbing dividers, while a series of bookshelves along the walls opposite the windows allow for varied book displays, enhancing the serendipity of reading.
Foto: Fabio Oggero.
This large central space, in negative relief, also defines the reorganized area dedicated to offices, where existing open spaces are replaced by more private areas. These are delineated by large double-sided bookshelves acting as dividers, creating cozier environments. This design articulation allows for flexibility and clear spatial identity for all users involved.
From the project report
Foto: Fabio Oggero.