“Queste costruzioni albergano l’uomo. Egli le abita, e tuttavia non abita in esse, se per abitare un posto si intende solo l’avervi il proprio alloggio”, Martin Heidegger

L’Istituto Italiano di Cultura aveva bisogno di una Casa.
L’intervento su una villa degli anni ’70 è l’oggetto di progetto tra la parte resistente, Sénégal, e la nuova parte presente, Italia.
Far “abitare” in uno spazio due culture lontane. Una nuova famiglia, una nuova Casa in cui tutto deve “vivere”. Il risultato è un’architettura che traduce l’incontro della cultura senegalese con quella italiana.

Foto: Andrea Ceriani. (cliccare sull’immagine per consultare la galleria fotografica)

La villa, con una superficie di 490 mq, viene trasformata in un insieme di classi per l’insegnamento della lingua italiana e spazi per proiezioni di film e mostre.
L’intervento sull’esterno della costruzione prevede la realizzazione di due nuovi “portici”.
Il portico è un elemento tipico dell’architettura italiana che in questo caso viene abitato da forme geometriche locali. Il legno frakè è utilizzato e intrecciato in maniera artigianale: ogni pezzo è unico, un omaggio all’intraprendenza della mano rispetto alla tecnologia.

Foto: Andrea Ceriani. (cliccare sull’immagine per consultare la galleria fotografica)

La pergola sull’entrata oltre a proteggere e rendere sicuro l’ingresso si caratterizza per uno sporto che fuoriesce verso il marciapiede. Questo segno serve a segnalare al visitatore l’entrata dell’istituto e anticipare le forme che caratterizzaranno la villa.
Il portico sul giardino è la richiesta dell’Istituto di avere un grande spazio per l’organizzazione di eventi, presentazioni, vernissage. Un palco sullo spazio verde che funge da filtro sia fisico che visuale tra la sala interna, utilizzata per proiezioni, e il giardino, illuminato dal sole africano. La pergola proietta le sue forme geometriche sui muri e al suolo creando nuove trame a seconda dell’orario.

Foto: Andrea Ceriani. (cliccare sull’immagine per consultare la galleria fotografica)

Le facciate della villa sono un altro elemento di studio. L’ispirazione è nata facendo coesistere i famosi tessuti di Missoni con i colori tipici del Senegal.
I rombi rivestono l’istituto come un abito dando una connotazione fortemente culturale ad una villa a vocazione residenziale.
Il loro disegno è avvenuto con riga e scotch, tracciando alla mano sul muro le forme geometriche e poi pitturando passo dopo passo le bande. Ancora una volta la manualità e l’artigianalità del lavoro. Come un sarto che cuce su misura l’abito per e la villa.

Assonometria. (cliccare sull’immagine per consultare la galleria fotografica)

I rombi coprono tutta la facciata e superano il muro di cinta per permettere dalla strada di apprezzare i colori e le forme, invogliando il quartiere a esplorare l’Istituto, ad abitarlo.
Negli interni ritroviamo, come nell’ufficio della direzione, i rombi colorati, creando una continuità dialettica tra interno ed esterno. Un fil rouge che tiene insieme tutto il progetto dell’Istituto.
Il cantiere, della durata di tre mesi, ha permesso di lavorare con materiali locali. Ricercando una sorta di architettura colta africana senza nessuna interferenza con materiali d’importazione.
Il risultato è stato la fine dei lavori in tempo per l’inaugurazione dell’Istituto alla presenza del viceministro degli affari esteri, in missione a Dakar, con le autorità locali, simboleggiando ancora di più come un Istituto di cultura abbia il compito di fare abitare in Senegal una parte d’Italia e viceversa.

Foto: Andrea Ceriani. (cliccare sull’immagine per consultare la galleria fotografica)

Italian Cultural Institute of Dakar, Dakar, Senegal

“These buildings dwell the man. He dwells there, and however he doesn’t live in them, if to live a place is meant only to have his own house”, Martin Heidegger

The Italian Cultural Institute needed a Home.
The intervention on a villa of the 1970s is the object of project between the resistant part, Senegal, and the new present part, Italy.
Let’s “dwell” two distant cultures in a space. Like a new family, a new home in which everything must “live”. Here is the meaning of “dwell”: to coexist, to accept that a part of Senegal is affected by Italy and a part of Italy is affected by Senegal.
The facades are a texture woven by the zigzags of Missoni and the typical colors of Senegal clothes.
The hand-drawn rhombus with pencil and scotch is a clear memory to that handicraft of Italian and Senegalese tailors.
The entrance and garden porch, typical example of Italian architecture, is inhabited by local geometric shapes.
The wood used in an artisanal way, each piece is unique and nailed to the structure seamlessly, it is a tribute to the resourcefulness of the hand compared to technology.
The colors overtake the house until they invade the neighborhood showing the – true – culture of the institute: to dwell!

Photo: Andrea Ceriani. (click on the image to view the photo gallery)

Institut culturel italien, Dakar, Sénégal

“Ces bâtiments sont la maison de l’homme. Il y habite, et pourtant il n’y habite pas en eux, si habiter un lieu n’est compris que avoir son propre logement”, Martin Heidegger

L’Institut culturel italien, avait besoin d’un Foyer.
L’intervention sur une villa des années ’70 fait l’objet d’un projet entre la partie résistante, le Sénégal, et la nouvelle partie présente, l’Italie.
Faire “habiter” deux cultures lointaines dans un espace. Comme une nouvelle famille, une nouvelle maison dans laquelle tout doit “vivre”. Voici le sens de “habiter”: coexister, accepter qu’une partie du Sénégal soit affectée par l’Italie et une partie de l’Italie par le Sénégal.
Les façades sont un tissage tissé avec les zigzags de Missoni et les couleurs typiques des vêtements du Sénégal.
Les losanges dessinés à la main avec crayon et scotch sont un souvenir de cette manualité typique des tailleurs italiens et sénégalais.
Le porche d’entrée et le jardin, exemple typique de l’architecture italienne, est habité par des formes géométriques locales.
Le bois utilisé de manière artisanale, chaque pièce est unique et cloué à la structure sans soudure, c’est un hommage à l’entreprise de la main par rapport à la technologie.
Ainsi, les couleurs dépassent la maison jusqu’à ce qu’ils envahissent le quartier montrant la culture, vrai, de l’institut: habiter!

Photo: Andrea Ceriani. (cliquez sur l’image pour voir la photo galerie)