Il libro di Lloyd Kahn Small Homes: The Right Size (Shelter Publications, Bolinas, California, 2017) è l’ultimo di una serie di volumi del medesimo autore inaugurata dal mitico Shelter del 1973, a cui sono seguiti Shelter II, Builders of the Pacific Coast, Home Work. Hand-Built Shelter, Tiny Houses. Single Shelter, Tiny Homes on the Move, le cui radici affondano nella controcultura nordamericana degli anni ’60 e ’70.
A livello editoriale, il libro è anche collocabile in un contesto tematico esplorato, negli ultimi anni, da vari volumi incentrati sulla presentazione di progetti interessanti di case di piccolo taglio, non raramente di tendenza (Small Homes, Small Houses… − si tratta di un ambito attiguo a quello, ancora più specifico, delle Tiny Houses) e non raramente caratterizzati da un tempo di vita in stampa programmaticamente limitato.
Un terzo ambito tematico in cui il volume è contestualizzabile è quello, sviluppatosi in un periodo temporale più dilatato con cadenza più rarefatta, descritto da libri incentrati sulla presentazione di case unifamiliari prevalentemente realizzate in legno e caratterizzate da alto contenuto di artigianalità e manualità, spiccato spontaneismo ed elevato livello di sperimentazione, del tipo di Handmade Houses. A Guide to the Woodbutcher’s Art di Art Boericke e Barry Shapiro, Handmade Houses. A Century of Earth-Friendly Home Designs di Richard Olsen, Woodstock Handmade Houses di Robert Henley.
Nei due citati filoni editoriali, le fotografie occupano un ruolo centrale. E nel secondo filone in particolare giocano spesso un ruolo importante anche l’ingenuità e la schiettezza dell’occhio della macchina fotografica, che si sovrappongono all’ingenuità e alla schiettezza delle realizzazioni architettoniche.

Nei libri della serie scritta da Lloyd Kahn − volume in oggetto incluso − giocano un ruolo centrale anche i testi di presentazione delle opere architettoniche, che si distinguono per la volontà di legare la storia degli edifici alla storia dei loro autori, per la volontà di ancorare la descrizione delle scelte progettuali alla dimensione delle esigenze, dei vincoli, delle ambizioni e delle opportunità generate dalla storia degli autori e dalle condizioni poste dai contesti in cui essi operano.
Non ci si può aspettare di poter ritrovare nel volume in oggetto lo stesso livello di magia e la stessa intensità che erano state imbottigliate a pressione in Shelter; ma credo che il valore di questo testo sia, nonostante questo, elevato. Coloro che abbiano amato il volume Shelter non avranno difficoltà a rendersi conto del fatto che la densità di quella opera prima è difficilmente eguagliabile non solo nell’ambito della collana che esso apre, ma anche nell’ambito vasto della produzione internazionale di un’epoca. Il motivo dell’unicità di Shelter è che esso aveva potuto prendere forma sotto la spinta dello slancio di un’intera generazione e di un intero movimento di pensiero e approccio alla vita – uno slancio della stessa qualità febbrile percepibile nei numeri del Whole Earth Catalog e in libri seminali come il The Owner-Built House di Ken Kern. La natura di opera prima di Shelter aveva gettato le condizioni affinché l’opera potesse spaziare con naturalezza tra temi disparati; per esempio, dal tema delle abitazioni tradizionali Dogon a quello delle potenzialità del ferrocemento nell’autocostruzione contemporanea, a quello dell’uso degli oblò nelle cupole geodetiche a Drop City. A questo si aggiungeva il fatto che Shelter veniva presentato in un formato di pagina espressivamente affastellato che era fortemente legato alle possibilità espressive derivate dalla composizione dei ritagli di carta, e che oggi si sta estinguendo.
Ovviamente, né Shelter, né i volumi che lo hanno seguito sono riusciti a restituire un quadro esaustivo delle sperimentazioni in atto (questo non rientrava, del resto, nelle loro finalità); e a questo si aggiunge il fatto che negli ultimi anni sono state create molte nuove realizzazioni spontanee meritevoli di essere scovate in giro per il mondo e presentate a un pubblico preparato, ma mai ancora presentate nella pubblicistica.
Questo mi convince che Small Homes: The Right Size possa risultare di elevato interesse sia per coloro che abbiano già letto dei primi volumi della serie di Shelter, sia per coloro che non abbiano avuto occasione di farlo. Il contenuto di questo libro è organizzato − in modo dichiaratamente arbitrario e lasso − in sezioni tematiche del tipo “artistic houses”, “timber frame”, “wooden structures”, “natural materials”, “recycled materials”, “off-the-grid”; ma i contenuti che riempiono queste sezioni sono, nel profondo, poco riducibili a categorizzazioni. Credo che, nel caso specifico, questo debba essere inteso come un chiaro segno di qualità, nel puro stile dell’autore.