Preesistenze e persistenze
Il tempo scorre, tutto cambia. Cambia l’aspetto dei luoghi e anche la destinazione.
Un ampio edificio a corte, in origine proprietà di un facoltoso possidente terriero del paese di Simala (Or) che prospetta sulla via principale, la Via Roma, e dispone di una ampia disponibilità di spazi e fabbricati necessari all’attività agricola.
Una casa, il focolare che ha custodito tra le sue mura l’intimità domestica, in ottemperanza dei principi basilari dell’architettura tradizionale sarda protettrice e introversa, magicamente si trasforma nel suo opposto: una piazza interna, un’area espositiva.
Un’area privilegiata, favorita dalla posizione centrale, all’interno di un centro storico di pregio. Racchiusa da alti muri e dedicata alla divulgazione e alla valorizzazione dei prodotti locali.

Foto: ©Cédric Dasesson.

A questo punto le scelte dell’architetto, in sintonia con le indicazioni della Soprintendenza e del servizio regionale di tutela del paesaggio, di preservare le murature storiche e realizzare la pavimentazione della corte garantendone la permeabilità, procedono sulla stessa lunghezza d’onda, la stessa direzione. Una direzione che ha colto e fatto propria la lezione dei grandi cui è toccato l’onore di confrontarsi con le preesistenze, ispirandosi ai disegni di Piranesi e al cretto di Burri.
Si è partiti da un quadro piuttosto sconsolante, un dedalo intricato di vegetazione che non consentiva nemmeno di intuire il costruito. Dopo la pulizia, profonda e catartica, è emersa l’idea progettuale. Puntare sui ruderi, sulla loro forza evocativa. La suggestione delle rovine che portano con loro ciò che sono state e la forza inespressa e dirompente di quello che saranno.
Di dare risalto e nobiltà a queste mura, a quello che è rimasto della quotidianità della vita di un edificio residenziale alla stessa stregua dei ruderi dei castelli giudicali per creare una memoria del lavoro e delle vite umili e comuni che ha ospitato e protetto.

Foto: ©Cédric Dasesson.

Si è deciso di creare uno scenario, fare in modo che il muro diventi quinta, che quello che resta della casa palcoscenico. Una piazza, un luogo pubblico che si insinua all’interno di un luogo che era privato, di ciò che era sottratto alla vista e alla curiosità esterna. In questo modo grazie all’essenzialità, alla sottrazione e alla conservazione di ciò che ha resistito allo scorrere del tempo, si è esaltato l’aspetto iconico della muratura e l’allestimento minimale propedeutico alla corretta valorizzazione di ciò che sarà esposto.
Una traslazione semantica della linearità delle esistenze, del lavoro contadino, della continuità con la quale la terra continua ad offrire i suoi frutti. La dimensione spaziale, spesso fondamentale nel procedimento interpretativo della traccia come evento significante, assume un’importanza centrale se si considera la natura indessicale di quest’ultima, la sua relazione materiale con lo spazio che indica e semantizza, riattivando le memorie latenti che lo spazio conservava.

Foto: ©Cédric Dasesson.

Definito l’obbiettivo prioritario: la creazione di uno scenario essenziale ed evocativo, il focus si è spostato sulle tecniche atte ad ottenerlo. La poetica di Burri nel suo intervento a Gibellina è stata il faro verso il quale convergere nel trattamento degli elementi fondamentali che costituiscono lo spazio: il cortile e i muri. Il piano orizzontale e quello verticale.
I cortili (elementi orizzontali) sono stati trattati mantenendo la modalità utilizzata nei vecchi spazi aperti riproponendo la tipica pavimentazione a impedrau, mentre all’interno dei vecchi vani residenziali è stata proposta una pavimentazione lapidea permeabile.
Durante le operazioni di pulizia e rimozione delle macerie, all’interno dell’edificio è emersa una porzione di vecchia pavimentazione in tellas di pietra che è stata riproposta con il riutilizzo dei vecchi elementi lapidei. Nel rispetto della condizione di permeabilità tutte le pavimentazioni sono attraversabili delle acque piovane.
Quelle delle “stanze interne” sono realizzate con lastre di basalto posato a fughe larghe su un letto di risone che permette all’acqua passante di essere captata da una rete di tubi dreno sottostanti. Un piano destinato a diventare il palcoscenico della nuova piazza urbana, dello spazio espositivo che ospiterà le manifestazioni legati ai prodotti locali e al turismo lento che sempre più stanno consolidando il ruolo del paese con interessati ricadute sull’economia simalese.

Pianta.

Un palcoscenico coronato dall’elemento che maggiormente caratterizza il progetto innestando quella componente poetica che si rifà all’opera di Land Art di Burri: le rovine murarie. Le mura sono state ripulite, messe in sicurezza, intonacate e tinteggiate con materiali ecologici a base di calce.
Il risultato è un velo di protezione posto sui fragili elementi verticali.
Innanzitutto sottolinea e preserva l’assenza, operando per sottrazione enfatizza quei resti murari, la loro semplicità come manifesto della vita che hanno custodito, di quella cultura contadina ormai irrimediabilmente persa. Un’operazione di astrazione in grado di ricreare una memoria i cui caratteri universali formano l’archetipo dello spazio quinta, del luogo della rappresentazione e dell’esposizione.
Un intervento minimo che ha cercato, partendo da una impostazione ispirata all’arte e alla poesia, di riportare in uno spazio pubblico la memoria del lavoro dei campi consentendone la trasformazione in uno spazio per l’esposizione degli stessi prodotti in un contesto minimale ma accogliente.

Foto: ©Cédric Dasesson.

Restoration of the Mascia house ruin, Simala, Sardinia, Italy

Pre-existence and persistence
Time flows, everything changes. The appearance of places and even their intended use change.
A huge courtyard building, originally owned by a rich landowner of the village of Simala (Oristano), looks out onto the main street, Via Roma, with many spaces and buildings needed for the farming activity.
A house, the hearth that has kept domestic intimacy within its walls, in compliance with the basic principles of traditional Sardinian architecture, so protective and introvert, magically transforms itself into its opposite: an internal square, an exhibition area.
A privileged area, helped by the central position within a valuable historical centre, enclosed by high walls and devoted to expose and give value to local products.

Foto: ©Cédric Dasesson.

At this point the choices of the architect, in line with the superintendence authority and the regional service of landscape protection, proceed towards the same direction: preserve the historical walls and build the courtyard flooring guaranteeing its permeability.
This direction has taken and embodied the lesson of the great minds who had the honour to confront themselves with pre-existence, taking inspiration from the draws of Piranesi and the crack of Burri.
The starting situation was quite discouraging: an intricate maze of vegetation that made impossible even noticing the built areas. After the cleaning up, deep and cathartic, the project idea emerged.
The aim has been to head towards the evocative power of the ruins. The suggestion they keep tells what they have been and predict the unexpressed and exploding power of what they are going to be.
In addition, the purpose is to give nobility to these walls and make them stand out, together with what remained of the everyday life of a residential building. Thus, as with the ruins of medieval Sardinian castles, the intent is to create a memory of the work and of the simple and common lives that those walls hosted and protected.

Foto: ©Cédric Dasesson.

Creating a scenario, making the wall become a backstage, and a stage of what remains of the house. A square, a public place that enters a private place, where life was hidden from outside curiosity.
Thus, thanks to the simplicity, stealing from the passing time and keeping what remained, the iconic aspect of the walls and the minimal setting up has been enhanced, in preparation to the correct valorisation of what will be exhibited.
A semantic translation of the linearity of existences, of the agricultural work, of the continuity with which the earth continues to offer its fruits.
The spacial dimension, often fundamental in the interpretative process of the trace as a significant event, takes on a central importance if we consider the indexical nature of it, its material relation with the space that indicates, and which gives meaning to, reactivating the latent memories that the space preserved.

Foto: ©Cédric Dasesson.

The priority objective becomes the creation of an essential and evocative scenario and the focus moves to the techniques needed to get it.
Burri’s poetics in his work in Gibellina has been the guiding light towards which converge on the processing of the fundamental elements which constitute the space: the courtyard and the walls. The horizontal and vertical planes.
The work on the courtyards (horizontal elements) has kept the modalities used on the old open spaces with the typical impedrau (stones) flooring, and a stone permeable floor has been set inside the old residential rooms.
During the cleaning operations and removal of the ruins, a portion of an old flooring made of tellas (stone slabs) has emerged inside the building. It has been renovated with the use of the old stones. Respecting permeability, rain water can pass through all the floorings.
The flooring of the rooms inside is made up of basalt slabs placed with large grout lines on a grit sand bed which allows passing water to be received by a net of drain tubes. A plain which is intended to become the stage of the new urban square, an exhibition space that will host events for typical products and slow tourism, two activities that are more and more strengthening the role of the village, with interesting positive consequences on its economy.

Foto: ©Cédric Dasesson.

This stage will be surrounded by the element that mainly characterizes the project, introducing a poetic element inspired by the Land Art work of Burri: wall ruins.
Walls have been cleaned, secured, plastered and painted with ecological materials made from lime.
The final result is a protection veil put on the fragile vertical elements.
First of all it underlines and preserves the absence; depriving, it emphasizes the wall ruins, their simplicity as a manifesto of the life that they have guarded, of the farming culture now irremediably lost.
This abstraction work can recreate a memory whose universal characters form the archetype of the backstage space, of the place of representation and exposition.
A minimal work that has tried, starting from a setting inspired by art and poetry, to bring back in a public space the memory of the agricultural work allowing its transformation into an exposition space for the same products in a minimal but welcoming context.

Foto: ©Cédric Dasesson.