Il VII CIAM – Congrès Internationaux d’Architecture Moderne, tenutosi a Bergamo nel 1949, viene ricordato, oltre che per essere l’unico organizzato in Italia, per essere il congresso della “Griglia” (Grille) ed è su questo tema che mi soffermerò qui di seguito.
Nelle premesse preparatorie, elaborate e discusse durante il VI congresso di Bridgewater del 1947 e nei due anni successivi, la Griglia deve rispondere a obiettivi importanti:
− consentire al pubblico di comprendere le soluzioni proposte dai progetti urbanistici;
− offrire agli specialisti dei mezzi di apprezzamento immediato dei temi;
− mettere le autorità in condizione di capire i progetti;
− proporre ai professionisti un metodo di lavoro che consentisse di abbracciare la pluralità delle questioni in gioco.
Quello di cui si avverte la necessità è innanzitutto un metodo per organizzare la comunicazione dei progetti, dando forma a un nuovo “esperanto” che renda possibile, in un contesto internazionale sempre più allargato come quello dei CIAM del secondo dopoguerra, il superamento della frammentazione ed eterogeneità degli idiomi locali e delle espressioni individuali.
La ricerca di un metodo comunicativo chiaro ed efficace si accompagna alla ricerca per fare emergere i contenuti di una disciplina che deve fornire risposte utili nei processi di ri-costruzione dei territori abitati: la Griglia è quindi, contemporaneamente, la messa a punto del come comunicare e del cosa comunicare, strumento di verifica e di guida del progetto urbano nei suoi vari aspetti – analisi, lettura, sintesi, rappresentazione. Dietro il tema della Griglia sta quindi lo sforzo enorme di rifondazione complessiva del pensiero sulla città, della sua sintassi, dei suoi codici e delle sue convenzioni.

Nel CIAM di Bergamo viene utilizzata la Griglia elaborata dall’Ascoral (associazione di costruttori francese) sotto la guida di Le Corbusier: si tratta di un tracciato cartesiano suddiviso in righe e colonne entro il quale inserire la descrizione dei progetti.
Le righe orizzontali riprendono le 4 funzioni della città definite nella Carta d’Atene del 1933 e cioè: abitare, lavorare, coltivare la mente e il corpo, circolare, mentre la quinta riga lascia spazio alla possibilità di aggiungere funzioni diverse.
Nelle 12 colonne verticali trovano posto le caratteristiche che sintetizzano il contesto (naturale, geografico, demografico) e il progetto nei suoi aspetti quali/quantitativi, dimensioni di occupazione del suolo e dello spazio, servizi e attrezzature.
Seguono poi colonne che contengono temi allargati come gli aspetti finanziari e legislativi e, particolarmente interessante, è il tema “etica e estética” nel quale viene inserito “l’eventuale studio del rapporto tra antico e moderno”.
Infine, la Griglia chiede anche di indicare le “reazioni” dell’opinione pubblica al progetto, utenti e autorità, distinguendo le reazioni di carattere “razionale” da quelle di carattere “sentimentale”.
Per i progettisti l’uso della Griglia deve rispondere a un duplice obiettivo, quello di farsi capire da tutti, ma anche quello di capire più a fondo in prima persona, distillando una sintesi che sappia concentrare il senso ultimo delle soluzioni progettuali, senza lasciarsi sommergere dalle “montagne di carte e di piani che sono il nemico numero uno (…) e ci impediscono di progredire”.

A distanza di 70 anni, immersi nel pieno di una crisi ecologica che non ha precedenti, siamo in grado di cogliere la presunzione, ancora tutta positivista e antropocentrica, sulla quale si reggeva la speranza di poter controllare e misurare la realtà, inquadrandone le infinite variabili spazio/temporali entro un sistema semplificato e cartesiano. Pur proponendo la città senza storia della Carta d’Atene e del Plan Voisin, la Griglia dei CIAM è, alla nostra lettura di abitanti del terzo millennio, un prodotto molto datato della storia di quegli anni.
Seguendo Foucault, possiamo leggere la Griglia nel suo ambivalente carattere di utopia (spazio immaginario frutto del desiderio umano) ed eterotopia (controspazio reale, reificato per purificare l’insieme degli altri spazi): come tutte le eterotopie è frutto di una società e di un sistema di valori che, per molti versi, abbiamo ridefinito.

Rimane comunque forte, ponendoci domande ancora attuali e irrisolte, la consapevolezza che discipline come l’architettura e l’urbanistica esistono soltanto entro un sistema di relazioni sociali dal quale non possono prescindere, alimentandolo con i loro esiti e venendone alimentate continuamente attraverso l’ascolto e l’interpretazione dei bisogni e dei desideri che questo sistema esprime.
Al sistema delle relazioni sociali l’architettura e l’urbanistica devono rendere conto, spiegando e motivando i processi e le scelte che producono, perché riguardano, condizionandolo fortemente, l’interesse vitale delle comunità.
La comunicazione però non è soltanto una strategia di persuasione per imporre le proprie idee: è un rapporto biunivoco per individuare il senso del progetto evitando il rischio di approcci autoriferiti e sterili.
Rispetto a questi obiettivi la Griglia mantiene una forte attualità, in quest’epoca ipermediatica nella quale l’eccesso di informazione spesso alimenta confusione piuttosto che consapevolezza della complessità.
Sono completamente cambiati gli strumenti e le forme della comunicazione: la griglia CIAM, con i suoi listelli di legno e le sue scatole di imballaggio, i disegni su carta e il costo delle copie a colori ci ricorda un mondo lontanissimo.
A partire dalle tecnologie BIM e GIS, disponiamo ora di strumenti che consentono l’immagazzinamento, l’interazione e lo scambio di dati coordinati a livelli che nel 1949 non erano neppure vagamente immaginabili. La costruzione di un “esperanto” capace di connettere e organizzare la complessità dal punto di vista comunicativo e operativo è sempre più possibile.
Il problema del cosa comunicare rimane però inalterato: i nuovi strumenti non ci possono aiutare a distillare la sintesi del senso ultimo delle nostre discipline.
“Lo strumento facilita il lavoro, consente di esprimere le idee più rapidamente e con maggiore esattezza, ma non fa diventare intelligenti gli imbecilli”. Sono alcune delle parole con cui Le Corbusier introdusse i lavori del CIAM di Bergamo nel 1949 spiegando il senso della Griglia: possiamo prenderle come eredità su cui riflettere a fondo anche a distanza di 70 anni.