Fino al 6 ottobre 2024 il MASI (Museo d’arte della Svizzera italiana) di Lugano ospita Calder. Sculpting Time, la più completa mostra monografica degli ultimi cinquant’anni dedicata da un’istituzione pubblica svizzera allo scultore statunitense Alexander Calder (1898-1976). La composizione astratta delle sale – allestite come un grande spazio aperto, spoglio e libero da pareti divisorie – e la singolare cornice scenografica del lago Ceresio come conclusione panoramica del percorso di visita esaltano la raffinata spazialità delle opere scultoree e restituiscono il senso di un’esperienza sensibile che vede le opere esposte trasformarsi in base ai cambiamenti dell’aria e della luce.

Veduta dell’allestimento “Calder. Sculpting Time”, MASI Lugano, Svizzera. Foto Luca Meneghel ©2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York.

La grande retrospettiva ticinese presenta oltre 30 capolavori dell’artista creati tra il 1931 e il 1960, opere provenienti da importanti collezioni pubbliche e private internazionali, tra cui la Calder Foundation e il Solomon R. Guggenheim Museum di New York.
L’opera di Calder ha la prerogativa di aver introdotto il movimento in una forma d’arte tradizionalmente statica come la scultura e di aver delineato singolari volumi nello spazio vuoto attraverso sottili fili metallici, capaci di scolpire opere prive di peso e di massa.
Nel 1951, in occasione della sua partecipazione al simposio “What Abstract Art Means to Me” tenutosi al Museum of Modern Art di New York, Calder scrisse: “Il mio debutto nel campo dell’arte astratta si verificò a seguito della visita all’atelier di Piet Mondrian a Parigi nel 1930. A colpirmi erano stati, in particolare, alcuni rettangoli di colore che aveva affisso con le puntine sulla parete secondo un pattern che seguiva il suo temperamento. Gli dissi che mi sarebbe piaciuto farli oscillare, ma lui mostrò disapprovazione. Tornato a casa provai a dipingere in modo astratto, sebbene dopo due settimane ero di nuovo alle prese con i materiali plastici. Credo che in quel momento – e di fatto da allora in poi – l’idea formale soggiacente al mio lavoro sia stata il sistema dell’universo o una sua porzione, trattandosi di un modello abbastanza ampio con cui lavorare. Intendo dire che il concepire corpi isolati sospesi nello spazio, di diversa grandezza e densità, forse di diversi colori e temperature, circondati e avvolti da flussi allo stato gassoso, alcuni a riposo, altri coinvolti in un movimento eccentrico, tutto questo mi sembra una fonte ideale di forma.”
L’idea di Calder di spingersi oltre l’istante della visione – in un’inedita dimensione temporale – insieme alla predilezione per il movimento fece sì che Marcel Duchamp denominasse mobiles le sue sculture cinetiche: le eteree composizioni scultoree rispondono infatti alle continue mutazioni dell’ambiente in cui si trovano, contrapponendosi alle stabiles, sculture astratte autoportanti di cui è possibile ammirare in mostra la celebre Croisière, del 1931, in filo metallico e legno.

Alexander Calder, Croisière, 1931. Filo metallico, legno e pittura 94 × 58.4 × 58.4 cm, Calder Foundation, New York. Photograph by Tom Powel Imaging ©Calder Foundation, New York. Photo courtesy of Calder Foundation, New York / Art Resource, New York ©2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York.

In mostra è evidente la traiettoria artistica che porta Calder dalle prime opere astratte alle sculture non oggettive. Nella parte centrale della grande sala espositiva sono esposti alcuni dei più importanti mobiles, come Eucalyptus (1940) – presentata per la prima volta al pubblico nella mostra di Calder alla Pierre Matisse Gallery di New York, nel 1940 – e Arc of Petals (1941).

Alexander Calder, Arc of Petals, 1941. Lastra di alluminio dipinto e non, filo di ferro 240× 220× 90 cm, Peggy Guggenheim Collection, Venice (Solomon R. Guggenheim Foundation, New York) 76.2553 PG 137 ©2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York.

Veduta dell’allestimento “Calder. Sculpting Time”, MASI Lugano, Svizzera. Foto Luca Meneghel ©2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York.

Nell’ultima sala, di fronte alla vetrata con vista sul lago e sul panorama circostante, sono esposti lo stabile Funghi Neri (1957) – già presente nella Mostra internazionale di scultura nel Parco Sempione alla XI Triennale di Milano – e il mobile Red Lily Pads (1956), che vive di uno straordinario rapporto con la luce vibrante proveniente dall’ambiente esterno, in particolar modo da quella che si riflette sulle increspature delle onde del lago.

Veduta dell’allestimento “Calder. Sculpting Time”, MASI Lugano, Svizzera. Foto Luca Meneghel ©2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York.

A causa della scarsa disponibilità di metallo durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale, Calder inventò una nuova serie di sculture astratte composte da fili metallici e forme di legno intagliate, che venivano di volta in volta appese alle pareti. James Johnson Sweeney e Marcel Duchamp, curatori della retrospettiva di Calder del 1943 al Museum of Modern Art, le chiamarono “constellations”. Numerose e raffinatissime le opere di questa serie esposte al museo MASI di Lugano, tutte realizzate tra il 1943 e il 1944.

Alexander Calder, Constellation, 1943. Legno, filo metallico e pittura 83.8 × 91.4 × 35.6 cm, Calder Foundation, New York. Photograph by Tom Powel Imaging ©Calder Foundation, New York. Photo courtesy of Calder Foundation, New York / Art Resource, New York ©2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York.

Il lavoro di Calder ha sicuramente cambiato il modo in cui il fruitore interagisce con la scultura. Se la qualità inarrivabile della scultura dell’inizio del Novecento, a partire dall’esperienza futurista, aveva rappresentato simbolicamente e implicitamente il dinamismo del movimento – basti pensare alla scultura di Umberto Boccioni – Calder è riuscito a restituire il movimento in un tempo reale, sincrono, che è quello di chi osserva proprio in quel momento l’opera d’arte, nella consapevolezza che quella percezione visiva, un attimo dopo, potrebbe essere del tutto differente.
A corredo della mostra è stato pubblicato il catalogo Calder. Sculpting Time, a cura di Carmen Giménez e Ana Mingot Comenge, edito da Silvana Editoriale. Il volume, con 106 illustrazioni, riunisce tutti i capolavori esposti in mostra insieme ad alcuni scritti e citazioni dell’artista statunitense.