Il Bauhaus è stata una scuola di arte e design che ha operato per quattordici anni (1919-1933) in Germania durante la Repubblica di Weimar, come riferimento delle avanguardie, del razionalismo, del funzionalismo, del cosiddetto Movimento Moderno.
L’Accademia ideata da Walter Gropius, ebbe tra gli insegnanti famosi Mies van der Rohe, Kandinskij, Klee; la vita vi si svolgeva tra feste, letture, discussioni, storie d’amore, mostre, performances artistiche, musica, sport; fino all’interruzione decretata dal Nazismo e alla persecuzione dei numerosi ebrei lì presenti.
Dietro al telaio, nel laboratorio di Tessitura, a Dessau, 1928. Foto: ©Bauhaus-Archiv Berlin.
Il libro di Anty Pansera (storica e critica del design) riporta l’imponente ricerca archivistica compiuta con la consultazione di elenchi, schede del sito Bauhaus community, dell’Archivio del Land della Turingia, dello Staatliches Bauhaus Weimar. Trae spunto da un convegno di studi progettato e curato da Giovanna Cassese, promosso dall’istituto di Storia dell’arte, all’Accademia di Napoli, nel 2019, “Bauhaus 100 visioni di futuro. Avanguardia, utopia, ricerca, dialogo e didattica”, nel cui contesto ha preparato un intervento su “Le ragazze del Bauhaus”.
È un’analisi di coloro che hanno frequentato il Bauhaus e l’approfondimento di un tema di attualità, come la disparità di genere, in campo artistico-creativo.
Annemarie Wilke con Fritz Koch davanti all’ingresso dellla fabbrica dei telefoni riconvertita, 1932-33. Foto: ©Bauhaus-Archiv Berlin.
Anty Pansera fa riferimento al libro di Giulio Carlo Argan, Walter Gropius e la Bauhaus (Einaudi, 1951); il primo che ha affrontato e proposto nel nostro Paese la storia della “filosofia” di Gropius e della Bauhaus (“Benché fosse una scuola governativa, la vera fisionomia della Bauhaus era quella di una comunità artistica organizzata”). Poi, attraverso testi e documenti, ma anche cercandole in rete, l’autrice ha compiuto un ritratto delle 494 donne (475 studentesse, 11 docenti, 6 donne intorno a Gropius, 1 manager, 1 fotografa), che lì operarono; “ragazze”, “figure minori”, nell’ombra anche di un marito o di un collega più famoso, la cui opera è andata dimenticata nel tempo.
Di alcune riporta solo scarne note informative; per altre, riflessioni sui linguaggi adottati nei lavori; registrandone ove esistenti monografie, bibliografia, che ne documentano l’affermazione, la presenza in mostre.
Sulla terrazza davanti alla mensa, con gli sgabelli di Marcel Breuer, 1929, ca. Foto: ©Bauhaus-Archiv Berlin.
Il volume è costituito da numerose parti, precedute dal saggio della psicologa Daria Grimaldi, che affronta il tema della creatività sociale e della questione di genere. Descrive il carattere della scuola, il “Manifesto”, le condizioni di vita in essa; la formazione preventiva delle allieve, l’insegnamento delle varie discipline, l’antifemminismo vigente e il suo superamento; le sedi di Weimar e quella più nuova di Dessau.
Nel testo che descrive, delle singole persone, opere, modi e sviluppi delle attività svolte nelle officine laboratorio (tessitura, ceramica, metalli, pittura su vetro e pittura murale, falegnameria, legatoria, tipografia, grafica, architettura), le “ragazze” sono citate in grassetto, con nome conosciuto, cognome da nubile seguito da quello da coniugata. Le note rimandano alle voci bibliografiche reperibili nella Bibliografia e Sitografia in calce al volume.
A corredo iconografico, sono state scelte volutamente le immagini meno note, tratte dagli Archivi del Bauhaus.
Marianne Brandt, portacenere, 1926. Foto: ©Bauhaus-Archiv Berlin.
Marianne Brandt, portauovo, 1926. Foto: ©Bauhaus-Archiv Berlin.
Ne esce il racconto di tante storie diverse, di ambizioni, di sperimentazioni e coraggiosi tentativi di emancipazione.
Fra tante è stata ritrovata un’italiana, Maria Grazia Rizzo; si legge di Lisbeth Oestreicher, che deportata in campo di concentramento salvò la propria vita tessendo capi di maglieria per l’amante del comandante del campo; di Edith Suschitzky, fotografa a Dessau nel 1929-30, comunista austriaca divenuta agente segreto dell’Unione Sovietica.
In fondo, gli apparati riportano una schedatura che elenca tutte le protagoniste di questa vicenda, con nomi, cognomi, soprannomi, anno di nascita, di morte e di permanenza al Bauhaus.
Wassily e Nina Kandinskij con Georg ed El Muche nel giardino di una delle Case dei Maestri a Dessau, 1926-27. Foto: ©Bauhaus-Archiv Berlin.