Il progetto ha riguardato il recupero dei Chiostri benedettini di San Pietro, uno dei più pregevoli complessi monumentali della città di Reggio Emilia. Come area militare poi dismessa, questo luogo ha rappresentato una zona inaccessibile nel cuore della città fino al momento della riscoperta per eventi temporanei come il festival Fotografia Europea. Con l’obiettivo di rafforzare questa vocazione culturale strategica, il recupero è stato finanziato con il programma regionale POR-FESR Asse 6 “Città attrattive e partecipate” per restituirlo a pieno come polo culturale-innovativo di rilievo internazionale.

Photo: ©Alessandra Chemollo.
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Il progetto ha coinvolto in un’unica operazione tre interventi strettamente correlati: il completamento del restauro conservativo del corpo monumentale rinascimentale, attribuito alla mano di Giulio Romano, per restituirlo alla pubblica fruizione come principale contenitore culturale della città; la rigenerazione urbana attraverso le demolizione dei retrostanti corpi minori e la ricostruzione sul sedime del nuovo fabbricato dei Laboratori Aperti Urbani, in stretta relazione gestionale con il complesso monumentale e in continuità funzionale con l’adiacente fabbricato dell’antica Scuderia, anch’essa restaurata come parte integrante dei Laboratori; la riqualificazione degli spazi cortilivi che insistono tra i fabbricati, riscoprendone il ruolo di attraversamento urbano, di spazio di relazione, di luogo nuovamente restituito alla città.

Photo: ©Alessandra Chemollo.
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Il recupero del corpo monumentale è stato condotto attraverso un attento restauro conservativo e l’adeguamento della dotazione funzionale per una fruizione culturale di eccellenza, mantenendo in parte il carattere di non finito che i secoli hanno restituito, condizione che il progetto ha fatto propria. Ne è una chiara espressione l’affiorare della parte basamentale alla quota ribassata del Chiostro grande, spazio che il progetto enfatizza in funzione di luogo privilegiato per eventi.

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I Laboratori Aperti Urbani rappresentano la “macchina” gestionale del complesso, aspetto enfatizzato dalla forma architettonica e dall’emergere nella copertura inclinata dei volumi tecnici a servizio anche del corpo monumentale. Il nuovo edificio, a un solo piano con ballatoio, definisce il completamento e la chiusura a nord del complesso, ed è improntato alla massima flessibilità interna anche in relazione agli spazi esterni e ai cortiletti che favoriscono la ventilazione naturale passante. La facciata sud favorisce il massimo apporto dell’illuminazione naturale controllata attraverso un sistema in policarbonato e listelli di legno, da cui emergono le testate dei setti in calcestruzzo per denunciare la scansione degli spazi interni. Tutte le strutture murarie sono in calcestruzzo bianco dilavato e lasciato a vista.

Pianta del piano terra.
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Il recupero della Scuderia ha riscoperto l’antica tessitura muraria con una velatura a calce in un dialogo materico con l’adiacente calcestruzzo dilavato, ricercando un’equilibrata relazione tra antico e contemporaneo.

Photo: ©Alessandra Chemollo.
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Il progetto si completa con il recupero delle aree cortilive come nuovi spazi pubblici, attraverso la piantumazione di platani adulti e la realizzazione di un sistema di illuminazione che definisce gli ambiti recuperati, mentre la nuova pavimentazione in calcestre rimarca la continuità del suolo permeabile da cui emergono gli edifici, con il culmine nel Chiostro grande, senza vincolarne l’uso per ogni tipo di eventi. La rampa di risalita all’ingresso al corpo monumentale funge anche da grande seduta.

Photo: ©Kai-Uwe Schulte Bunert.
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L’intervento ha coinvolto il restauro delle facciate della Caserma Taddei che affacciano sul complesso monumentale e i muri che anticamente definivano gli orti del monastero, trattati con una velatura a calce e piante rampicanti.

Photo: ©Kai-Uwe Schulte Bunert.
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L’intervento, condotto sotto la supervisione della Soprintendenza, è stato orientato alla ricerca di un rapporto equilibrato tra antico e contemporaneo, tra il riscoprire spazi stimolando nuove relazioni e l’insediarvi nuovi usi compatibili con il bene vincolato, con attenzione al ruolo anche sociale della rigenerazione urbana.