Fin dallo studio di fattibilità era apparso chiaro che una struttura ricettiva nell’isola di Murano nella Laguna di Venezia, avrebbe innescato un processo di rigenerazione urbana in un’area dove l’intensa produzione vetraria dei secoli scorsi aveva lasciato il posto ad un vuoto sociale ed economico non irrilevante. Altrettanto chiaro ci era sembrato che il nuovo insediamento alberghiero avrebbe dovuto mantenere l’atmosfera industriale che l’impianto, nonostante l’abbandono, continuava ad avere.
Il significato che fin dall’inizio si è voluto attribuire al progetto è infatti di preservare il carattere industriale, essenziale, funzionale, duro, finanche scabro di questo vasto complesso concepito per la lavorazione del vetro e di oggetti d’arte in vetro.

Foto: Courtesy H&A associati.

Numeri
104 camere, oltre 3.000 mq di spazi comuni interni, 5.000 mq di spazi comuni esterni, cortili, terrazze, 2.000 mq di terrazze di pertinenza delle singole camere. 12 corpi di fabbrica esistenti, 1 edificio realizzato ex-novo adiacente alla torre-faro.

Foto: Courtesy H&A associati.

12 corpi di fabbrica
L’ex fornace si caratterizzava dunque per la presenza di dodici corpi di fabbrica distinti e separati, dislocati in un’area di 12.000 mq. La sequenza dei corpi è legata alla produzione del Vetro, eseguita per passaggi successivi e consequenziali.
Lo stato di conservazione generale era piuttosto precario, alcuni corpi erano crollati. Fra tutti spiccava il fabbricato principale della ex-fornace, dalla forma tipicamente industriale, con murature perimetrali in laterizio intonacato esternamente e copertura curvilinea in calcestruzzo armato, affiancato dalla ciminiera in mattoni.
L’estensione dell’area, la diversità volumetrica e di aspetto dei Corpi, la loro distribuzione con diversi orientamenti, conferivano alla Fabbrica l’aspetto di borgo con un luogo d’incontro principale e percorsi di collegamento fra le varie costruzioni.
Il progetto ha voluto mantenere questa particolare dimensione, facendo del nuovo hotel una sorta di albergo diffuso unito da calli, corti e campielli.

Pianta del piano terra.

Da fabbrica del fare a fabbrica dell’ospitare
Il progetto è sviluppato sulla valorizzazione dell’insediamento industriale, degli spazi ampi e connessi, delle strutture a vista, dei materiali tipici e crudi di un luogo destinato alla produzione industriale, a partire proprio dai Corpi ben distinti fra loro, per dimensioni, forma, caratteri costruttivi e funzione, la cui diversità è stata assunta come elemento caratterizzante del complesso.
Assecondando la particolare atmosfera che la fornace possedeva, la cura che ha maggiormente distinto il progetto è stata l’attenzione alle caratteristiche strutturali, ai materiali, alle finiture in cui si è voluto fosse riconoscibile la matrice pragmatica, funzionale dell’intervento.
A strutture in cemento e in laterizio a vista, putrelle in acciaio esposte, intonaci grezzi, serramenti in acciaio, si sono giustapposti elementi in grado di conferire un senso di accoglienza e comodità senza però cercare contrapposizioni o contrasti, ma piuttosto favorendo un dialogo fra vecchio e nuovo, industriale e residenziale, seriale e unico.

Foto: Daniele Domenicali.

Sostenibilità
Il recupero di questo vasto complesso va considerato in una prospettiva di sostenibilità urbana ed edilizia: la riqualificazione e la valorizzazione del patrimonio edilizio esistente rientra in una logica di risparmio del suolo, di recupero dei materiali da costruzione, secondo i princìpi dell’economia circolare. E la qualità architettonica che si è inteso perseguire lo pone come un intervento di upcycling e non di semplice riciclo. Una nuova vita.

Foto: Daniele Domenicali.

Interni
La multidisciplinarità che ha caratterizzato l’intero intervento ha coinvolto appieno anche l’architettura d’interni.
Il dialogo fra il carattere industriale della costruzione originaria e l’esigenza di comfort e accoglienza della nuova destinazione, è divenuto anche nel progetto degli interni il filo conduttore. L’attenzione ai segni e alle tracce lasciate dal tempo sui materiali e all’unicità della tradizione artigiana locale sono stati ispirazione parimenti per strutture, architettura ed interior.
Ogni luogo – l’ingresso, gli spazi comuni, quelli di distribuzione, le stanze – è stato trasformato in un episodio di un racconto che ha come protagonisti materiali industriali, grezzi e rudi, ma anche finiture curate ed oggetti appositamente disegnati, leggeri ed eleganti.

Foto: Daniele Domenicali.

Al mondo industriale appartengono i pavimenti in getto di cemento levigato del piano terra, i serramenti in profili metallici grigio scuro opaco con la caratteristica suddivisione a riquadri, i frammenti di muratura e intonaco preesistenti, lasciati a vista. Così anche l’intonaco materico scelto per le zone comuni.
Il loro carattere funzionale, standardizzato, contrasta anche con il “tappeto” a mosaico che accoglie nella hall d’ingresso: la tradizione del terrazzo alla veneziana, con i frammenti di marmo inseriti nell’impasto un tempo di calce, oggi di cemento, è coniugata con quella del mosaico vetroso in un omaggio ad uno dei maggiori architetti veneziani e grande interprete della tradizione vetraria muranese, Carlo Scarpa.

Foto: Daniele Domenicali.

Richiamano il mondo industriale anche la famiglia di sedute disegnate per questo hotel, che abbinano essenziali strutture in tubolare d’acciaio con i raffinati tessuti di una casa storica di alta produzione tessile veneziana, Rubelli.
L’illuminazione degli spazi è affidata alla maestria di Artemide che assieme allo studio H&A ha studiato la luce dell’hotel. I corpi luminosi di normale produzione sono stati abbinati a due famiglie di lampade realizzate su disegno: Livia e Maria. Livia è una “torcia” in acciaio crudo ed ottone con un diffusore in vetro trasparente, usata come sospensione e da parete. Maria invece è la riproposizione della figura ancestrale della lampada con uno stelo in ottone che sorregge un diffusore a campana, in ferro crudo e vetro artigianale rosso.
Vi sono anche due grandi sculture luminose che si estendono sul soffitto della hall e del lounge, in omaggio alla laguna e alla sua acqua in continuo movimento, con i suoi riflessi e le vibrazioni. Realizzate dalla De Majo, queste vele luminose conferiscono agli spazi essenziali e scabri, una elevata densità poetica.

Foto: Courtesy H&A associati.

Anche nelle camere, ognuna diversa dall’altra per forma e dimensione, essendo ricavate da spazi esistenti o vincolate a elementi strutturali e architettonici dati, prosegue il confronto fra il contesto e la funzione. La tessitura muraria irregolare delle pareti in mattoni a vista è accentuata dalla luce radente che scende dall’alto e dalla nitidezza degli arredi imbottiti. Nei bagni, il disegno originale di un lampadario muranese degli anni 50, proveniente dall’archivio de Majo, a grandezza naturale, si prende la scena. Mentre le porte delle stanze richiamano ancora i materiali più crudi, acciaio e ottone, riproponendo ancora una volta il contrasto tra questi materiali legati al mondo industriale e quegli oggetti leggeri e raffinati che sono i vetri di Murano.

Piero Giovannini
Partner & Founder H&A associati
Venezia, novembre 2021

Foto: Courtesy H&A associati.