La misura urbana di Giuseppe Terragni: sei progetti e due itinerari

di Simone Milani

La misura urbana di Giuseppe Terragni, edito nella collana “Compresse” di LetteraVentidue, è l’ultima pubblicazione di Matteo Moscatelli, architetto e docente presso il Politecnico di Milano.
Il volume è di particolare interesse per il taglio interpretativo con il quale viene riconsiderata la figura del grande maestro del Razionalismo, ovvero la relazione tra architettura e città, edificio e luogo.
Il significato culturale dell’opera di Giuseppe Terragni è stato fin da subito oggetto di discussione, condizionato dalle sue posizioni politiche e in particolare dalla vicinanza al regime fascista, determinando un giudizio ondivago da parte di storici e critici e una situazione problematica per la sopravvivenza stessa di alcune opere. Un esempio riguarda la Casa del fascio di Como che, in seguito alle controversie sulla proprietà dell’immobile, nel 1956 è stata messa all’asta, aprendo il rischio di una possibile demolizione e innescando una serie di prese di posizione in sua difesa (tra queste anche l’appassionato editoriale di Ernesto Nathan Rogers “Un monumento da rispettare”, pubblicato nel 1956 su “Casabella”).
Questa singolare condizione, insieme al valore artistico del suo lavoro, è stata approfondita da Moscatelli a più riprese, come raccontato nell’introduzione, nell’attività didattica e di ricerca svolte all’interno dei laboratori di Architectural Design al Polo di Mantova del Politecnico di Milano, di alcuni workshop internazionali organizzati dalla stessa Scuola e delle diverse iniziative organizzate con l’Ordine degli Architetti di Como, citate come occasione per ampliare l’orizzonte degli studi sul capoluogo lariano e definire il filo conduttore di questo studio.

Vista a volo d’uccello della città murata. Foto di Stefano Topuntoli. Riprese aeree effettuate nel settembre 1995, autorizzazione SMA 1-531 25.10.95.

La pubblicazione – che si apre con un’introduzione di Marco Navarra sul lessico urbano e sull’“archeologia analoga” di Terragni, ed è corredata dalle fotografie di Stefano Topuntoli, dai disegni dell’Archivio Terragni e dalle illustrazioni elaborate dallo stesso autore (dalla sezione urbana che attraversa il Duomo, la Casa del fascio e l’Unione Lavoratori dell’Industria fino al suggestivo confronto dimensionale, morfologico e funzionale tra la città murata di Como e il Quartiere di Rebbio) – è divisa in due parti: la prima organizzata come un itinerario storico che ripercorre il dibattito su Terragni sviluppatosi in seguito alla sua morte, la seconda come un itinerario tematico che, a partire da sei opere significative, individua altrettante forme di relazione tra edificio e luogo: l’adattamento, la ricucitura, l’incorporazione, il dialogo a distanza, la sostituzione e la continuazione.
Del dibattito storico sviluppatosi dagli anni Cinquanta in avanti, da Bruno Zevi a Ernesto Nathan Rogers, dopo la celebrazione, il ridimensionamento e l’oblio dell’architetto comasco, l’aspetto su cui il saggio si sofferma riguarda il confronto tra due interpretazioni contrapposte e complementari, da un lato quella sintattica proposta da Peter Eisenman, che evidenzia l’autonomia degli edifici di Terragni rispetto al contesto in favore dello studio delle sue relazioni interne, e dall’altro quella semantica che indaga il rapporto tra architettura e luogo promossa da Enrico Mantero, che definisce questo approccio, basato sulla ricerca di continuità rispetto alle preesistenze dal punto di vista morfologico e tipologico, come “anima della contestualizzazione”.

Giuseppe Terragni e Alberto Sartoris, progetto per il quartiere operaio satellite, Rebbio, 1938. Veduta prospettica dal ballatoio dell’edificio di sei piani con alloggi di due vani, su edifici dello stesso tipo (per concessione dell’Archivio Terragni).

Nella seconda parte viene invece proposto un itinerario tematico attraverso sei progetti di Terragni per Como, ciascuno emblematico di una diversa espressione del rapporto tra architettura e città: l’adattamento per il Piano Regolatore (1933-34), la ricucitura per il risanamento del quartiere Cortesella (1937-40), l’incorporazione per la conservazione di Casa Vietti (1938-40), il dialogo a distanza per il Quartiere satellite di Rebbio (1938), la sostituzione per l’Università della Seta (1937-40) e la continuazione per la Casa del fascio (1932-36), unica opera realizzata.
Pur essendo riferito principalmente a una sola figura, quella di Giuseppe Terragni, il racconto si articola fino a toccare altri tre temi, oggetto anche di alcune conversazioni – con Luigi Cavadini, Alberto Longatti, Alberto Novati e Massimo Novati – svolte durante la redazione dei testi: il lavoro di Enrico Mantero, di cui viene messa in luce non solo l’analisi svolta sull’opera di Terragni ma anche la personale interpretazione della “misura urbana” nella sua stessa attività professionale, didattica e di ricerca; la città di Como, che appare non come uno sfondo indistinto del lavoro di Terragni ma come un caso esemplare di palinsesto storico dalle complesse stratificazioni (in particolare nell’analisi del progetto di risanamento del quartiere Cortesella, di cui si racconta l’origine, lo sviluppo commerciale, il degrado all’inizio del Novecento e la discussa demolizione); infine, il metodo progettuale fondato sulla relazione tra architettura e contesto che, particolarmente nel capitolo dedicato alla Casa del fascio, viene articolata menzionando tutti gli aspetti che ne determinano le differenze, l’identità e la specificità.
Il rapporto tra edificio e luogo – come emerge da queste righe – va quindi inteso secondo Moscatelli in senso ampio e non riduttivo: “alla breve e alla lunga distanza, nei valori percettivi e simbolici, nei segni esistenti e scomparsi, nella sua storia e nelle sue storie”. Questo rappresenta uno dei passaggi fondamentali per comprendere la finalità operativa di questa ricerca, e per mettere a fuoco quella condivisibile presa di posizione rispetto ad alcune derive della città contemporanea nelle quali il “luogo” è in realtà solo un “sito”, e la memoria che ne definisce il carattere è sempre più di frequente messa da parte in favore di interessi personali e non collettivi.

Giuseppe Terragni, Casa del fascio, Como, 1932-36. Vista dalla piazza dell’edificio costruito. Foto: collezione privata.

“Anima della contestualizzazione” di Terragni

di Roberto Gamba

La sostanza di questo libro è stata alimentata dal lavoro didattico svolto dall’autore in questi ultimi anni al Polo di Mantova del Politecnico di Milano, ove si è compiuta una rilettura delle opere di Giuseppe Terragni, Cesare Cattaneo e Pietro Lingeri.
La ricerca, fondata sull’analisi delle differenti interpretazioni dell’opera di Terragni, sviluppatasi in Italia dalla fine degli anni Quaranta a oggi, diviene nel libro una rievocazione delle celebrazioni e del dibattito critico sul suo operato (mostre, articoli su “Casabella”, citazioni, conferenze).
Ha come principali riferimenti gli studi compiuti da Enrico Mantero, che definiscono “anima della contestualizzazione”, la misura urbana della sua architettura, capace di instaurare un rapporto significativo con il contesto, nella fase trasformativa della città.
Rimarca l’interesse suscitato dalla sua opera all’estero, in America e da Eisenmann in particolare, che spiega “l’aspetto semantico e sintattico” della Casa del fascio.
Rileva, negli studi compiuti sul Razionalismo da Caniggia, Zevi, Pedio, la nuova sensibilità urbana che i suoi progetti esprimono.
Sottolinea, negli scritti di Tafuri, Vitale, Ciucci, Monestiroli, Bucci, il valore dialettico delle interpretazioni espresse su di lui nel dopoguerra.
Poi Moscatelli esamina i progetti di Terragni per Como: il Piano Regolatore del 1934, il Risanamento del Quartiere Cortesella del 1940, il progetto di conservazione di Casa Vietti (1940), il progetto per il Quartiere satellite di Rebbio (1938), il progetto per l’Università della Seta (1940), la Casa del fascio (1936) e li analizza secondo sei principi operativi, che si definiscono secondo i termini di Adattamento, Ricucitura, Incorporazione, Dialogo a distanza, Sostituzione, Continuazione e che spiegano il rapporto che instaurano tra morfologia urbana e tipologia edilizia.

Giuseppe Terragni, progetto di conservazione di Casa Vietti, Como, 1939-41. Schizzo prospettico del primo progetto (per concessione dell’Archivio Terragni).