Nuovi antichi paesaggi fluviali. Riqualificazione paesaggistica alla nuova centrale idroelettrica di Pontoglio

Un sistema di relazioni territoriali centrate sulla risorsa acqua     La nuova centrale idroelettrica della Seva srl sorge in immediata prossimità dell’abitato di Pontoglio (Brescia), sullo sfondo di significative memorie manifatturiere del settore tessile, che qui avevano trovato nel fiume l’energia necessaria per il pieno dispiegamento della loro potenzialità produttiva. E sul ricordo di una centralina, distrutta da un’onda di piena negli anni ’70, che alimentava anticamente “a isola” i telai allora attivi dell’adiacente opificio, ai nostri giorni in gran parte dismesso.
Il progetto, curato direttamente dalla Seva srl, società attiva nel campo delle rinnovabili (con la consulenza dello studio di architettura +di3, per quanto attiene la tematica paesaggistica) si compone di una moderna traversa idraulica e di un canale (integralmente realizzati ex novo per l’occasione, risultando non più funzionali i pochi resti di un vecchio sbarramento), che derivano l’acqua dall’Oglio sino al salto di quota che innesca il funzionamento delle turbine.
L’idea alla base della realizzazione è stata quella di cogliere l’occasione del nuovo impianto per disegnare un più ampio sistema di relazioni territoriali, capace di riorganizzare l’intera area spondale intorno alla risorsa acqua e al valore storico-culturale da questa assunto per la zona: nell’uso antropico, nelle sue valenze naturalistiche e nella fruizione ludico-didattica delle strutture e delle percorrenze di accesso della centrale. Basti pensare che la strutturazione del paesaggio di Pontoglio si costruì, ancora nei secoli XIII e XIV, con importanti attività di bonifica dagli impaludamenti del fiume e con la formazione di un’estesa e alquanto articolata rete di canalette irrigue (“seriole”), in grado di distribuire la preziosa risorsa per i diversi usi del Paese e dei suoi abitanti.

Foto: Andrea Ceriani. (cliccare sull’immagine per consultare la galleria fotografica)

Quattro sono i cardini del progetto:
– la traversa di sbarramento sul fiume lunga circa 150 metri, con le chiuse di piena e di regolazione di portata e le opere di presa in sinistra idrografica, che convogliano opportunamente le acque;
– il canale di adduzione derivato dal corso principale dell’Oglio, largo 10 metri e che ripercorre parzialmente il sedime di vecchie opere idrauliche in totale rovina, per circa 800 metri, dalla presa alla centrale;
– la centrale idroelettrica, vero cuore pulsante del sistema, ove ospitate le turbine ad asse verticale tipo Kaplan e gli apparati di controllo e di produzione della corrente elettrica: una potenza installata di 550 KW in grado di servire un migliaio di utenze domestiche (pari a circa un terzo dell’abitato di Pontoglio);
– un piccolo polo didattico-museale, ricavato entro un edificio dell’originaria manifattura tessile, posto in adiacenza al landmark costituito da una vecchia ciminiera in mattoni e risolto con linguaggio eclettico di chiara datazione.

Foto: Andrea Ceriani. (cliccare sull’immagine per consultare la galleria fotografica)

Un intervento sensibile alla fragilità naturalistica del sito     Il dialogo con gli enti di tutela territoriale, in primo luogo il Parco Oglio Nord e la competente Soprintendenza, hanno orientato il progetto verso una dimensione di forte attenzione e sensibilità al dato paesaggistico, trasformando ognuno dei citati quattro capisaldi, in altrettante opportunità di valorizzazione e riqualificazione del contesto.
La traversa di sbarramento, con la diretta esposizione in vista del calcestruzzo delle pile su cui ruotano le paratie in acciaio di regolazione del flusso d’acqua, è stata realizzata ricorrendo a un mix design del conglomerato in grado di accentuarne l’omogeneità di texture e la lucentezza, sì da meglio armonizzarsi alla specchiata vibrazione luminosa delle acque del bacino di calma.
Una scala gradonata, ricavata nel profilo spondale della traversa e di possibile risalita per la fauna ittica, garantisce poi la continuità di habitat tra l’asta a monte e a valle del manufatto partitore, evitando che questo si trasformi in barriera invalicabile e in conseguente fattore di alterazione dell’equilibrio faunistico del sistema fluviale.
Le stesse cabine ospitanti i dispositivi elettronici di controllo delle paratie sono state oggetto di un’attenta valutazione, sotto il profilo del loro impatto sul contesto naturale dell’intorno, richiedendosene una soluzione di involucro in tavolame di legno pretrattato.
Ma è soprattutto la pista di accesso alla centrale, costeggiante linearmente il canale di adduzione, che si è inteso qualificare rispetto al suo mero dato funzionale. L’alzaia è così divenuta una pista ciclopedonale (già di intensa frequentazione) che riconnette il centro del paese al fiume, bypassando gli insediamenti artigianali sorti sulle sue sponde. La piantumazione di alberi a sesto ampio – 10 metri per 750 metri lineari di sviluppo -, in accompagnamento del tracciato in calcestre, ha inteso qui ridisegnare l’immagine di un filare tipico della pianura lombarda di altri tempi (con le sue famose “piantate” a delimitarne i poderi), con una scelta di essenze autoctone di diretta ispirazione del Parco Oglio Nord: carpino nero e olmo campestre, entrambi di età minima di 4 anni e altezza al colletto di 2/2,50 metri.
E parimenti alla più tipica flora locale si è ispirata la prescrizione del Parco circa le specie arbustive con cui mascherare l’emergenza dal piano di campagna del setto di calcestruzzo di delimitazione del canale: sanguinella e biancospino comune, con impianto di circa 2 metri.

Layout generale. (cliccare sull’immagine per consultare la galleria fotografica)

Le emergenze del genius loci nel rapporto con il progetto     Peculiare attenzione, nella scrittura minuta di questa ricercata ambientazione, è stata posta dai progettisti al commento del volume della centrale, la cui definizione ha voluto intessere, senza rinunciare all’esplicitazione della funzione tecnica dell’edificio e al ricorso a un linguaggio di dichiarata contemporaneità, un serrato dialogo alle diverse scale con l’intorno.
Ciò anche in relazione alle esplicite note al riguardo delle previsioni di piano (PGT 2013(1)), laddove si ammonisce circa la necessità di evitare che le nuove edificazioni, previste ai margini del sistema urbano o al suo interno, ne alterino il carattere intrinseco e soprattutto il rapporto con il sistema paesaggistico generale, sia in termini assoluti, sia in termini di scorci e vedute panoramiche.

Foto: Andrea Ceriani. (cliccare sull’immagine per consultare la galleria fotografica)

In particolare, i termini di riferimento per questo virtuoso ascolto, fatto di molteplici traguardi e coni prospettici di visuale, sono consistiti sostanzialmente nei seguenti:
– le ciminiere presenti a sud del sedime della centrale: la prima in immediata adiacenza e isolata ormai, per effetto di un recente intervento di lottizzazione, da qualsivoglia struttura di cui originariamente posta al servizio, ma pur sempre importante testimonianza del genius loci e la seconda più lontana, e tuttavia parte del sistema di relazioni percettive delle visuali dalla e della centrale (tra cui quella fondamentale dallo storico ponte sul fiume, in pietra di Sarnico ed eretto nel 1622 durante il dominio veneziano su ordine del Doge Antonio Priolo);
– il fronte eclettico della vecchia manifattura caratterizzato dall’orizzontalità tutta cromatica del taglio della copertura in tegole rispetto al prospetto a intonaco, in assenza o quasi di aggetti di marcato chiaroscuro;
– l’articolazione volumetrica e in altezza della centrale nel ravvicinato confronto con la stratificata evoluzione del complesso industriale contiguo: dalle campate a colonnine in ghisa e a sviluppo longitudinale, alle emergenze dei corpi funzionali di servizio e delle palazzine uffici;
– l’alternante scansione di chiari e scuri della copertura in vista satellitare, in armonica composizione con il tipico pattern parimenti ritmato dei tetti a falde e shed dell’architettura manifatturiera e produttiva d’antan;
– la scala di relazioni con il paese di Pontoglio, sempre presente di sfondo nelle visuali di orizzonte lontano, con la sua caratteristica “costruzione” a salire, per quote di livello orizzontali, culminante nell’episodio della chiesa e della torre civica.

Foto: Andrea Ceriani. (cliccare sull’immagine per consultare la galleria fotografica)

I punti qualificanti il rapporto con il contesto nel commento dell’involucro della centrale     In questo quadro, e per rispondere a tutte le elencate richieste di ascolto da parte del contesto, le scelte progettuali poste in campo per la definizione dell’edificio della centrale e del suo involucro hanno variamente declinato i diversi fronti, pur in un’omogeneità di materiali e modularità geometriche capaci comunque di risolvere in unità compositiva l’insieme.
La veduta di lontano del nuovo edificio (ponendosi verso il punto di presa sul fiume), in particolare, genera un armonico inserimento del manufatto nella stratificazione orizzontale dell’abitato lungo il declivio vallivo.
Le stesse proporzioni volumetriche della fabbrica si ritrovano in episodi di tessuto, funzionalmente distinti da quelli del connettivo residenziale, ma senza entrare in conflitto con le preminenti emergenze della chiesa e della torre civica.
Non dissimilmente, la visuale dallo storico ponte (sostanzialmente contrapposta alla precedente) ha giocato un ruolo fondamentale nello stabilire l’altezza della centrale – espressamente richiesta dalla Sovrintendenza inferiore a quella della torre di alimentazione elettrica della vecchia manifattura – e nel definirne in modo netto l’orizzontalità della copertura, in sintonia con le linee degli altri elementi della veduta (in primis la sponda del fiume) e fungendo da sfondo allo svettare verticale delle ricordate ciminiere.
Entrambe queste due facciate cieche, est ed ovest, saranno comunque rese “vive” e parti del contesto naturale tramite la sovrapposizione di una rete metallica con funzione di supporto allo sviluppo di una copertura vegetale, come praticato da Herzog & de Meuron (fra gli altri riferimenti qui assunti) nel loro progetto della CaixaForum di Madrid.
In questa cornice di tensioni percettive e paesaggistiche con l’intorno, restava da risolvere il tema della vista frontale del manufatto dal piano di campagna, atteso che il rilevato dell’alzaia rispetto a quest’ultimo avrebbe determinato comunque una qualche sovrapposizione del corpo della centrale alla storica manufattura retrostante.

Foto: Andrea Ceriani. (cliccare sull’immagine per consultare la galleria fotografica)

La questione, affrontata anch’essa nel dialogo con gli enti preposti, è stata condotta su un quadruplice registro in sede di progetto:
– sovrascrivendo sulla “pelle” dell’edificio, scandita dai ritti della struttura primaria, una “rigatura” che facesse prevalere la dimensione orizzontale nell’impaginato del prospetto in vista frontale;
– scegliendo un materiale permeabile alla luce al fine di garantire il senso della profondità di campo e di orizzonte oltre l’edificio, senza che questo si presentasse come netta e perentoria cesura dello sguardo;
– optando per una soluzione di cortina in grado, per caratteristica di diffusione della luce, di mantenere la dimensione poetica e fisica del velo, senza disvelare l’“ingegneria” interna della macchina, quasi che questa, nel suo valore simbolico di alta tecnologia, fosse altrimenti il termine da mettere in risalto;
– garantendo un effetto “lanterna” in notturno, testimonianza del cuore pulsante della centrale e simbolo dell’energia ivi prodotta dal lento e incessante scorrere delle acque.
Al fine di risolvere in sintesi tali termini, in sede progettuale si era inizialmente ipotizzato di ricorrere a un involucro trasparente ma diaframmato da brise-soleil in vetro, per ottenere la desiderata consistenza traslucida (in rigato orizzontale) della cortina o, in alternativa, all’applicazione di un film in poliestere effetto acidato.
Entrambe le soluzioni, tuttavia, alla prova della campionatura hanno rilevato criticità, suggerendo la scelta finale di un involucro in policarbonato (di affermato uso nell’architettura contemporanea), capace di sintetizzare al contrario, tutti gli elementi qualificanti di cui sopra senza ulteriori controindicazioni.

Foto: Andrea Ceriani. (cliccare sull’immagine per consultare la galleria fotografica)

Per una storia del rapporto dell’uomo con il fiume Alla trama intessuta dall’architettura della centrale con le linee guida di caratterizzazione del paesaggio, si aggiunge poi quale parte integrante del complesso e momento didascalico di illustrazione della risorsa idroelettrica nella strutturazione antropica del territorio, il ricordato polo didattico-museale ricavato in un corpo storico oggetto di intervento conservativo.
Qui si intende (l’allestimento è ancora in corso) costituire il punto di partenza di un iter, lungo l’intero sistema della centrale, fino alla presa sul fiume, dedicato alla comprensione, da parte dei bambini delle scuole elementari e medie, della risorsa idroelettrica quale fonte sostenibile di produzione dell’energia e occasione, come nel caso della centrale di Pontoglio, per una riqualificazione territoriale di allargato respiro.
Dalle intuizioni di Leonardo al principio di funzionamento di turbine e dinamo, alla storia del fiume e della sua gente: la narrazione dell’uso intelligente dell’acqua del fiume – al servizio delle manifatture e ora di un più virtuoso equilibrio uomo/natura – troveranno la loro efficace rappresentazione in questo centro destinato alla divulgazione.
La stessa centrale costituirà momento di apprendimento guidato dei princìpi fisico-meccanici e impiantistici che presiedono allo sfruttamento idroelettrico dell’energia del fiume.

testo di Claudio Sangiorgi

Note
1. Comune di Pontoglio, “Piano di Governo del Territorio”, DP.1a – Documento di Piano, “Relazione – Allegato – Quadro conoscitivo”, luglio 2013.

Foto: Andrea Ceriani. (cliccare sull’immagine per consultare la galleria fotografica)