Come abbiamo già preannunciato nell’articolo pubblicato di recente (qui) dedicato all’attività espositiva di MAXXI, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, tra i numerosi eventi in programma per il 2022 (e oltre) è prevista anche una mostra-installazione dedicata all’opera dell’architetto svizzero Mario Botta (Mendrisio, 1943).
Inaugurato l’8 aprile, l’evento espositivo intitolato Mario Botta. Sacro e profano, curato da Margherita Guccione e Pippo Ciorra, fa parte della 7a edizione del ciclo Nature, in cui il MAXXI invita un’architetta o un architetto di chiara fama internazionale a progettare un’installazione site specific, il riassunto pubblico “tridimensionale” del proprio operato e ricerca nel campo di architettura.
Mario Botta, Bechtler Art Museum, Charlotte, Carolina del Nord, USA, 2000/2005-09. Foto: ©Enrico Cano.
Per l’occasione, Botta ha individuato come concetto guida della mostra, e anche della sua opera architettonica, il tema del Sacro e del Profano, palesato dalle differenti funzioni degli edifici selezionati per la rassegna romana, suddivisi tra luoghi di culto religiosi e spazi dedicati alle istituzioni civili. Inoltre, per il progettista svizzero “l’accostamento di sacro e profano ha però un valore più ampio e rappresenta il punto di partenza ideale per una riflessione profonda intorno a quel senso di sacralità che è insito nell’architettura stessa e in alcuni dei suoi elementi chiave: luce e ombra, gravità e leggerezza, trasparenza e materia, percorsi e soglie”.
Mario Botta, Chiesa di San Giovanni Battista, Mogno, Valle Maggia, Svizzera, 1986-96. Foto: ©Pino Musi.
L’installazione realizzata presso la Galleria Gian Ferrari si pone l’obbiettivo di creare un’atmosfera molto coinvolgente, che riassuma perfettamente ai visitatori le forme, la materia e l’essenza del “universo bottiano”, attraverso l’ausilio di numerosi oggetti-architetture riprodotti a scale diverse: modelli di edifici, tra cui l’abside della chiesa di Mogno (in scala 1:2), prototipi di vasi, il grande padiglione ligneo realizzato artigianalmente in dimensioni reali, utilizzando alcuni profumati legni pregiati. Fanno parte attiva dell’installazione anche una serie di schizzi originali e fotografie, Anatolia, il grande tappeto-arazzo creato da Atelier Moret su progetto di Cleto Munari e un film documentario, opera di Francesca Molteni.
Mario Botta, Sinagoga Cymbalista e Centro dell’Eredità ebraica, Tel Aviv, Israele, 1996-98. Foto: ©Pino Musi.
Rappresentano il tema del Sacro una serie di edifici di culto realizzati da Botta in tutto il mondo, dalla prima Chiesa di San Giovanni Battista a Mogno, in Svizzera (iniziata nel 1986) fino alla Chiesa di San Rocco a Sambuceto in Abruzzo, ultimata nel 2022. “In mezzo” vi troviamo: la Cattedrale della Resurrezione a Évry (Francia), con il suo iconico corpo cilindrico tagliato in diagonale; la Cappella di Santa Maria degli Angeli sul Monte Tamaro (Svizzera); la Sinagoga Cymbalista e l’annesso Centro dell’eredità ebraica di Tel Aviv, due spazi dai volumi identici, ma che si differenziano per l’uso della luce; la struttura lignea del San Carlino sul Lungolago di Lugano, costruita per commemorare i 400 anni dalla nascita di Borromini; la Chiesa del Santo Volto di Torino.
Mario Botta, chiesa greco ortodossa della Divina Provvidenza, Ucraina, in costruzione, ottobre 2020. Courtesy of Mario Botta.
Il tema del Profano viene illustrato attraverso quattro opere costruite: due edifici museali, il MART di Rovereto e il Museo Bechtler di Charlotte, in Carolina del Nord (Stati Uniti), progettati come “cattedrali laiche”, luoghi in cui comunicare e diffondere la cultura e la memoria; il ristorante Fiore di Pietra sul Monte Generoso (qui la recensione del libro dedicato al progetto), in Svizzera, dall’inconfondibile struttura a pianta ottagonale; il nuovo Centro termale Fortyseven° di Baden, in Svizzera, in cui le vasche termali si protendono verso il fiume Limmat.
Vista della mostra. Foto: ©Enrico Cano.
Accompagna l’installazione il settimo volume della collana Nature, che, attraverso i testi (di Botta stesso, Pippo Ciorra, Margherita Guccione, Fulvio Irace, Claudio Strinati) e un ricco apparato iconografico, antologico e bibliografico, racconta il pensiero e il percorso professionale dell’architetto svizzero.
Vista della mostra. Foto: ©Enrico Cano.