“Nella mia arte ho cercato di spiegare a me stesso la vita e il suo senso – Ho anche avuto l’intenzione di aiutare gli altri a comprendere la loro stessa vita”
E. Munch (quaderno di appunti datato 1930-34, N. 46, fol. 3r, Munchmuseet)
Fino al 26 gennaio 2025 sarà possibile visitare a Palazzo Reale di Milano la mostra Munch. Il grido interiore. La grande retrospettiva sul pittore norvegese, uno dei principali simbolisti del XIX secolo, è promossa da Comune di Milano – Cultura con il patrocinio del Ministero della Cultura e della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma, e prodotta da Palazzo Reale e Arthemisia, in collaborazione con il Museo MUNCH di Oslo.
La mostra, curata da Patricia G. Berman in collaborazione con Costantino D’Orazio, racconta l’universo di Munch, il suo percorso umano e la sua produzione grazie a un percorso di 100 opere che ruotano attorno al “grido interiore” dell’artista, costruito attraverso blocchi di colore uniformi e prospettive discordanti che divengono lo scenario utile a condividere con l’osservatore le sue esperienze emotive e sensoriali.
Edvard Munch. L’artista e la sua modella (1919-21), olio su tela, 128 x 152,5 cm. Foto ©Munchmuseet.
La prima sezione della mostra (Allenare l’occhio) accompagna il visitatore nella prima produzione dell’artista, formatosi in accademia e poi influenzato – grazie ai numerosi viaggi in Francia della sua gioventù – dalle tecniche dell’Impressionismo, del Neoimpressionismo e del Sintetismo. Munch presta particolare attenzione alle immagini, ai suoni, ai colori e persino alle vibrazioni percepibili nell’aria; sarà anche il suo soggiorno a Berlino a farlo avvicinare alle teorie psicologiche contemporanee e alle espressioni dell’inconscio che inizieranno a riflettersi nei suoi dipinti. In mostra opere del periodo come Autoritratto (1881-82), Malinconia (1900-1901), Laura Munch (1882 e 1900), Il circolo bohémien di Kristiania (1907).
Edvard Munch, Malinconia (1900-01), olio su tela, 110,5 x 126 cm. Foto ©Munchmuseet.
La seconda sezione (Fantasmi) mostra i dipinti dell’artista dedicati alla raffigurazione della malattia e della perdita. I suoi dipinti sono carichi dell’agonia che si prova nel guardare qualcuno morire, e della lotta con la morte che immagina i malati debbano affrontare. Le sue rappresentazioni di allucinazioni, ombre allungate dietro alle figure e rivoli di pittura che evocano l’immagine di corpi che si dissolvono, raccontano i ricordi di Munch legati al lutto della sua famiglia: durante l’infanzia perde la madre, malata di tubercolosi, malattia che porterà via all’autore la sorella durante l’adolescenza, e il padre e il fratello negli anni ’90 del XIX secolo. In questa sezione sono presenti opere come Sera. Malinconia (1891), Disperazione (1894), L’urlo (1895), Lotta contro la morte (1915) e La morte nella stanza della malata (1893).
Edvard Munch. L’Urlo (1895), litografia, 35,4 x 25,3 cm. Foto ©Munchmuseet.
La terza sezione della mostra (Quando i corpi si incontrano e si separano) affronta il tema del rapporto tra uomo e donna, attraverso la rappresentazione di immagini di desiderio erotico, risveglio sessuale e desolazione delle persone che, indipendentemente dal genere, vengono irretite dalla seduzione e rovinate dalla dissoluzione dell’amore. In mostra sono presenti opere come Bacio vicino alla finestra (1891), Coppie che si baciano nel parco (Fregio di Linde) del 1904 e Madonna (1895).
Edvard Munch. Madonna (1895/1902), litografia a colori, 60,5 x 44,3 cm. Foto ©Munchmuseet.
Con la sua amata Tulla Larsen, Munch viaggerà per la prima volta in Italia e proprio il rapporto tra l’artista e il nostro Paese è il tema della quarta sezione del percorso espositivo (Munch in Italia), che pone in evidenzia l’influenza del Rinascimento italiano nei suoi dipinti monumentali. In mostra opere come Ponte di Rialto, Venezia (1926) e La tomba di P.A. Munch a Roma (1927).
La quinta sezione (L’universo invisibile) racconta della cosmologia personale di Munch, modellata sulla base dell’idea che l’ambiente fisico e i corpi delle creature agiscano gli uni sugli altri, permettendo alle energie invisibili di interagire con il mondo visibile. Come altri intellettuali del suo tempo, l’autore segue il dibattito in merito al rapporto tra scienza, tecnologia, religione e misticismo; in mostra opere come Uomini che fanno il bagno (1913-1915), Onde (1908) e Il falciatore (1917).
La sesta sezione del percorso (Di fronte allo specchio – Autoritratto) offre al visitatore una serie di autoritratti dell’artista, che nella propria rappresentazione trova il modo di esplorare l’espressione, la postura, i piani di luce e ombra e altre caratteristiche del soggetto umano. Gli autoritratti divengono anche un veicolo di auto-invenzione ed espressione dell’identità artistica, una dimensione che Munch esplora servendosi di una eccezionale teatralità. In una litografia del 1895 l’artista si paragona ad uno spettro simbolista, come se stesse osservando il mondo da una lapide; nel 1903 con Autoritratto all’Inferno inserisce il suo corpo nudo tra le fiamme dell’Inferno; in Il viandante notturno (1923-24) si raffigura vittima dell’insonnia, mentre vaga tra le stanze della propria casa sbirciando da un lato della composizione; a settant’anni, in Autoritratto tra il letto e l’orologio (1940-43) si rappresenta come una figura instabile, con le sue mani prolifiche che penzolano inerti ai lati del corpo.
Edvard Munch, Autoritratto tra il letto e l’orologio (1940-43), olio su tela, 149,5 x 120,5 cm. Foto ©Munchmuseet.
Nella settima e ultima sezione della mostra (L’eredità di Munch) sono raccolti alcuni suoi capolavori che permettono di rileggere – attraverso precise scelte compositive – il suo immaginario disturbante, inquieto e seducente. Sono paesaggi accomunati dalla sua personale costruzione dello spazio, risolta attraverso la progettazione di una prospettiva irregolare, definita spesso da un elemento architettonico che proietta lo sguardo dell’osservatore con decisione all’interno della raffigurazione. La balaustra nel dipinto Donna sui gradini della veranda (1942), il viale nel Muro di casa al chiaro di luna (1922-1924) o la staccionata de Le ragazze sul ponte (1927) sono elementi che invitano ad entrare nella scena e partecipare con maggiore coinvolgimento all’emozione che la pervade.
Edvard Munch, Le ragazze sul ponte (1927), olio su tela, 100,5 x 90 cm. Foto Halvor Bjørngård ©Munchmuseet.