Pasolini in Teorema, realizzato nel 1968, a differenza di altre sue regie adotta una struttura compositiva che egli stesso definisce perfetta. Sia l’intero film che le singole parti e le inquadrature sono attentamente studiate e composte.
In Teorema architetture e luoghi sono spazi prediletti – nel bene e nel male – dal regista; inoltre i medesimi spazi sono direttamente connessi alle caratteristiche espressive e tematiche del film e dei personaggi e sono stati scelti sulla base di motivazioni che, in alcuni casi, di primo acchito appaiono casuali; un’analisi maggiormente accurata porta alla luce una sorta di trama territoriale nascosta, o meno evidente, che corre parallela allo svolgersi del racconto.
La ricerca dei luoghi e delle architetture utilizzate da Pasolini nel film – molte delle quali mai individuate – è stata condotta, a eccezione delle indicazioni contenute nella scheda tecnica del film stesso (scarse e non sempre esatte: Pasolini stesso affermava di essere stato vago nell’indicare i luoghi), sul filo della memoria e di ricordi quasi subliminali oltre che sulla base di ipotesi dedotte dalla logica insita nel film stesso.
Luoghi e architetture che ricordavo di aver visto, dal vero o riprodotte in immagine, ma senza certezza del ricordo stesso o della loro ubicazione; immagini sfocate che in alcuni esempi ho dovuto far riemergere dal profondo della memoria in una sorta di viaggio nel tempo e nello spazio: inizialmente virtuale (pubblicazioni, internet e soprattutto un lungo peregrinare virtuale utilizzando le immagini satellitari: quest’ultima ricerca è stata effettuata non casualmente ma accogliendo e interpretando attentamente i suggerimenti contenuti nel film stesso); in seguito reale al fine di verificare l’autenticità dei ricordi, di alcune deduzioni e le mutazioni determinate dal tempo trascorso.
Ulteriori luoghi sono stati individuati immaginando ipotesi apparentemente azzardate ma in seguito rivelatesi esatte.
Molti luoghi e architetture non sono più esistenti o sono stati in parte trasformati.
A questo proposito il riconoscimento dei luoghi e delle architetture è stato particolarmente difficoltoso in ragione della smisurata espansione e stratificazione incontrollata di alcune aree periferiche urbane che hanno invaso il campo visivo della macchina da presa – impedendo ad esempio la lettura lineare degli originari piani-sequenza – o hanno eliminato parte dei borghi a margine delle città e dei paesi, soprattutto nei luoghi già interessati da cantieri e demolizioni all’epoca del film.
Luoghi e architetture costituiscono una serie di itinerari che conduce dai dintorni di Pavia a Sant’Angelo Lodigiano, a Milano e viceversa.
Pasolini definisce ogni luogo tracciando con la macchina da presa il simbolo religioso della croce – cardo e decumano –; anche i percorsi lungo i quali è ubicata la maggior parte dei luoghi e delle architetture incontrate dai personaggi durante i loro tormentati percorsi, sono costituiti da tre assi: due quasi paralleli con orientamento nord-sud e il terzo perpendicolare con orientamento est-ovest.
Il primo inizia a Milano e termina a Sant’Angelo, lungo la via Emilia, guarda caso nome della protagonista; il secondo – il percorso di Emilia in autocorriera – unisce la stazione delle autocorriere in viale Bligny, a nord del Vigentino milanese, a Villanterio; infine, il terzo inizia a Sant’Angelo Lodigiano e si conclude a Bereguardo.
L’apparizione di ogni personaggio è introdotta dalle citate inquietanti inquadrature di edifici o luoghi, prive di sonoro e di persone; la macchina da presa è immobile e inquadra il prospetto principale dell’edificio simmetricamente rispetto all’asse longitudinale principale; frequentemente sono mostrati anche il controcampo e le viste perpendicolari all’asse principale.
In seguito la macchina da presa inizia a muoversi, appaiono le persone e il racconto prosegue.
Le architetture, come altri hanno già scritto, preludono o corrispondono alle caratteristiche psicologiche del personaggio.