Definizione e inquadramento di forestazione urbana e di verde estensivo
Nell’ambito di una visione del territorio come ecosistema di cui l’uomo è una componente importante si inserisce la forestazione urbana. La forestazione urbana è una disciplina sorta nel secolo scorso negli Stati Uniti (Urban Forestry), dove i problemi e i contrasti legati al rapporto tra vegetazione e insediamenti umani sono stati particolarmente acuti proprio per le dimensioni dei centri urbani.
Nel 1972 la Society of American Foresters fornisce questa definizione: “La forestazione Urbana è un ramo specializzato delle scienze forestali, che ha come obiettivo la coltivazione e la gestione degli alberi in relazione al loro contributo effettivo e potenziale al benessere fisiologico, sociologico ed economico della società urbana”. La stessa organizzazione nel 1998 nel The Dictionary of Forestry. Society of American Foresters completa la definizione in questi termini “L’arte, la scienza e la tecnologia di gestione degli alberi e delle risorse forestali all’interno e all’intorno dell’ecosistema urbano al fine di promuovere i benefici fisiologici, sociali, economici ed estetici destinati alla società urbana”.
Piccola area di verde estensivo in centro a Berlino (foto di Paolo Lassini).
Più ampia e utile al presente articolo è la definizione che danno Shaffer e Moeller (1979) che definiscono la foresta urbana come quella porzione dell’ecosistema urbano che consiste di vegetazione forestale, acqua, terreno e vita selvatica in aree densamente popolate e nelle zone adiacenti.
In questa sua più ampia accezione, si può ancora individuare la forestazione urbana come la cura della foresta urbana, cioè, dell’insieme di tutti gli elementi a vario grado di naturalità (giardini, parchi, boschi, aiuole, fiumi, ecc.) del territorio urbano e rurale dei grandi hinterland.
La forestazione urbana impiega diverse tipologie e modalità di intervento: alcune caratterizzate da un verde intensivo, ma soprattutto relative al verde più estensivo, che si riconducono ai moderni princìpi della scienze forestali e della agroecologia.
Verde intensivo in centro a Berlino (foto di Paolo Lassini).
In questo saggio si tratta della componente più naturale della forestazione urbana che si riconduce al verde estensivo.
Verde intensivo e verde estensivo non sono intercambiabili, hanno funzioni e caratteristiche differenti ma possono tuttavia essere complementari in una progettazione integrata in particolare su vasta scala.
Il verde intensivo, proprio dei filari, giardini, aiuole e parchi urbani, è caratterizzato da un disegno accurato dove ogni elemento vegetale arboreo ha generalmente una sua funzione specifica, a cui corrisponde una cura specifica del singolo soggetto arboreo. Dopo decenni il disegno del verde intensivo si mantiene sostanzialmente identico all’originale. Il verde intensivo è ancora caratterizzato da un pronto effetto fruitivo e paesaggistico e da un’alta densità di fruizione. Queste sue caratteristiche richiedono l’immissione di molta energia e materiali dall’esterno sia per la formazione, sia per il mantenimento. Di norma, per la sua formazione, si utilizzano soggetti vegetali già sviluppati appositamente preparati nei vivai.
Verde privato estensivo (foto di Paolo Lassini).
La caratteristica del verde estensivo è quella di essere insediato su un terreno non impermeabilizzato e di formare un soprassuolo capace di evolvere in un tempo anche lungo verso una situazione relativamente equilibrata.
Alcune caratteristiche del verde estensivo:
− ecosistema che segue i cicli naturali e necessita di limitati apporti di energia e materiali;
− componente dell’ecosistema urbano e dell’agroecosistema;
− progettazione meno dettagliata, ma interdisciplinare, su basi ecologiche e con una visione di lungo periodo;
− utilizzo di materiale di riproduzione vegetale giovane;
− cure colturali di 3-5 anni quali parte integrante dell’impianto;
− gestione selvicolturale e/o agroecologica volta alla cura delle comunità vegetali nel suo insieme e non al singolo soggetto arboreo, arbustivo o erbaceo;
− effetto paesaggistico e fruibilità differite nel tempo di almeno3-5 anni;
− fruizione relativamente bassa, ma ben indirizzabile e guidata da una adeguata e chiara informazione sulle regole d’uso e i pericoli;
− costi di realizzazione contenuti entro i 3-10 euro/mq e di manutenzione entro 0,1-0,8 euro /mq/anno;
− può permettere sinergie con attività produttive primarie e la fornitura di servizi.
Verde privato intensivo (foto di Paolo Lassini).
I sistemi verdi estensivi sia in città, sia in campagna, comprendono varie tipologie vegetazionali, quali:
− boschi naturalistici, faunistici, protettivi;
− boschi paesaggistici;
− sistemi verdi lineari e puntiformi: siepi e filari, fasce tampone per la riduzione dell’inquinamento di aria, acqua, suolo; macchie cespugliate;
− sistemi forestali provvisori, previa verifica della sicurezza, su aree in lunga attesa di bonifica e in aree di cantieri di lunga durata;
− sistemi verdi per la phytoremediation di aree inquinate;
− sistemazioni idrogeologiche realizzate con tecniche forestali o di ingegneria naturalistica, in luogo di manufatti;
− aree di rinaturalizzazione: aree umide, praterie, aree di rifugio e avvistamento della fauna;
− reticolo idrico, fontanili, aree di fitodepurazione, biolaghi;
− coltivazioni legnose produttive: pioppicoltura sostenibile, coltivazioni arboree legnose policicliche, coltivazioni biomasse integrate con inserimento di elementi naturali;
− sentieri rurali a funzione multipla;
− aree per mitigazione e compensazione delle opere infrastrutturali.
Il verde estensivo può anche essere costituito da coltivazioni agricole particolarmente sostenibili quali frutteti, pascoli, praterie umide, praterie asciutte, marcite e prati permanenti, prati permanenti fioriti, coltivazioni con permanenza di acqua invernale, coltivazioni a perdere per la fauna, coltivazioni paesistiche.
Milano, 2018: nuova area fruibile di servizio, poco… verde (foto di Paolo Lassini).
Forestazione urbana e sistemi verdi estensivi nel passato e nel nuovo secolo
È utile ripercorrere l’evoluzione del verde estensivo nell’ambito della diffusione forestazione urbana dal dopoguerra sino ad ora: molte scelte culturali, tecniche, gestionali di queste opere a verde si sono avviate solo in questi ultimi decenni, anche attraverso novità radicali non sempre ancora ben sperimentate e codificate.
Due piccoli interventi, poco conosciuti, ma significativi, di riforestazione vengono effettuati nel primo dopoguerra:
− negli anni Cinquanta, la sistemazione a gradonate (progetto di Piero Bottoni), con tecniche di sistemazione montana della montagnetta di Milano effettuata, nell’ambito di un cantiere scuola a carattere sociale, guidato dal Corpo Forestale dello Stato. Tale sistemazione è stata poi seguita nel 1978-80 dalla realizzazione del “Boschett del Ghino” con l’operazione Arca canora (Tullio Barbato, 2008);
− negli anni Sessanta, il primo piccolo rimboschimento naturalistico effettuato con specie arboree e arbustive autoctone nella azienda Menozzi della Facoltà di agraria a Landriano , promosso dalle Università di Milano e Pavia e poi curato negli anni Ottanta dalla Azienda Regionale delle Foreste.
A sinistra: cantiere della “montagnetta di Milano”, formazione di terrazzamenti con muretti a secco costituiti dalle macerie della guerra (mattoni, sassi, marmi…), anni ’50. A destra: la situazione negli anni ’90.
Anni Settanta Sono caratterizzati dal verde urbano tradizionale intensivo e poco fruibile perché soggetto a regole severe di non calpestio; il paesaggio rurale si è semplificato perdendo gli elementi naturaliformi a vantaggio delle grandi distese di monocoltura facilmente meccanizzabili. Negli stessi anni nasce la sensibilità ecologica e la preoccupazione diffusa per l’inquinamento e la distruzione degli ambienti naturali. In questa situazione la popolazione, attraverso movimenti e associazioni ambientaliste, desidera esprimersi anche operativamente.
Con l’avvento delle Regioni la cultura ambientalista sensibilizza anche la politica e in Lombardia nel 1974 viene costituito il primo parco regionale, il Parco Lombardo del Valle del Ticino con una legge di iniziativa della società civile.
Nello stesso anno della formazione del Parco del Ticino, si avvia la formazione del Boscoincittà di Italia Nostra, a Milano, con una grande partecipazione di volontariato. È il primo intervento di forestazione urbana fortemente innovativo e quasi rivoluzionario: si ipotizza la costruzione di un verde estensivo a basso costo su aree pubbliche, largamente e liberamente fruibile dalla popolazione cittadina. Un verde quindi contrapposto sia al verde urbano intensivo, allora poco fruibile, sia agli spazi agricoli monocolturali semplificati.
Il Boscoincittà, poi divenuto Centro per la Forestazione Urbana, ha anticipato con i successivi interventi e ampliamenti le innovazioni via via introdotte nel settore, divenendo un esempio ben riconosciuto e riferimento culturale e tecnico apprezzato.
Boscoincittà: il primo esempio di forestazione urbana nel milanese su una vasta area (foto di Paolo Lassini).
Nel 1975 è istituito il Parco Nord Milano tra Milano, Bresso, Cinisello e Sesto San Giovanni, su una grande area di circa 600 ha, che diventerà uno dei più grandi esempi di sistema verde a carattere estensivo, con la progettazione continua di Francesco Borella e con una gestione diretta interna delle opere via via realizzate.
La gestione in amministrazione diretta caratterizza la formazione e gestione dei più grandi interventi di forestazione urbana, nei quali la progettazione è in divenire e la gestione pluridecennale accompagna il formarsi del disegno complessivo. Queste opere sono state dei veri cantieri scuola per una generazione di tecnici, maestranze, volontari, guardie ecologiche radicati nel territorio.
Nel 1976 la legge forestale regionale tutela anche i boschi di pianura, sino ad allora non considerati di valore e senza alcuna protezione al di fuori del vincolo idrogeologico.
Sempre negli anni Settanta, in particolare nel Parco del Ticino, si avviano i primi studi approfonditi sui boschi planiziali e sugli ambienti naturali di pianura con una nuova visione interdisciplinare.
Nel 1979 il WWF avvia la prima gestione della grande riserva Naturale di Vanzago. Altre associazioni ambientaliste seguiranno questo esempio con la formazione, conservazione e gestione di molte riserve e oasi naturali.
Boscoincittà: nuovi impianti nel bosco a seguito di interventi selvicolturali (foto di Paolo Lassini).
Anni Ottanta Nel 1980 nasce l’Azienda regionale delle Foreste della Lombardia che, attraverso l’Ufficio Operativo di Milano, eseguirà moltissimi interventi di rinaturalizzazioni e verde estensivo in amministrazione diretta con propri operai e gli agricoltori locali. Tra gli interventi importanti che svolgerà l’ARF, poi confluita in Ersaf, si ricordano: il Parco Nord Milano; il Bosco delle Querce di Seveso; le compensazioni forestali per il depuratore di Rho-Pero e la discarica di Cavenago Brianza; le Grandi Foreste di Pioltello (Mi) e Gazzo Bigarello (Mn); i grandi boschi di Gaggiano, Casirate e comuni vari; moltissimi altri interventi di forestazione urbana e tutti i sistemi verdi di compensazione realizzati per EXPO 2015.
Nel 1984, dopo la bonifica dalla diossina, si avvia la formazione del Bosco delle Querce a Seveso e Meda di 42 ha. Per la prima volta un’area inquinata viene destinata al verde paesaggistico e naturale, per l’inserimento nel territorio di due discariche del materiale inquinato e quale compensazione del grave incidente industriale. Nel 2004 il Bosco raggiungerà un livello di biodiversità pari a quello del parco secolare di Monza e dopo 30 anni il terreno si può considerare rigenerato biologicamente. Una ricca bibliografia di ricerche pluridisciplinari è testimonianza delle diverse tecniche selvicolturali e gestionali utilizzate, e dei risultati via via ottenuti.
Nel 1984 nasce a Milano, a opera di Giovanni Sala, la rivista “ACER”, che ben interpreta il fermento in atto e i cambiamenti anche tecnici che percorrono la progettazione e la realizzazione delle opere a verde, sia intensive che estensive, urbane e periurbane.
Bosco delle Querce di Seveso e Meda nel 2016, realizzato da ARF (ora ERSAF) a partire dal 1986 (foto di Paolo Lassini).
Anni Novanta Alla Triennale di Milano, nel 1993, l’Azienda regionale delle Foreste promuove il primo convegno nazionale sulla Forestazione urbana con la focalizzazione dei primi interventi eseguiti, delle nuove tecniche impiegate e della gestione operata prevalentemente in amministrazione diretta.
Negli anni Novanta gli enti citati continuano la realizzazione di vasti sistemi verdi: il Bosco in Città, per il comune di Milano, avvia coraggiosamente la realizzazione del Parco delle Cave, in un’ampia zona degradata anche socialmente, che via via viene risanata riprogettata e rinaturalizzata, mantenendo ampie zone a prato irriguo e a marcite, con aziende agricole al suo interno. Ora questo parco costituisce il primo e importante esempio di parco agroforestale ben fruito in città.
Sembra strano adesso, ma solo negli anni Novanta i vivai forestali pubblici completano la conversione della propria produzione verso le specie autoctone, poi disponibili anche in vivai privati, perché in precedenza l’uso delle conifere, anche esotiche, era ovunque preponderante.
In Italia si avviano altri vasti esempi di forestazione urbana: ad esempio in provincia di Modena e in Veneto.
Dalla metà degli anni Novanta, utilizzando gli incentivi comunitari, alcuni agricoltori avviano la riconversione di piccole percentuali delle proprie aziende ad agroambiente con la realizzazione di siepi, filari, aree boscate, ma anche aree umide e colture a perdere per l’incentivazione della fauna. La rinaturalizzazione di queste aree, prima soggette ad agricoltura intensiva e povera di biodiversità, produce cambiamenti paesaggistici e naturalistici anche dopo solo un quinquennio. Significativa, a livello europeo, è la conversione di oltre 100 ha della azienda La Cassinazza di Baselica a Giussago (Pavia), della Società Neorurale, da produzione di riso a produzione di un ambiente naturalistico unico nel milanese.
Il Parco delle Cave a Milano (foto di Paolo Lassini).
Il nuovo secolo Nel nuovo secolo si compongono gli interessi e i ruoli dell’ambiente e della agricoltura, tanto che anche la creazione e gestione di aree naturali viene considerata normativamente attività agricola e si prende coscienza del valore del suolo agricolo e della necessità che anche in città si preservino aree verdi non impermeabilizzate.
Nell’agricoltura del nuovo secolo gli agricoltori, oltre alle associazioni e agli enti pubblici, sviluppano sistemi verdi estensivi su vasta scala.
Vi sono varie iniziative e normative che favoriscono questo processo, tra le quali, nel 2003, la regione Lombardia organizza il convegno internazionale Alberi e foreste nella pianura a cui partecipano oltre 50 relatori italiani ed europei.
La Politica Agricola Comunitaria, i tre Piani e Programmi di Sviluppo Rurale, incentivano con ingenti risorse la formazione di sistemi verdi, di agroambiente e di buone pratiche di gestione agricola sostenibile.
Il D.Lgs. 228/ 2001 definisce “attività agricola” anche la creazione e gestione di ambiti forestali o agroambientali e il D.Lgs 227/2001 impone interventi di compensazione forestale in caso di mutamento di destinazione di aree boscate.
Il Codice Agricolo lombardo (L.R 31/2008) afferma il ruolo multifunzionale del suolo rurale, prevede la realizzazione del Progetto regionale 10.000 ha di nuovi boschi e sistemi verdi, promuove e induce la avvenuta realizzazione di 8 grandi nuove foreste di pianura e di circa 2.500 ha di nuovi boschi e sistemi verdi (oltre 3,5 milioni di piantine forestali) nell’ambito della pianura e del fondovalle da parte di enti pubblici, parchi (in particolare il Parco del Ticino), province (Milano, Cremona, Mantova, Brescia, Lodi, Pavia, ma anche Sondrio), ma anche di agricoltori e privati.
La L.R 12/2005, Governo del Territorio, attua per la prima volta il principio di compensazione del suolo agricolo comunque consumato, istituendo un fondo regionale destinato alla formazione non solo di boschi, ma anche di sistemi verdi e di verde estensivo.
Bosco delle Querce di Seveso e Meda nel 2016: dopo 30 anni il terreno si è rigenerato (foto di Paolo Lassini).
Il Progetto europeo Emunfor (2012-14) con i suoi sviluppi focalizza a livello internazionale bene la definizione di boschi urbani e il monitoraggio, in particolare del Parco Nord Milano e del Boscoincittà, con la redazione di un manuale.
Negli ultimi anni sono coordinati, e in parte realizzati, da ERSAF circa 90 ha, in oltre 20 comuni, di nuovi sistemi verdi per un importo di 18 milioni di euro, quali compensazioni per gli impatti di EXPO 2015.
Proprio in questi giorni il Comune di Milano, alla Triennale, pone la Forestazione Urbana alla attenzione del grande pubblico con una grande iniziativa, che sembra rivolgersi in particolare alla componente di verde intensivo e urbano. L’iniziativa precorre e si collega anche al primo Forum Mondiale sulla Forestazione Urbana che si terrà a Mantova a partire dal 29 novembre prossimo.
Sulle tematiche del verde estensivo in pianura, il 20 settembre prossimo, si terrà a Giussago, nella grande azienda agroambientale la Cassinazza-Darsena della società Neorurale, un convegno italo olandese con un focus sui sistemi verdi e nuovi boschi di pianura.
L’esperienza milanese della forestazione urbana, sin dagli inizi si è confrontata con la realtà olandese dove la costruzione di nuovi boschi si è avviata sin dagli anni Trenta con il Bosco di Amsterdam. In assenza di una tradizione scientifica e tecnica consolidata di selvicoltura e di gestione dei boschi di pianura, il convegno del 20 settembre prossimo intende, in un incontro aperto e costruttivo, confrontarsi sulle tecniche di formazione e soprattutto di gestione dei neoboschi e sistemi verdi di pianura, definire il loro ruolo futuro e esaminare la possibilità di nuove strategie di formazione e gestione.
Le esperienze olandesi sono in merito innovative per quanto riguarda la realizzazione di grandi progetti verdi integrati d’area, dove l’Ente pubblico accompagna iniziative della popolazione, delle associazioni e dell’imprenditoria, piuttosto che programmare e agire direttamente con la complessa procedura: pianificazione, acquisizione e/o compensazione, progettazione, appalto per la realizzazione e gestione.
Alcuni spunti per un piano al 2030 di sviluppo della forestazione urbana mediante verde estensivo
Per dare un piccolo contributo si propongono alcuni spunti di riflessione per uno scenario al 2030 di una grande foresta e sistemi verdi di pianura, realizzata principalmente sul territorio rurale, comunque esistente nello stato di fatto, e salvaguardando sostanzialmente la produzione agricola.
Monitoraggio degli spazi verdi realizzati A distanza di oltre 40 anni dai primi grandi interventi, non si è ancora realizzato un monitoraggio, pur speditivo, dei 2.500 ha realizzati, e il limitato confronto su quanto realizzato si è contenuto nell’ambito dei tecnici specialisti forestali, mentre occorrerebbe un dialogo interdisciplinare: le tecniche di impianto sono ormai ben condivise, non avviene altrettanto per le tecniche selvicolturali di accompagnamento e soprattutto occorre focalizzare le migliori modalità di realizzazione e di gestione, tenendo presenti anche la necessità di adeguate economie di scala e della presenza sinergica della iniziativa privata, associativa e pubblica.
Monaco di Baviera: biolago balneabile (foto di Paolo Lassini).
Conoscenza e coscienza delle funzioni potenziali delle aree verdi a vario grado di naturalità Valutazione dei servizi ecosistemici forniti, quali: incremento reale della superficie a vegetazione forestale su terreno permeabile; ritenzione idrica, regolazione e fitodepurazione delle acque; incremento della sostanza organica nei terreni e della biodiversità in ambiente rurale e urbano; abbassamento locale della temperatura; diminuzione del rumore di fondo; cattura di gas climalteranti; miglioramento della qualità della vita; incremento della occupazione italiana e straniera; coinvolgimento attivo della popolazione e delle associazioni.
Il monitoraggio dei servizi offerti realmente e della loro condivisione, sensibilizzerebbe verso un’attenzione diffusa e azioni politiche conseguenti.
Cassinazza di Baselica, Azienda Neorurale: area umida formata su ex pioppeto (foto di Paolo Lassini).
Possibili obbiettivi al 2030:
− sensibilizzazione della popolazione, degli enti, dei tecnici e dei professionisti;
− parametri da raggiungere prefissati e misurabili: biodiversità, inquinamento aria, acqua, suolo; sostanza organica nel terreno, azioni climalteranti, idrogeologici, temperatura, occupazione indotta, mobilità dolce, qualità della vita;
− sostanziale mantenimento del livello produttivo agricolo attuale e miglioramento della sua sostenibilità;
− formazione di oltre 1.000 ha di nuovi sistemi verdi estensivi e soprassuoli boschivi in area rurale, urbana e periurbana, anche mediante la realizzazione di infrastrutture verdi strategiche agroforestali e naturali;
− gestione attiva dei 1.000 ha già realizzati sino ad ora nella città metropolitana;
− avvio di una filiera relativa alla formazione e gestione dei nuovi boschi e sistemi verdi;
− rientro nelle casse pubbliche di almeno 1/5 della spesa necessaria per la realizzazione del presente piano attraverso cofinanziamenti, concessioni, attività economiche e sociali;
− creazione di un Fondo Unico che renda sinergici i diversi finanziamenti disponibili.
Parco Nord Milano: filare diversificato con verde estensivo (foto di Paolo Lassini).
Alcune strategie di intervento:
− valorizzazione della pianificazione territoriale e di settore esistente (PTCP, PTC, Parchi, Piano Indirizzo Forestale…);
− valorizzazione integrata del paesaggio storico del milanese e dei suoi caratteri morfologici oltre che mitigazione degli insediamenti e delle infrastrutture: terrazzi glaciali, valli fluviali di Ticino, Olona, Seveso, Lambro….; reticolo di bonifica e di irrigazione: canale Villoresi, Navigli, rogge storiche, canali scolmatori; sistema dei fontanili, centuriazione…;
− nuove infrastrutture verdi in senso est ovest, quasi inesistenti: progetto Gronda Verde Nord Milano, Villoresi;
− disponibilità pubblica e condivisione da parte dei diversi soggetti delle ampie informazioni pianificatorie, storiche, paesaggistiche, naturalistiche, idrogeologiche, agroforestali… già esistenti evitando dispersioni di risorse in nuovi studi e pianificazioni sovrabbondanti;
− valorizzazione dell’attuale AQST Milano Metropoli Rurale sottoscritto da Regione Lombardia, Comune di Milano, Distretti Rurali Milanesi e altri Enti;
− nuovo ruolo dell’ente pubblico quale coordinatore, facilitatore, accompagnatore che però lascia spazio anche progettuale alle molteplici aspettative e iniziative dei privati e della associazioni di vario tipo. Il pubblico dovrebbe di contro, gestire direttamente, con cantieri scuola, nuove realizzazioni sperimentali;
− Progetti integrati di area, sia previsti dalle incentivazioni comunitarie (per esempio, PSR per il settore agricolo), sia realizzabili attraverso Accordi di programma per la formazione di grandi aree verdi multifunzionali, in analogia a quanto avviene da tempo per i grandi insediamenti urbani e le grandi infrastrutture. I Progetti integrati d’area permetterebbero una gestione anche economica con adeguate economie di scala.
Monaco di Baviera: rimboschimento produttivo multifunzionale (foto di Paolo Lassini).
Alcune ipotesi di progetti integrati d’area nella città metropolitana di Milano:
− connessione EXPO – Depuratore di Pero-Bosco in città – Parco delle cave, Piazza d’Armi, Fontanili;
− valli e aree Olona (attuale e del suo paleoalveo esterno alla città), Lambro, Seveso, Vettabbia, Ticinello…;
− pertinenze demaniali dei grandi canali di irrigazione e bonifica, Villoresi, navigli, canali scolmatori, strade di vario ordine;
− sistema dei fontanili;
− incremento del territorio rurale dei sistemi forestali in una fascia di 500 metri attorno alle tangenziali (proposta regionale del 2009);
− verde temporaneo a perdere, anche produttivo, in aree dei grandi cantieri pluriennali (scali ferroviari, aree inquinate che lo permettono, aree destinate a servizi futuri);
− area sud Milano: Vettabbia, Ticinello, Porto di Mare, Chiaravalle, Depuratore Nosedo, Bosco Rogoredo;
− proprietà demaniali e dei Grandi Enti Morali.
Modalita di attuazione degli interventi:
− procedura classica: acquisizione al demanio pubblico – progettazione – appalto – gestione pubblica (comporta la massima spesa e i tempi più lunghi);
− convenzionamento e finanziamento della realizzazione, manutenzione e gestione pluridecennale ad associazioni, Enti pubblici e privati, agricoltori singoli e associati (distretti rurali);
− cantieri scuola pubblici di riqualificazione ambientale di durata quinquennale con impiego di disoccupati italiani e stranieri di vario livello;
− pagamento ai soggetti disponibili pubblici e privati dei soli servizi ecosistemici forniti per un periodo almeno trentennale, indicando i parametri da raggiungere, fornendo le linee di indirizzo e lasciando ai beneficiari la progettazione, realizzazione e gestione delle aree (procedura più rapida e meno costosa).
Modalità di monitoraggio e verifica degli interventi e dei servizi resi:
− a carico dei singoli enti finanziatori;
− in convenzione con strutture regionali già esistenti, ben organizzate e riconosciute a livello europeo, di controllo e pagamento nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale.
Azienda La Forestina di Cisliano (Milano): sentiero rurale, ben fruibile in tutte le stagioni, con manutenzione estensiva (foto di Paolo Lassini).
Costo del piano e possibilità di finanziamento Il costo complessivo per la realizzazione del piano decennale proposto al 2030, (almeno 1.000 ha) al netto degli eventuale acquisti di terreno (evitabili), ma comprensivo di costi di gestione anche post 2030, per 10 anni dalla formazione, può essere stimato in circa 100 milioni di euro. Tale somma in un decennio potrebbe essere già disponibile nei finanziamenti in atto a seguito di priorità e scelte precise. Di seguito si indicano alcuni riferimenti normativi e di finanziamento:
− progetto regionale 10.000 ha di nuovi boschi e sistemi verdi (L.R 31/2008);
− compensazioni forestali di cui alla L.R 31/2008 (ci sono circa 20 milioni di euro vincolati e già disponibili nel bilancio delle province e/o regionale);
− compensazioni consumo di suolo agricolo nello stato di fatto (L.R 12/2005, L. 10 /2103);
− compensazioni grandi infrastrutture;
− DL fiscale 148/2017, che conferma quanto previsto nella Legge di bilancio 232/2016, ossia che, a decorrere dal 1° gennaio 2018, i proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste sono destinati, tra l’altro, a interventi di riuso e di rigenerazione…., all’acquisizione e alla realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico, a interventi di tutela e riqualificazione dell’ambiente e del paesaggio…, nonché a interventi volti a favorire l’insediamento di attività di agricoltura nell’ambito urbano, comprese le spese di progettazione;
− Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 e seguente;
− Fondi nazionali e regionali per la gestione idrogeologica diffusa del territorio;
− Programmi Fondazione Cariplo e altri Enti.
Parco del Ticino: vegetazione a gestione forestale su reticolo irriguo (foto di Paolo Lassini).
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