Giambattista Piranesi. Architetto senza tempo è il titolo della mostra, per commemorare i 300 anni della nascita di Giambattista Piranesi (1720-1778), curata da Chiara Casarin e Pierluigi Panza, che è stata inaugurata il 20 giugno nelle sale restaurate di Palazzo Sturm, nel centro storico di Bassano del Grappa provincia di Vicenza, e visitabile fino al 19 ottobre 2020. Nella mostra vengono esposte per la prima volta tutte le incisioni dell’architetto veneto, conservate negli archivi storici del comune di Bassano: 15 incisioni delle Vedute di Roma e 11 tomi delle Antichità Romane, insieme alle 16 tavole delle Carceri d’invenzione, prese in prestito dalla Fondazione Cini di Venezia.

Giambattista Piranesi, Piramide di C. Cestio, 385 x 535 mm, JWE n.190, Vedute di Roma, Roma [1748-1778], Roma [1748-1778]. Bassano del Grappa, Museo Civico, Gabinetto disegni e stampe, Inc. bass. 3542.

In mostra anche i video: The Lumière Mystérieuse, scritto e diretto da Massimo Becattini, insieme a Giovan Battista Piranesi 1720-1778, realizzato in occasione della mostra del 1978 dedicata all’artista dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia; ed infine Piranesi Carceri d’invenzione, video realizzato da Grégoire Dupond per Factum Arte in occasione della mostra del 2010 organizzata dalla Fondazione Cini.
A creare un dialogo con la nostra contemporaneità si può ammirare l’opera Icons Unplugged. Veduta del Castello dell’Acqua Felice realizzata dall’artista milanese Luca Pignatelli, appositamente per la mostra.
Giambattista Piranesi è uno degli architetti più interessanti, innovativi del Settecento. Nato nel 1720 a Mogliano Veneto, o più probabilmente a Venezia, secondo recenti ricerche pubblicate nel catalogo della mostra, è morto a Roma nel 1778. Fin dalla tenera età si appassiona allo studio dell’architettura e all’età di vent’anni si trasferisce nella città capitolina dove inizia la sua attività incisoria che lo renderà uno degli artisti e architetti più importanti della storia dell’architettura. La sua opera grafica ha ispirato non solo architetti, ma anche artisti, poeti, registi, sia del passato che della nostra contemporaneità come Peter Eisenman, Franco Purini, Yona Friedman, Marguerite Yourcenar, William Beckford, Orson Wells e tanti altri.

Giambattista Piranesi, Veduta interna del Pantheon, 455 x 555 mm, JWE n.219, Vedute di Roma, Roma [1748-1778], Roma [1748-1778]. Bassano del Grappa, Museo Civico, Gabinetto disegni e stampe, Inc. bass. 3544.

Per l’occasione ho incontrato Chiara Casarin, per discutere insieme a lei della mostra e dell’opera del Piranesi.
ELG: Devo dire che mi ha sorpreso molto scoprire l’immenso corpus nascosto che gli Archivi di Bassano del Grappa custodiscono su Giambattista Piranesi. Ci può spiegare il rapporto tra Bassano e Piranesi?
CC: Per rispondere a questa domanda parto da un assunto fondamentale tra quelli che compongono la mia personale visione di una direzione museale o di una curatela espositiva: ogni volta che si crea un progetto è necessario che questo abbia una vera ragione di esistere. Un oggetto di design, un’opera d’arte, una mostra devono manifestare sin da subito il motivo che ha dato loro vita. Nel caso della mostra di Piranesi a Bassano, il motivo non è stata la celebrazione dei 300 anni dalla nascita che, piuttosto, potrebbe essere stata l’occasione per decidere di allestirla nel 2020; così come non è stato il semplice desiderio di realizzare una mostra “attrattiva” post lockdown per riportare l’attenzione sul patrimonio culturale locale. Il fatto che Piranesi avesse un legame diretto con la città di Bassano e che questa conservi ancor oggi nelle sue collezioni permanenti ben 548 tavole dell’“architetto veneto” sono state il vero punto di partenza per la progettazione di questo importante momento espositivo. Connettere il territorio alle sue ricchezze interne deve essere uno degli obiettivi primari per chi produce cultura. Alla morte di Giambattista Piranesi, nel 1778, due dei suoi cinque figli, Pietro e Francesco, decisero di proseguire nella gestione dell’attività del padre prima a Roma e poi a Parigi. Parte dei materiali da loro utilizzati per la realizzazione delle stampe dalle matrici di Giambattista, ma anche di mano di Francesco, venivano richiesti dai più importanti fornitori dell’epoca e a Bassano del Grappa era fiorente ancora in quegli anni l’azienda Remondini: grandi produttori di carta, editori, stampatori e collezionisti riconosciuti in tutto il mondo. Francesco, in particolare, intrattenne con il Conte Giuseppe Remondini una lunga corrispondenza di tipo commerciale per l’acquisto di quell’ottima carta che l’azienda bassanese produceva. Queste lettere sono esposte nell’ultima sala espositiva ed esprimono chiaramente il legame della città con il protagonista della mostra. Un altro elemento di non secondaria importanza è la provenienza dei volumi all’interno dei quali sono rilegate tutte le stampe di Giambattista Piranesi. I volumi facevano parte della biblioteca personale di Antonio Canova e, alla sua morte, il fratello acquisito Monsignor Giambattista Sartori Canova dispose la suddivisione del patrimonio dello scultore tra le città di Bassano e Possagno. A Bassano, tra le altre molte opere dello scultore, toccarono i volumi Piranesi che ora sono custoditi negli archivi della Biblioteca Civica. Le incisioni sciolte, invece, sono parte della collezione del Museo Civico. Il catalogo della mostra contiene approfonditi testi che illustrano questi rapporti e che approfondiscono, dunque, le ragioni di questa mostra. La mostra è stata curata con me da Pierluigi Panza e i saggi in catalogo (Silvana Editore, 2020) sono di Luca Massimo Barbero, Manlio Brusatin, Enzo Di Martino e Stefano Pagliantini.

Giambattista Piranesi, Veduta interna del Sepolcro di Santa Costanza, 395 x 545 mm, JWE n.158, Vedute di Roma, Roma [1748-1778], Roma [1748-1778]. Bassano del Grappa, Museo Civico, Gabinetto disegni e stampe, Inc. bass. 3546.

Uno degli aspetti che mi affascina di più del linguaggio grafico di Piranesi è il suo ricorrere spesso all’uso dell’elenco come accenno di un universo molteplice, lasciando al suo interlocutore il compito di completare l’opera, in una costruzione paratattica dove le forme descritte non ci appaiono più come oggetti, ma come frammenti dialogici di un passato meraviglioso sepolto dal tempo. Una lista poetica di frammenti, di luoghi, di un’architettura dell’indicibile, che Piranesi affina sempre più nel descrivere una “città” in bilico tra la rovina e la maceria. L’uso dell’elenco, è uno strumento per racchiudere un kòsmos, per questo è intrinseca la sua vicinanza all’universo architettonico, e non a caso nell’elenco Bruno Zevi individua una delle sette invarianti del linguaggio moderno. Secondo lei qual è la correlazione tra il linguaggio Piranesiano e la nostra contemporaneità?
Il titolo della mostra vuole infatti alludere alla risonanza contemporanea del lavoro di Giambattista Piranesi. “Architetto senza tempo” significa infatti due cose: da un lato che, purtroppo, il nostro protagonista pur avendo avuto per tutta la vita il desiderio di praticare la professione dell’architetto (e questo è manifesto nel suo continuo firmarsi “arch.”) ebbe solo una volta l’occasione di farlo. Quando il veneziano Carlo della Torre Rezzonico sale al soglio pontificio con il nome di Papa Clemente XIII, inizia per Piranesi un periodo di grandi successi tra i quali trova spazio la commissione per la realizzazione della Chiesa e del sagrato di Santa Maria del Priorato. Questo progetto fu l’unico che Piranesi nella vita ebbe modo di portare a termine, “architetto senza tempo” dunque per il fatto che in realtà non si poté mai definire come tale se non in quei brevi tre anni di attività e “senza tempo” perché, come giustamente sottolinea lei, l’insegnamento che il mondo culturale e artistico trae dall’attività artistica di Piranesi è valido ancor oggi e in diversi linguaggi espressivi, dalla musica, al cinema, dalla letteratura alle arti visive…; la potenza della voce di Giambattista Piranesi continua a risuonare in una eco che noi abbiamo testimoniato con un magistrale lavoro di Luca Pignatelli realizzato appositamente per la mostra di Bassano.
Per quanto riguarda invece il tema degli elenchi, con Piranesi possiamo declinarlo in quello dei cataloghi. Negli anni in cui si dedicava per lo più agli scavi e al restauro dei reperti, Piranesi redigeva il catalogo dei camini, vasi e candelabri all’antica. Nella seconda sala della mostra vi si trova l’incisione del Catalogo delle sue opere in vendita, un pezzo unico conservato al Museo civico di Bassano, che è un vero e proprio elenco delle sue raccolte. Dobbiamo tuttavia considerare che le stampe venivano tirate e vendute anche sciolte e che le composizioni di questi cataloghi variavano nel tempo. Pertanto, dei suoi cataloghi di stampe esistono tante edizioni diverse, con una tavola aggiunta oppure tolta, così come esistono edizioni di più raccolte legate insieme.
Le raccolte più preziose, ancora oggi, sono le prime edizioni tirate da Giambattista e vendute dai librai Pasquini, Bouchard, Rotilj e Salomoni a Roma. Dopo la sua morte, il figlio Francesco, che divenne proprietario della Calcografia, continuò a ristampare i cataloghi del padre aggiungendo anche tavole di sua mano: queste edizioni sono un po’ meno preziose perché più una lastra viene tirata e più perde qualità. Tuttavia, solo gli studiosi sono in grado di coglierne le differenze.
I Lapides capitolini del 1761 qui esposti sono uno dei suoi maggiori lavori storico-archeologici. Presentano all’interno una stupenda tavola ripiegata che è quasi un riassunto di epigrafia romana, con aggiunta la Lupa che allatta Romolo e Remo, i fregi di templi antichi oggi custoditi ai Musei Capitolini e altro materiale archeologico che Giambattista andava scoprendo, misurando e disegnando. Anche in questo caso siamo di fronte a un catalogo, seppure esso sia per immagini e non per elenchi di titoli.

Luca Pignatelli, Veduta del Castello dell’Acqua Felice, 1710 x 2570 mm, serie Icons Unplugged, tecnica mista su masonite, 2020, da Giambattista Piranesi, Veduta del Castello dell’Acqua Felice, in G.B. Piranesi, Vedute di Roma, Roma [1748-1778].

Tra tanti artisti che lavorano costantemente sull’opera grafica del Piranesi avete scelto Luca Pignatelli (Milano, 1962), qual è il suo rapporto col maestro veneto?
Luca Pignatelli è l’artista contemporaneo che abbiamo voluto a testimoniare quanto, ancora una volta, l’insegnamento degli antichi sia vivo nella produzione artistica del presente. Icons Unplugged. Veduta del Castello dell’acqua felice è un’opera in tecnica mista su masonite con orologi realizzata dall’artista appositamente per la mostra di Bassano del Grappa e che si inserisce all’interno di una lunga serie produttiva in cui le opere dei grandi artisti della storia dell’arte rivivono in un pensiero attuale. Non si tratta di ispirazione o di citazione ma di studio e lavoro di selezione. Una traduzione che valica il tempo e le tecniche per farsi portatrice, oggi, di una serie di valori estetici che non hanno età. Pignatelli restituisce con il suo lavoro l’intenso legame che si instaura tra la pittura e la rappresentazione dell’antichità. Grandi dimensioni, bianchi e neri, figure isolate o prospettive da incisioni sono i suoi soggetti d’elezione che esprimono in ciascun lavoro la confidenza dell’artista con i linguaggi antichi quali l’incisione e la scultura. A partire da immagini fotografiche delle opere di Piranesi, l’artista vuole restituire la doppia funzione dell’immagine la quale è sia testimonianza di un tempo lontano da cui proviene, sia viva nella creatività in quanto appartiene alla formazione propria di ciascuno. L’artista oggi è chiamato a dialogare con quanto il passato ha lasciato, a rendersene consapevole e portatore di nuovi messaggi. Nella contemporaneità i produttori di immagini possono certamente raccontare i loro mondi, siano essi panorami interni o visioni del proprio tempo ma per raggiungere il lirismo necessario a creare uno stretto legame, anche emotivo, con il pubblico, gli artisti hanno a loro disposizione la possibilità di attraversare il tempo e il lavoro altrui, quello dei grandi predecessori che nella storia hanno affondato le loro radici. I grandi artisti non attendono l’“ispirazione” che nasce da zero ma si confrontano con la ricerca. Ecco dunque che il concetto di tempo non viene solo rappresentato ma è insito nella creazione stessa, nella formulazione dell’idea che porterà all’opera. La storia è protagonista dei lavori di Pignatelli e diventa di volta in volta quella che lui definisce una “rappresentazione stratificata del tempo”. Giambattista Piranesi, architetto artista, incardinava tutta la sua produzione attorno alle possibilità classificatorie, tassonomiche sia nella ricerca che nella rappresentazione di oggetti o architetture, di vedute o rovine. Per Piranesi la rappresentazione del tempo passava attraverso il disegno delle architetture classiche e delle rovine quali testimonianze di un tempo passato e immortalato nell’arte incisoria. Solo l’arte aveva la facoltà di fermare il tempo, la natura, invece, proseguiva nel suo intento “corrosivo” e al contempo poetico. Il suo lavoro, in ogni sua manifestazione, testimonia ancor oggi quanto fosse attenta e minuziosa l’osservazione degli oggetti del mondo. In Pignatelli, oggi, gli orologi raccontano questa storia, lo fanno mostrandosi in qualità di piccoli oggetti perfetti che hanno scandito il passato e determinato la vita di molti uomini. Anche il materiale di cui è composta l’opera Icons Unplugged. Veduta del Castello dell’acqua felice è stato scelto dall’artista per condurci verso questa riflessione: i pannelli di masonite sono stati recuperati dal rivestimento di un ristorante in riva al mare e l’esposizione al sole, all’aria e allo scorrere del tempo li ha corrosi, resi madreperlacei. Il tempo, su di loro, ha lasciato la sua traccia così come nelle rovine delle opere piranesiane. Ogni elemento insito in quest’opera, ci conduce verso una riflessione sullo scorrere delle stagioni dalla creazione alla “patina” e, pur essendo opere d’arte contemporanea, portano al loro interno la conoscenza, la riconoscenza e il valore dell’antichità.

Giambattista Piranesi, Carceri d’Invenzione, frontespizio, 545 x 410 mm, JWE n.26, Carceri d’invenzione, Roma 1761. Venezia Fondazione Giorgio Cini, inv. 60399.

Cosa vuol dire fare una mostra nelle attuali condizioni post-covid, vista la crisi generale che il “sistema museo” sta attraversando?
La situazione generale che stiamo affrontando ha messo tutti in seria difficoltà. Il mondo della cultura ha avuto delle pesanti ricadute al suo interno per far fronte all’emergenza sanitaria e nel complesso ancora non sono state trovate delle soluzioni. La mostra di Piranesi a Bassano avrebbe dovuto essere inaugurata i primi di aprile. Ci è bastato attendere l’autorizzazione all’apertura nei protocolli ministeriali per riannunciare le date di inaugurazione ma questa è solo una soluzione apparente.
La mostra sta funzionando molto bene e questo è sintomo di due fattori: da un lato il pubblico di ogni ordine è assetato di proposte culturali importanti e non si ferma davanti all’obbligo di una mascherina o di una prenotazione da fare. Dall’altro questo ci indica che nonostante le difficoltà il mondo della produzione culturale può essere una delle risposte per far fronte alle crisi che, per ragioni diverse, si susseguono nella storia. Se smettiamo di pensare ai musei come luoghi depositari di un sapere da conservare e li “accendiamo” come fabbriche di produzione culturale, lo scarto semantico si traduce presto in una operatività concreta che riunisce in sé attori diversi e che consente loro di operare proattivamente a favore della cultura e dell’economia culturale.

Giambattista Piranesi, Veduta della Piramide di Caio Cestio, 375 x 595 mm, JWE n.455, Le Antichità Romane (1756), II ed., Roma 1784. Bassano del Grappa, Biblioteca Civica, 323 C 5.3.

E per concludere, una mia curiosità. Nel 2019 avete ospitato una mostra sull’opera incisoria di Albrecht Dürer, quest’anno, nel 2020 la mostra sul Giambattista Piranesi, ci può svelare quale sarà la prossima mostra? C’è in progetto di trasformare Bassano del Grappa nella “capitale” dell’incisione?
I Remondini hanno lasciato alla città un vero e proprio museo. All’interno di Palazzo Sturm e nel gabinetto dei disegni e delle stampe del Museo Civico, le collezioni remondiniane possono nutrire la programmazione espositiva bassanese per i prossimi decenni. Credo fermamente che valorizzare un territorio a partire dalle sue ricchezze sia una delle migliori modalità di investimento che una pubblica amministrazione possa fare. I Musei civici sono per l’appunto di “proprietà” comunale per cui fanno parte del patrimonio dei singoli cittadini. Queste mostre consentono una valorizzazione a lungo termine delle ricchezze storico-artistiche che le mostre a noleggio o one shot di certo non attivano. Sono occasioni per studiare le tradizione e la storia di un luogo, hanno potenzialità di diventare hub per laboratori e incontri. Incentivano la consapevolezza e il senso di appartenenza di tutti. Le collezioni dei Remondini sono ricchissime e la tradizione incisoria a Bassano è fortemente radicata per cui, perché no?
Roma, luglio 2020

Giambattista Piranesi, Veduta dell’Arco di Costantino, 470 x 705mm, JWE n.230, Vedute di Roma, Roma [1748-1778], Roma [1748-1778]. Bassano del Grappa, Museo Civico, Gabinetto disegni e stampe, Inc. bass. 3547.