Amo le curve, le sinuosità, il mondo è rotondo, il mondo è un seno
Niki de Saint Phalle

“Donna e artista”, così si definiva Niki de Saint Phalle, pittrice, scultrice, autrice di film sperimentali e performer franco-americana celebrata al Mudec (fino al 16 febbraio 2025) nella mostra Niki de Saint Phalle. L’esposizione è prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e promossa dal Comune di Milano-Cultura, e vede come Institutional Partner Fondazione Deloitte, grazie alla collaborazione con la Niki Charitable Art Foundation.
Al Mudec sono esposte 110 opere dell’artista, di cui una decina di grandi dimensioni, oltre a una selezione di opere su carta, video e vestiti della Maison Dior, che raccontano al pubblico la visione molto “pop” dell’arte di Niki de Saint Phalle, intesa anche come percorso verso l’affermazione del femminile.

Niki de Saint Phalle nel suo studio, 1962. Foto: ©Giancarlo Botti / Gamma-Rapho via Getty Images.

Protagonista della scena artistica d’avanguardia degli anni Sessanta e Settanta in Europa e negli Stati Uniti, la mostra è a cura di Lucia Pesapane, responsabile di altre numerose mostre, allestimenti e retrospettive su Niki de Saint Phalle in tutto il mondo. Il percorso espositivo racconta in otto sezioni la carriera dell’artista, dagli esordi fino agli ultimi lavori, ripercorrendo attraverso il mondo colorato, polimorfo, tondeggiante e materno, una vita personale molto meno gioiosa.
La prima sezione della mostra, Fuoco a volontà, accompagna il visitatore verso la conoscenza dei Tirs (Spari) dell’artista: servendosi di una carabina Niki de Saint Phalle sparava sulle opere facendo esplodere sacchetti di pittura sulla tela, liberando le proprie emozioni. Gli Spari si collocano a metà tra performance, arte corporale, scultura e pittura; si pongono come critica alla violenza che caratterizzava la società occidentale, ma anche come gesto di un manifesto femminista ante-litteram attraverso cui esprimere i sentimenti di rabbia e di frustrazione nei confronti di un sistema che esclude le donne dal potere, nei confronti della famiglia, contro la violenza subita, contro la rigida educazione ricevuta e contro le difficoltà di emancipazione per una giovane donna e artista negli anni Sessanta.

Niki de Saint Phalle. Cathédrale (“Tir à la carabine”), 1962. Collezione privata, ©2024 Niki Charitable Art Foundation.

La seconda sezione, Prostitute, streghe, spose, madri, dee: verso una nuova società matriarcale, espone tante categorie quante sono per Niki de Saint Phalle le gabbie costruite da una società patriarcale nel corso dei secoli; le opere presentate costituiscono infatti la denuncia dell’artista verso la situazione della donna agli inizi degli anni Sessanta, obbligata a ricoprire i ruoli tradizionali di moglie e madre all’interno dello spazio domestico.
Nella terza sezione, Nana Power e Black Power, il visitatore può conoscere le Nanas, concepite come grandi madri arcaiche dal corpo abbondante simbolo di prosperità della società matriarcale, che celebrano quel diritto all’uguaglianza di genere faticosamente cercato con anni di battaglie. Felici e robuste, queste si fanno sempre più grandi e aprono anche il loro corpo per diventare Nana-case in cui vivere, sognare o ritrovarsi.
Tra le numerose Nanas, un’importante serie iniziale è composta da Nanas nere, che diventano il modo dell’artista di difendere la diversità, dando voce ai più svantaggiati e trascurati dalla società.

Niki de Saint Phalle, Le Trois Graces, 1995-2002. ©2024 Niki Charitable Art Foundation. foto: Katrin Baumann.

L’Italia è protagonista della quarta sezione, Sognare in grande: Il Giardino dei Tarocchi e le opere monumentali, con il Giardino dei Tarocchi realizzato a Capalbio. Il giardino rappresenta le 22 carte degli arcani maggiori del tarocco attraverso 22 sculture colorate, alcune delle quali monumentali e attraversabili, coperte di mosaici e di ceramiche variopinte. Nel parco, ogni scultura è un’interpretazione di una carta del tarocco, diventando così un luogo magico e surreale, in cui il visitatore entra letteralmente in un mondo fatto di draghi, principesse, oracoli, profeti, aggirandosi come in un labirinto, ritrovando alla fine la via d’uscita, e forse anche sé stesso.
La quinta sezione, Impegno, giustizia, cura, presenta le opere realizzate dall’artista negli anni Settanta, con la denuncia senza filtri dei “ruoli femminili” con la serie delle Madri divoratrici, e degli anni Ottanta e Novanta, con la difesa pubblica dei malati di AIDS. In questa sezione trovano spazio due Obelischi, sculture di grandi preservativi colorati che richiamano i lingam indiani (pietre simbolo di fecondità) e che invitano a proteggersi continuando ad amarsi.

Niki de Saint Phalle. The Tarot Garden, 1991. Il Giardino dei Tarocchi, ©2024 Niki Charitable Art Foundation. Foto: Ed Kessler.

La sesta sezione, Daddy & Mon Secret, porta lo spettatore a conoscenza della pellicola Daddy, piena di rabbia, vendetta e sofferenza in cui l’artista rivela la violenza subita dal padre all’età di dodici anni, uccidendolo simbolicamente con 17 colpi di fucile. Il contrappunto è invece il libro Mon Secret, questa volta intriso di perdono, scritto vent’anni dopo. Nel tempo, la confessione di Niki de Saint Phalle ha spinto la critica e il pubblico a leggere il suo lavoro in un’ottica troppo biografica esasperando alcuni aspetti di vissuto personale a discapito del messaggio artistico, mentre di contro il libro ha avuto il merito di schierarsi con i più deboli e di mostrare l’indifferenza in cui spesso quest’ultimi vengono lasciati.
Il fascino verso le differenti culture è espresso nella settima sezione, Oggetti d’incontro, l’invito al dialogo, in cui i miti del mondo mediterraneo (l’Egitto, il Marocco, l’Italia e la Spagna) si intrecciano a simboli indiani o meso-americani, scoperti durante gli anni vissuti a San Diego.
Ed è la produzione artistica realizzata in America che diventa protagonista dell’ottava e ultima sezione, La regina del deserto californiano, in cui Niki de Saint Phalle immagina un parco di sculture in onore di un’altra divinità femminile: Queen Califia’s Magical Circle. Inaugurato nel 2002, qualche mese dopo la sua morte, è un parco dedicato alla dea Califia, che la leggenda racconta essere stata la fondatrice della California. Il parco celebra la potenza di una divinità femminile dalla pelle nera, continuando la volontà di Niki de Saint Phalle di riscrivere una storia che reintegri coloro che ne sono stati esclusi; attorno alla dea Califia – posizionata al centro del parco – si snoda un muro a forma di serpente che circonda otto totem, rappresentanti gli animali simbolo della cosmogonia mesoamericana, scarsamente rappresentata nella cultura statunitense. Tre di questi totem sono in mostra nella sezione.

Niki de Saint Phalle, Lily ou Tony, 1965. Collezione privata ©2024 Niki Charitable Art Foundation. Foto: Aurélien Mole.

Niki de Saint Phalle. Nana Moyenne Danseuse / Nana Ballerina Media, piedistallo di Jean Tinguely, 1982. Collezione privata, ©2024 Niki Charitable Art Foundation. Foto: Aurélien Mole, Courtesy Galerie Mitterrand.

In occasione della mostra, 24 ORE Cultura ha pubblicato il catalogo Niki de Saint Phalle, e ha ridato vita a Il mio segreto, il libro scritto dall’artista, uscito di catalogo da tempo e quasi introvabile. I due volumi sono disponibili all’interno del bookshop della mostra, nelle librerie e online.