Recentemente è stata presentata la 18. Mostra Internazionale di Architettura (qui il video di ca. 39 min), che, per circa sei mesi, dal 20 maggio al 26 novembre, sarà aperta al pubblico ai Giardini e all’Arsenale, a Venezia, e a Forte Marghera, a Mestre. Intitolata The Laboratory of the Future la prossima Biennale Architettura 2023 è curata da Lesley Lokko, architetta, docente di architettura e scrittrice ghanese-scozzese, che descrive con queste parole la Mostra: “non è un progetto educativo. Non vuole dare indicazioni, né offrire soluzioni, né impartire lezioni. È (…) un agente di cambiamento, nell’ambito del quale lo scambio tra partecipante, esposizione e visitatore non è passivo o predeterminato. È uno scambio reciproco, una forma di confronto glorioso e imprevedibile, da cui ognuno esce trasformato e incoraggiato ad andare avanti verso un nuovo futuro”.
Explaining the story of Accra, Ghana. Credit: Alice Clancy.
Il “cambiamento” auspicato dalla curatrice dovrebbe essere manifestato, innanzitutto, attraverso due importanti temi d’attualità – la “decolonizzazione” e la “decarbonizzazione” – scelti come linee guida della Biennale Architettura 2023.
In più, però, The Laboratory of the Future presenta un’altra rilevante novità: “per la prima volta, i riflettori sono puntati sull’Africa e sulla sua diaspora, su quella cultura fluida e intrecciata di persone di origine africana che oggi abbraccia il mondo”. Prosegue la Lokko: “Nell’architettura in particolare, la voce dominante è stata storicamente una voce singolare ed esclusiva, la cui portata e il cui potere hanno ignorato vaste fasce di umanità – dal punto di vista finanziario, creativo e concettuale – come se si ascoltasse e si parlasse in un’unica lingua. La ‘storia’ dell’architettura è quindi incompleta. Non sbagliata, ma incompleta. Ecco perché le mostre sono importanti. Costituiscono un’occasione unica in cui arricchire, cambiare o rinarrare una storia, il cui uditorio e il cui impatto sono percepiti ben oltre le pareti e gli spazi fisici che la contengono. Ciò che diciamo pubblicamente è fondamentale, perché è il terreno su cui si costruisce il cambiamento, sia a piccoli che a grandi passi”
Francis Kéré standing in the Gando Library with sunlight coming through the ceiling skylights made from clay pots, 2011. Photographer: Nataniel Sawadogo. Courtesy of Kéré Architecture.
The Laboratory of the Future include 89 partecipanti, di cui oltre la metà provengono dal continente africano o dalla diaspora.
Siccome “al cuore di ogni progetto” ci dev’essere “lo strumento principe e decisivo: l’immaginazione”, la Mostra inizia (nel Padiglione Centrale ai Giardini) il proprio percorso espositivo dalla sezione intitolata Force Majeure (Forza Maggiore), dedicata a una selezione di 16 migliori studi di progettazione africana e diasporica: Adjaye Associates; atelier masōmī; Basis; Cave_bureau; Hood Design Studio; Ibrahim Mahama; Kéré Architecture; Koffi & Diabaté Architectes; MASS Design Group; Olalekan Jeyifous; SOFTLAB@PSU; Studio Sean Canty; Sumayya Vally e Moad Musbahi; Thandi Loewenson; Theaster Gates Studio; urban american city.
Mariam Issoufou Kamara, HIKMA, 2018. Photographer: James Wang. Courtesy of and Copyright: atelier masomi.
La rassegna prosegue nel complesso dell’Arsenale (e, in parte, anche a Forte Marghera) con la sezione Dangerous Liaisons (Relazioni Pericolose), con oltre trenta partecipazioni, affiancata dalla sezione Progetti Speciali della Curatrice (qui), suddivisa in quattro categorie: Mnemonica; Cibo, Agricoltura e Cambiamento Climatico; Geografia e Genere; Guests from the Future.
Tutte e due le sezioni (Force Majeure e Dangerous Liaisons) vengono “contaminate” da opere di 22 giovani “practitioner” africani e diasporici, i “Guests from the Future” (Ospiti dal Futuro), il cui lavoro si confronta con i due temi centrali della Mostra, la decolonizzazione e la decarbonizzazione, “fornendo un’istantanea delle pratiche e delle modalità future di vedere e di stare al mondo”. A tale proposito, la curatrice specifica: “Abbiamo espressamente scelto di qualificare i partecipanti come ‘practitioner’ e non come ‘architetti’, ‘urbanisti’, ‘designer’, ‘architetti del paesaggio’, ‘ingegneri’ o ‘accademici’, perché riteniamo che le condizioni dense e complesse dell’Africa e di un mondo in rapida ibridazione richiedano una comprensione diversa e più ampia del termine ‘architetto’”.
Sandra Steinbreacher, Something’s Coming, 2021. Photographer and Courtesy of: Sandra Steinbrecher.
Il programma della The Laboratory of the Future viene arricchito dal Carnival, un ciclo di incontri, conferenze, tavole rotonde, film e performance e da 9 Eventi Collaterali (A Fragile Correspondence – Scotland + Venice; Catalonia in Venice_Following the Fish; Climate Wunderkammer; Diachronic Apparatuses of Taiwan; EUmies Awards. Young Talent 2023; Radical yet possible future space solutions; Students as Researchers: Creative Practice and University Education; Transformative Hong Kong; Tracé Bleu. Que faire en ce lieu, à moins que l’on y songe?), promossi da enti e istituzioni nazionali e internazionali senza fini di lucro in diverse sedi della città.
Woman dancing across puddles, Osu, Accra, Ghana. Credit: Festus Jackson Davis.
Fanno parte integrante della Biennale Architettura 2023 le 63 partecipazioni nazionali, con mostre e installazioni, organizzate presso le proprie sedi ai Padiglioni ai Giardini (27), all’Arsenale (22) e nel centro storico di Venezia (14).
Tra di esse, alle Tese delle Vergini in Arsenale, figura anche il Padiglione Italia, curato dal collettivo Fosbury Architecture – Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino, Claudia Mainardi – e promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Il titolo del progetto espositivo, suddiviso in due “momenti”, è SPAZIALE: Ognuno appartiene a tutti gli altri. Esso si fonda “sulla visione di Fosbury Architecture che l’Architettura sia una pratica di ricerca al di là della costruzione di manufatti e la Progettazione sia sempre il risultato di un lavoro collettivo e collaborativo, che supera l’idea dell’architetto-autore. Lo ‘spazio’ è inteso, in questa visione, come luogo fisico”.
Partecipanti: Post Disaster + Silvia Calderoni and Ilenia Caleo; BB (Alessandro Bava e Fabrizio Ballabio) + Terraforma; Giuditta Vendrame + Ana Shametaj; HPO + Claudia Durastanti; Parasite 2.0 + Elia Fornari (Brain Dead); Lemonot + Roberto Flore; Studio Ossidiana + Adelita Husni Bey; e altri ancora…
Liam Young / Unknown Fields, Atacama Lithium Mine, 2016. Film Still, HD 1920 x 1080 px. Photographer, Courtesy of and Copyright: Liam Young / Unknown Fields.
Inoltre, la Biennale di Venezia e il Victoria and Albert Museum di Londra presentano, al Padiglione delle Arti Applicate (Arsenale), il Progetto Speciale, una mostra dal titolo Modernismo tropicale: Architettura e Potere in Africa occidentale, curata da Christopher Turner, Nana Biamah-Ofosu e Bushra Mohamed.
Orizzontale, Casa di BelMondo, Belmonte Calabro (CS), 2019-ongoing. Collective refurbishment, Sizes 300 m². Photo Antonio d’Agostino. Courtesy of La Rivoluzione delle Seppie. Copyright: orizzontale.