Dai prodromi dei primi del ’900, passando per la vera e propria rivoluzione tra le due guerre e proseguendo oltre, la storia dell’architettura moderna è nota a tutti, ben documentata, studiata, compresa e analizzata. Se questo è vero per la storia del mondo occidentale, un discorso diverso deve esser necessariamente condotto per le culture orientali e, nello specifico, per il Giappone. Il volume di Giusi Ciotoli e Marco Falsetti propone una intelligente e originale (ri)lettura della figura del Maestro Kenzō Tange, partendo dal presupposto che la comprensione del suo lavoro non possa prescindere dalla comprensione – o quanto meno da un primo approccio – della cultura giapponese del tempo; e non è un caso se incessantemente ritorna tra le righe il confronto tra essa e le culture occidentali, europea e statunitense, che sono state invece spesso considerate le (sole) protagoniste della rivoluzione della modernità in architettura.

La proposta vincitrice di Tange per il Monumento alla Sfera di Co-prosperità della Grande Asia Orientale, 1942. Prospettiva aerea. Fonte: “Kenchiku zasshi 56”, n. 693, dicembre 1942. Courtesy of Tange Associates.

Questo studio vuole essere, come indicano gli autori, un contributo alla ricerca sulla figura di Tange, ma anche e soprattutto vuole porre di nuovo l’attenzione sul Maestro, sulla sua produzione e sul lascito teorico, sull’influenza che ha avuto nel definire, letteralmente, un’idea di “moderno”.
Nell’affrontare, quindi, il complesso tema della “modernità”, l’occhio attento di Ciotoli e Falsetti indaga la storia del Maestro, dedicando questo primo volume al periodo che va dagli anni ’40 agli anni ’70. Si tratta di due limiti temporali che segnano fortemente l’attività di Tange e, considerando il legame dell’architetto con la cultura in cui opera, combaciano con una serie di eventi che danno forma alla stessa storia del Giappone, passando per la ricostruzione del dopoguerra sino all’Expo di Osaka del ’70, che “rappresenta infatti la definitiva consacrazione dell’insegnamento tanghiano e del suo ruolo guida dall’interno dell’architettura contemporanea”1.

WoDeCo World Design Conference in Japan 1960. Poster, 1959-60.

Il volume analizza i decenni 1940/1960 (a cura di M. Falsetti) e 1960/1970 (a cura di G. Ciotoli) in due parti, con una struttura sequenziale che racconta il Maestro immerso nella sua cultura e nella storia di quegli anni, con le sue esperienze lavorative, progettuali, gli incontri con gli altri Maestri asiatici e dell’occidente, per poi giungere all’analisi, puntuale e corredata di immagini fotografiche e ridisegni degli autori, di sei opere di Tange. Opere che, oltre alla fortuna critica a livello internazionale, esprimono al meglio l’evoluzione del pensiero tanghiano e l’influsso culturale che hanno avuto sia in occidente che in oriente.

Prospettiva del Centro per la Pace, in primo piano è visibile la Fiamma della Pace. Foto di Marco Falsetti, 2013.

Nella prima parte, è di assoluto interesse il racconto della storia del Giappone tra fine ’800 e i primi del ’900, fondamentale per comprendere il contesto storico in cui ha vissuto il Maestro e di cui si ricordano in genere gli avvenimenti sociali ed economici, ma del quale l’autore, Falsetti, ha voluto mettere in evidenza in primis il portato culturale derivante, anche, dal contatto della società giapponese della restaurazione Meiji con quelle occidentali, e l’evoluzione della prima, che non si è, come banalmente si crede, appropriata semplicemente dei costumi occidentali, ma, tutt’altro, li ha riletti e reinterpretati alla luce delle peculiarità della propria cultura. Questo passaggio resta fondamentale e permea l’intero volume, anche quando, appunto, sottolinea la capacità di rilettura critica del Maestro nei confronti dell’architettura del Movimento Moderno. Emerge così la necessità del popolo giapponese di ritrovare e riaffermare, anche agli occhi del mondo, la propria specifica identità. È una domanda che emerge dal confronto, che investe il mondo dell’arte e dell’architettura, della tecnologia e di tutti i campi del sapere, tra la tradizione e il modernismo di stampo occidentale-statunitense. A questa istanza saprà rispondere Kenzō Tange, ponte tra i due mondi (si pensi alle sue esperienze al MIT col Tange-Lab, tra l’altro ben raccontate e documentate con dovizia di particolari in questo volume), con la rilettura degli elementi della tradizione giapponese (architettonica, sicuramente, ma ricordiamo che l’architettura del popolo giapponese è da sempre intimamente connessa con i costumi sociali, con le antiche tradizioni e, soprattutto, con una vera e propria “filosofia”) e la loro ri-semantizzazione e trasposizione in un’idea di moderno e, possiamo dire, contemporaneo, che fonda le proprie radici nella cultura più profonda del Giappone. Il modo in cui Falsetti tratta questi temi ricorda al lettore che, come già si diceva, per comprendere l’architettura di Tange e l’influenza che essa ha avuto sull’architettura contemporanea è necessario andare oltre la semplice analisi degli stili e delle scelte formali, alla ricerca, invece, di quegli elementi che il Maestro ha saputo introiettare e, dunque, rivoluzionare.

Prospetto principale dell’edificio amministrativo della Prefettura di Kagawa. Ridisegno di Marco Falsetti.

Le opere proposte da Falsetti, quali il Centro per la Pace di Hiroshima, l’edificio amministrativo della Prefettura di Kagawa e il Municipio di Kurashiki (coerentemente con l’impostazione del volume, tutte riferite al periodo fino agli anni ’60) sono accomunate dall’essere architetture per quel nuovo Giappone che andava delineandosi dopo la “liberazione” dell’occupazione americana, e dunque il Maestro sente la necessità, come ricorda l’autore, di esprimere le mutate condizioni del paese. Il tema della ricostruzione post-bellica, tra l’altro, è di particolare interesse, soprattutto se si confrontano i diversi atteggiamenti culturali rispetto alla distruzione, alla perdita della materia2, termini noti al popolo giapponese, in un certo senso abituato a fenomeni naturali distruttivi, sebbene certo gli avvenimenti della seconda guerra mondiale costituiscono un caso a sé, con cui si è confrontato lo stesso Tange.

La terza proposta di Tange per il Dentsū Building a Tsukiji, Tokyo. Ridisegno di Giusi Ciotoli.

Nella seconda parte, l’autrice, Ciotoli, ci guida alla comprensione del linguaggio di Tange, alla ricerca delle radici della sua estetica che si concretizza tanto nelle forme dell’architettura costruita, tanto nei progetti non realizzati, nelle esercitazioni portate avanti come docente all’università e nei concorsi. Un’estetica che, come ricorda Olimpia Niglio nella interessante premessa al volume, “non rinuncia ai caratteri identitari e semantici della cultura tradizionale giapponese”3. Se Falsetti propone una stimolante analogia tra Louis Kahn e Kenzō Tange, e implicitamente dunque anche tra due Maestri appartenenti a mondi e culture sostanzialmente differenti, in questa seconda parte Ciotoli mette l’accento, più che sull’eredità storica, sulla matrice culturale che porta Tange a vivere l’architettura in modo appunto processuale. Ne Il tempo delle scelte si sofferma sulla necessità di inquadrare Tange rispetto al tema della “scelta”, laddove il genio del Maestro si concretizza nell’aver saputo portare la peculiare filosofia, se così può definirsi, giapponese in un tempo moderno, anzi contemporaneo. L’errore di interpretare la sua architettura mediante il filtro delle categorie estetiche occidentali è lo stesso errore che ha portato, per lungo tempo, alla convinzione che fosse una barbarie il processo di smontaggio e rimontaggio ventennale del Santuario di Ise, (il sengu). Se dietro le scelte estetiche di Tange vi è, appunto, un processo che mette in gioco, nella materia, l’intera storia e l’intera cultura giapponese, con la perpetuazione del sapere, della storia costruttiva e dei topoi, assume senso (davvero autentico) quel processo di ri-semantizzazione degli elementi architettonici, di riproposta dei topoi, di lavoro su un’“eco della memoria”4. Una ri-semantizzazione del sengu, come suggerisce Ciotoli, che si spinge fino alla scala urbana. Delle tre opere analizzate dall’autrice vi sono infatti due piani urbanistici, tra le maggiori opere del Maestro, il Piano per Tokyo e il Piano di Tsukiji, con la volontà anche di dimostrare, oltre l’innovazione e il portato culturale evidenti, la capacità “trans-scalare” di indagine di Tange, che parte dall’architettura, arriva alla città, si estende e, contemporaneamente, ritorna al dettaglio del pattern di un grattacielo (tema ben conosciuto dall’autrice che si occupa, tra l’altro, dell’evoluzione di questo tipo architettonico). La terza, il Centro delle Comunicazioni Yamanashi, è già un’opera-segno, un manifesto, e al contempo il segno di un prossimo passaggio.

Uno dei prospetti del Centro delle Comunicazioni Yamanashi. Foto di Olimpia Niglio, 2016.

I temi trattati nel volume, uscito in occasione del sessantennale del CIAM di Otterlo e della WoDeCo, e che si occupa dei primi anni del lavoro di Tange sino alla sua consacrazione a livello internazionale, sono molti, argomentati ed analizzati con dovizia di particolari e competenza, ma soprattutto con la conoscenza del mondo giapponese necessaria, a sua volta, a far comprendere il perché delle scelte del Maestro e del perché si possa, a pieno titolo, parlare di una rivoluzione formale, dell’architettura giapponese del tempo e di tutta l’architettura moderna. Il testo si chiude infine con alcune fotografie pubblicate per la prima volta in Italia, scattate da Tange, che, insieme alla ricca ed illuminante nota biografica dell’architetto, contribuiscono a delinearne in modo esauriente la complessa figura, la sua concezione di architettura, lontana dalle definizioni cui è stato costretto dalla critica negli ultimi anni, e, soprattutto, a colmare, con una ricerca puntuale ed organica, la lacuna sui primi anni di attività del Maestro. L’esauriente bibliografia ragionata, infine, completa questo innovativo e affascinante lavoro di Ciotoli e Falsetti, la cui competenza porta, attraverso i diversi capitoli, a risultati estremamente rilevanti nella ricerca sull’architettura moderna e sul Maestro Kenzō Tange.

Note
1. G. Ciotoli, M. Falsetti, Kenzō Tange. Gli anni della rivoluzione formale 1940/1970, FrancoAngeli, Milano 2021.
2. Per un confronto sul diverso modo di intendere e reagire alla rovina e al rudere in Europa, si veda il volume G. de Martino, Rovine e ruderi: conservazione e progetto, Gangemi Editore, Roma 2017.
3. Cfr. O. Niglio, Kenzō Tange. Un architetto “oltre misura”, premessa al volume.
4. Cfr. G. Ciotoli, nel racconto del modus operandi del sengu, in accostamento col metodo di Tange.