© Davide Catania.
La festa è a tema XX secolo.
— Sarà divertente!
Non lo è.
La musica non è ballabile, gli snack sono troppo salati e i drink troppo dolci.
Gli invitati indossano le solite maschere: il cowboy, il nazista, l’attrice famosa, l’hippie, lo yuppie (non ricordo mai qual è quello con i capelli lunghi e quale quello con la cravatta, ma ci sono entrambi), l’astronauta.
V. prova a coinvolgermi nel “divertimento”, addita i costumi storicamente inaccurati,
— Stivali con quel vestito?
se non addirittura anacronistici.
— Pirati nel XX secolo! Mi prendono in giro?
Lo interrompo.
— Questo cocktail fa schifo. La frutta è finta. Assaggiala, è pasta di zucchero.
V. sbuffa, poggia il bicchiere, mi prende per mano e mi porta alla finestra.
Tira fuori dalla tasca un cilindro di alluminio lungo all’incirca come un dito, lo svita e fa scivolare fuori un cilindro più piccolo, di carta.
— È una sigaretta. Sai cos’è?
Gliela prendo di mano e la soppeso. Le ho viste spesso nei vecchi film di V.
— Certo.
La metto tra le labbra e tiro come da una cannuccia.
— Aspetta, va accesa.
L’odore è forte e la sensazione inaspettata. Al terzo o quarto tiro comincio ad apprezzare.
Ci passiamo la sigaretta avanti e indietro fino al filtro, poi V. la prende tra il pollice e il medio.
— Quando finisce si fa così.
Con un movimento secco la scaglia lontano, fuori dalla finestra.
La brace disegna un arco, rimbalza e si spegne sul marciapiede.
— Questa festa fa cagare.