La settima edizione della manifestazione internazionale Madrid Design Festival, che si svolge in maniera diffusa nella città dall’8 febbraio al 31 marzo 2024, riconferma la capitale spagnola come luogo d’eccellenza per la diffusione del design come strumento in grado di dialogare con una molteplicità di discipline che spaziano dall’artigianato all’arte, dalla moda alla musica, dai temi sociali allo spopolamento delle campagne. Il festival è sviluppato e promosso da La Fábrica, con la direzione di Álvaro Matías, sempre attento nell’intuire e selezionare contenuti originali e di qualità. La sede principale del festival è il Fernán Gómez. Centro Cultural de la Villa, edificio ipogeo con funzione teatrale ed espositiva dove sono allestite tre grandi mostre.
Miguel Milá. Diseñador (pre)industrial. Vista di una delle sezioni della mostra ©MDF 2024.
La prima, Miguel Milá. Diseñador (pre)industrial, a cura di Claudia Oliva e Gonzalo Milá – figlio del grande designer spagnolo – restituisce il valore dell’opera di Milá attraverso un racconto personale e culturale che ha il suo nucleo più rilevante nei progetti realizzati tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta. Una retrospettiva inedita, che mette in relazione gli eventi della sua vita famigliare e artistica – lo zio commissionò a Antoni Gaudí la celebre casa Milà di Barcellona – a più di 200 pezzi originali, disegni di progetto e prototipi esposti nell’allestimento di Iñaki Baquero con il progetto grafico di Marta Llinás.
Con più di settant’anni dedicati alla professione, Miguel Milá è una vera e propria icona del design spagnolo: nel 1987 è stato insignito del Premio Nacional de Diseño, nel 2008 del Compasso d’Oro Internazionale alla carriera e infine della prestigiosa Medaglia al Merito delle Belle Arti. Il suo lavoro si connota per l’eleganza, per la capacità di conoscere a fondo la natura dei materiali utilizzati, per la funzionalità rigorosa guidata dalla convinzione che “il design che non serve stanca e, soprattutto, finisce per essere brutto”.
La mostra esplora gli aspetti decisivi del suo approccio al design, in cui l’esperienza artigianale è sempre stata da una parte fonte di ispirazione e dall’altra slancio verso la semplicità. Ne sono testimonianza, tra le altre, la lampada da terra Previa (1957) – raffinatissima nei dettagli costruttivi in acciaio e legno di noce – e quella da tavolo Cesta (1962), in vetro e legno di ciliegio, oggetto senza tempo oggi ancora prodotto da Santa & Cole. Ma altrettanto immediato è il passaggio dal confort domestico a quello urbano, con una lunga sequenza di sedute da esterno progettate dagli anni Novanta sino a oggi e visibili negli spazi aperti di molte città spagnole ed europee.
La seconda esposizione si intitola Sillas: Iconos del diseño moderno. Colección Alexander von Vegesack ed è a cura di Guillermo Gil Fernández e Pablo Sevilla, coordinatori della ricerca e della comunicazione presso Domaine de Boisbuchet, centro internazionale di ricerca e comunità sperimentale di progettazione fondato a Lessac, in Francia, dallo storico dell’arte e collezionista Alexander von Vegesack. In mostra sono esposti oltre settanta pezzi, dalla celebre Sedia numero 14 del viennese Michael Thonet (1859-1860) – composta da sei pezzi leggerissimi, facilmente assemblabili e trasportabili – alla Red Blue di Gerrit Thomas Rietveld (1927), icona di De Stijl e correlativo oggettivo tridimensionale dell’arte astratta di Mondrian, passando per la Willow di Charles Rennie Mackintosh (1903) e la Wassily di Marcel Breuer (1925).
Un nucleo della collezione è destinato alle sedie Bauhaus, mentre un’altra sezione dell’esposizione è interamente dedicata al tema della macchina per abitare, con l’avvento dell’acciaio tubolare nelle sedute di Mies van der Rohe, Charlotte Perriand, André Lurçat. Non mancano le sedie organiche di Charles Eames e Eero Saarinen (1940-41), che insieme a The Ant di Arne Jacobsen (1952, prodotta da Fritz Hansen in Danimarca) e alla Diamond no. 422 di Harry Bertoia (1950-52, prodotta da Knoll negli Stati Uniti) rappresentano al meglio il connubio tra la ricercatezza delle forme moderne e la tecnica derivante dalla produzione industriale.
Infine, un’incursione nella postmodernità – con la sedia Cubista di Alessandro Mendini (1991) e con altri oggetti di Ettore Sotsass e Philippe Starck – e nel nuovo millennio, con la sedia in fibra di carbonio di Shigeru Ban (2009) e la Bone Chair di Joris Laarman (2006), dalle forme dichiaratamente osteologiche. Ripercorrendo attraverso la sedia la storia dell’innovazione nei materiali e nell’industria – nonché i profondi cambiamenti nella cultura e nel gusto – la mostra ci spinge a riflettere su come un oggetto di uso comune possa divenire un testimone silenzioso dello sviluppo della civiltà umana.
Sillas: Iconos del diseño moderno. La sedia Thonet (1860) ©Stefano Suriano.
Sillas: Iconos del diseño moderno. La galleria delle sedute storiche. Da destra a sinistra, sedia Boppard, Michael Thonet (1836-40), sedia no. 255, Adolf Loos (1898-99), sedia per le sale da the Willow, Charles Rennie Mackintosh (1903), sedia no. 670 Sitzmaschine, Josef Hoffmann (1905), sedia Red Blue, Gerrit Thomas Rietveld (1927). ©Stefano Suriano.
La terza mostra allestita negli spazi del Fernán Gómez è la collettiva Castilla-La Mancha Diseña – volver a la esencia, curata da Tomás Aliá di Estudio Caramba, che come progetto ospite del Madrid Design Festival presenta una selezione di pezzi di design – ceramiche, vetri, porcellane, argille refrattarie – espressione tradizionale e di avanguardia dell’artigianato contemporaneo di questa comunità autonoma spagnola. Qui la ricerca di nuovi materiali e nuove soluzioni artistiche si innesta in tecniche secolari, in rituali legati alle identità locali, dove il vitalismo estetico cancella ogni confine tra le discipline artistiche.
Castilla-La Mancha Diseña – volver a la esencia. Argilla e terracotta per il design contemporaneo ©Stefano Suriano.
Raffinata e colta l’esposizione El hechizo de no saber. Arte textil, che presenta nella galleria Tiempos Modernos le straordinarie opere tessili di Amparo de la Sota, artista poliedrica nipote di Alejandro de la Sota – uno dei più grandi architetti spagnoli del XX secolo – e figlia di del pittore Jesús de la Sota. Le sue opere sono piccole composizioni ottenute con pezzi di lino e fili per la tessitura in cui il disegno, le forme, le geometrie astratte e ripetitive si innestano sulla materia dando vita a un sistema di linee che evocano la continuità e l’uniformità dei testi scritti. I tessuti di base sono spesso lenzuola e tovaglie antiche, spesso ereditate dai corredi di famiglia.
“Questi tessuti” – afferma Amparo de la Sota – “sono enormemente suggestivi e stimolanti, attraverso di loro mi sento parte di una tradizione ancestrale. È come se mi connettessi nel tempo alle donne che mi hanno preceduto e per le quali i tessuti sono sempre stati la loro forma di espressione”.
El hechizo de no saber. Arte textil. Tessiture su lino di Amparo de la Sota ©Stefano Suriano.
Nel padiglione Central de diseño del Matadero Madrid – grande complesso architettonico dell’ex mattatoio della città, ora centro per l’arte contemporanea – è ospitata la collettiva Identidad y territorio – From Spain With Design. Organizzata dalla rete spagnola delle Associazioni di Design (READ) con la collaborazione dell’Associazione dei Designer di Madrid (DIMAD) e il patrocinio di UDIT (Universidad de Diseño, Innovación y Tecnología), la mostra espone una selezione di opere di professionisti provenienti da diverse comunità legate tra loro dal tema della creazione di un’identità a partire dal contesto.
Al Palacio Santa Bárbara è allestita Collaboratio di Mazda & SACo, un’esperienza attraverso l’alto artigianato contemporaneo nell’ottica dell’innovazione e dello scambio di conoscenze che conducono a pratiche collaborative. Collaborazione tra design e artigianato a cui si ispirano le straordinarie opere dell’artista giapponese Kuniko Maeda: i suoi fiori – sculture di carta irrigidita con polpa di cachi e tagliata a laser – assumono le sembianze di tessuti immateriali, di ricami impalpabili, diafani, quasi spirituali.
Collaboratio. Una scultura di carta di Kuniko Maeda ©Kuniko Maeda.
All’interno dell’ILE (Institución Libre de Enseñanza) – singolare edificio contemporaneo con facciate a gabbia metallica in cui ha sede la Fundación Giner de los Ríos – si susseguono numerosi allestimenti del format Fiesta Design che affrontano i diversi aspetti del design come ricerca di soluzioni ai problemi presenti e futuri della società.
Tra le altre, la mostra Designing Repopulation di Andreu Carulla è una raffinata riflessione sullo spopolamento in Spagna e un incentivo a generare consapevolezza sui temi sociali che riguardano le piccole comunità. Il designer catalano ha pensato di trasferirsi in un piccolo paesino spagnolo in cui usando strumenti acquistati online si ingegna a creare oggetti per preservare e promuovere il patrimonio artigianale locale. Ne deriva la progettazione di eleganti prodotti dal fascino senza tempo.
La mostra Signus – the other life of tires progettata dal designer italiano Gianluca Pugliese è invece centrata sul tema del recupero e del riciclo degli pneumatici una volta giunti alla fine del loro ciclo di vita. La gomma riciclata trova sorprendentemente dei potenziali utilizzi nel campo della moda e della decorazione. Curioso l’uso della gomma come involucro tecnico-estetico per un sistema di casse acustiche esposte nell’allestimento.
L’installazione Design Meets industry di Actiu & Ramón Esteve dimostra come design e industria possano far parte del medesimo processo creativo e collaborativo. Il prodotto – denominato Meetia – è una sorta di elemento continuo e progressivo in tubolari metallici in cui ogni linea racconta una storia di leggerezza e innovazione.
Sincronicities: El autómata en la habitación propone in piccoli disegni in bianco e nero il mondo immaginifico di Javier Guijarro Fayard, in cui lo spazio domestico nella sua totale frammentarietà diviene estensione della personalità chi lo abita.
Tra gli incontri che si sono susseguiti durante Fiesta Design, 100 años de la Arquitectura al Diseño è stato un viaggio storico della prestigiosa azienda italiana Olivari nell’evoluzione della maniglia, dagli anni Trenta ad oggi, come sfida di progetto di un prodotto “solo apparentemente semplice” ma capace di assumere una singolare carica poetica.
Design Meets industry. La sequenza allestitiva Meetia ©Luis Garcia Craus.
Numerosi gli showroom diffusi all’interno della città che hanno partecipato attivamente e con la presentazione di nuove collezioni al Festival: Gandía Blasco, Andreu World, Roca Madrid Gallery, Gancedo, Cosentino City Madrid, Natuzzi.
Sul muro verde del CaixaForum è stata presentata Nexos, dello studio di visual art MIL 111, un’opera audiovisiva che racconta in maniera originale la ricerca condotta dal premio Nobel spagnolo Santiago Ramón y Cajal. Il progetto mostra come i contributi che originano dalle neuroscienze possano lasciare il segno in altre discipline scientifiche come l’astrofisica e la fisica quantistica, evidenziando le connessioni tra la mente umana e l’universo.
Design Meets industry. Il gruppo stampa nello showroom di Andreu World ©Andreu World.
Tra gli studi di architettura e design aperti a Madrid durante il Festival, due in particolare si distinguono per la loro recente attività creativa: negli spazi di MIL Studios sono ospitati da una parte le postazioni di lavoro e dall’altra uno spazio espositivo per testare i prototipi realizzati dall’atelier. Una vera e propria officina dove la qualità dello spazio ex-industriale è connotata e impreziosita dai progetti esposti. In un ex garage adibito alla riparazione delle moto, invece, Lucas Muñoz Muñoz progetta oggetti domestici e fuori dagli schemi con materiali di riciclo esplorando i concetti di funzionalità e materialità nei loro aspetti più concreti.
Interessantissimi l’attività e gli spazi di lavoro dello storico studio tipografico GRA GRA di Madrid, che si è occupato di realizzare le locandine e i materiali pubblicitari cartacei per il festival.
Lo spazio ex industriale di MIL Studios ©Stefano Suriano.
Il Madrid Design Festival 2024 è anche l’occasione per visitare luoghi in cui il progetto di architettura e di design può essere vissuto e sperimentato, come nel caso del ristorante TRAMO, disegnato dallo studio SelgasCano e Andreu Carulla. Ricavato all’interno di un’ex autorimessa degli anni Cinquanta – con un tipico sistema costruttivo della copertura in travi sagomate in cemento armato e tiranti in acciaio – il ristorante fa propri i più aggiornati criteri di sostenibilità ambientale: il locale è riscaldato e raffreddato con un sistema di pozzi provenzali, che crea un clima naturale, ed è energicamente autosufficiente quasi al 100%. Le sedute continue sono formate da semplici tavelloni e forati in laterizio incastrati a mensola e tutti gli elementi d’arredo sono stati realizzati con il criterio della produzione a chilometro zero. Persino i piatti sono stati realizzati con l’argilla risultante dagli scavi del cantiere. I medesimi criteri sono osservati nella scelta e nella preparazione dei cibi, con un’organizzazione e un menu di altissimo livello.
TRAMO è la seconda iniziativa di Proyectos Conscientes, una società fondata da Felipe Turell e Javier Antequera che nel 2020 aveva aperto a Madrid il ristorante Mo de Movimiento, spazio raffinato all’insegna dell’ecologia e del consumo responsabile.
TRAMO. Vista generale del ristorante ©Juan Baraja.
A corollario degli eventi legati al festival, nell’auditorium della Fundación Giner de los Ríos gli MDF Awards 2024 sono stati assegnati agli olandesi Piet Hein Eek – per il suo design sostenibile e consapevole – e Frederick Pesch per Irma Boom Office, con un intervento che ben ha rappresentato l’impegno costante con cui lo studio trasforma i libri in opere d’arte.
Gonzalo Milá ha ricevuto il premio alla carriera per conto del padre Miguel Milá, che ha inviato al pubblico un video-messaggio in cui ha dichiarato la sua sincera felicità per questo riconoscimento.
MINI, uno dei principali sponsor del Madrid Design Festival, ha istituito il MINI Design Award, un premio allo spirito creativo dei designer che orientano il loro lavoro verso il miglioramento della vita nelle città. Tra più di 70 progetti presentati, i premi sono andati alla Reggio School di Andrés Jaque / Office for Political Innovation per la categoria dei professionisti e al progetto urbano-climatico FAR-VE di Àngela Maria Amengual Roselló per la categoria dei nuovi talenti.
MDF 2024. I premiati: (da sinistra) Piet Hein Eek, Frederik Pesch (Irma Boom Office), i premi MINI Design Award, Andrés Jaque e Àngela Maria Amengual Roselló, Gonzalo Milá in rappresentanza di Miguel Milá e il direttore del festival Álvaro Matías. ©MDF 2024.